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Il castello: l'incastellamento del Sud Italia.
Le stratificazioni dell'incastellamento |
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Nell'Italia meridionale lo stratificarsi nel tempo di varie dominazioni ha inevitabilmente contrassegnato anche gli edifici fortificati, costruiti e ricostruiti secondo le esigenze dei conquistatori e del momento. Il Sud dell'Italia è uscito nel Basso Medioevo contrassegnato da un insieme di dominazioni: Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi si susseguiranno lasciando le tracce del loro potere in castelli fatti o rifatti, sulla base dei conquistatori e del momento. Una simile stratificazione ha affiancato la fabbricazione di castelli, rinati spesso su se stessi o anche semplicemente riadattati, e ne ha reso complicata l'attribuzione.
Anche prima del 1000 il Mezzogiorno alto-medioevale non era certo privo di fortificazioni. Si era fortificato molto per l'organizzazione di un territorio conteso tra Bizantini, Longobardi e Saraceni. Prima che i Normanni calassero in Italia, ciascuno di questi popoli aveva costruito le sue roccaforti, i suoi sistemi si incastellamento con presìdi armati su terre che oscillavano fra l'una e l'altra giurisdizione. I Longobardi, anche al tempo del dominio carolingio sull'alta Italia, avevano conservato i loro principati locali, contrassegnati da villaggi castrali. Nella Puglia bizantina l'impero d'Oriente aveva organizzato città murate e sulla frontiera lucana esistevano piazzeforti musulmane ( Abriola, Pietrapertosa, Tricarico ) come pure in Sicilia dall'827 si era stabilizzata la conquista araba. Colonie di ebrei e comunità slave sulla costa adriatica completavano l'eterogeneità etnica del meridione, contrassegnata sempre e comunque da avanposti fortificati.
A partire dal 1030 i Normanni, scesi dalla Francia come cavalieri mercenari, si portarono dietro il marchio distintivo del potere signorile: il castello. Gli uomini del Nord presero rapidamente a erigere castelli senza rispondere ad alcuna autorità. Essendo nettamente inferiori alla popolazione indigena, la compagine normanna era obbligata a premunirsi con l'elevazione di fortezze che, in campagna o ai margini dei centri abitati, servissero a scongiurare le aggressioni. Erano 12 i signori normanni che si erano suddivisi le località pugliesi e lucane: questa fu la prima generazione di fortificazioni attorno alle quali si accesero le lotte tra i diversi conti.
Il castello di Capua con l'unico torrione rimasto, dei quattro che fiancheggiavano l'edificio. Di età normanna, il palazzo fu rimaneggiato in epoca sveva. Roberto il Guiscardo, duca di Puglia e di Calabria, munì di torri e castelli i luoghi conquistati. Le forme castellari furono quelle classiche sperimentate ed importate dalla normandia. Sorsero inizialmente delle motte (di cui la toponomastica ci informa : Motta della regina, Motta del lupo) e dei donjons , i tipici torrioni quadrati riscontrabili ancora oggi a Paternò e Adrano nel catanese o a Conversano, nel barese. Castello di Adrano in provincia di Catania. Fatto erigere dal conte Ruggero nell'XI sec., è stato rimaneggiato nel 1300 Le cifre riportate dal "Catalogo dei baroni" , che registra le terre date in feudo dai regnanti normanni, ci parlano di 3453 feudi per un totale di 8620 milites ( cavalieri al servizio del signore) e 11000 servientes ( soldati delle guarnigioni castellari). Con Ruggero II ( 1130 ) il Regno di Sicilia aveva riunificato, sotto l'insegna regia, il particolarismo feudale, tipico dei Normanni, basato sull'incastellamento ( e sulla conseguente valorizzazione insediativa ed agraria, sviluppata favorendo la penetrazione dei benedettini nella società rurale. La nascita di uno stato centralizzato ridimensionava ora le vecchie tendenze autonomistiche e i castelli divennero lo strumento per garantire alla monarchia un apparato militare organico ed efficiente e il controllo politico sulle forze centrifughe interne, nonché sui settori e ceti produttori di ricchezze. Castel dell'Ovo , a Napoli, espresse la grandezza della dinastia ruggeriana. Il complesso sorge sui resti di una rocca del XII sec. L'emblema dell'unificazione di un paese multietnico quale era il dominio normanno in Italia, si concretizza a Palermo, la capitale del regno, con i bellissimi e caratteristici palazzi arabo -normanni ( la Zisa o la Cuba ) che risentono dei modelli occidentali dei donjons contaminati con elementi dell'arte islamica. La Zisa, caratteristico edificio arabo - normanno di Palermo
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L'incastellamento della dinastia svevo - normanna di Federico II |
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Tra il XII e il XIII sec., dopo la sconfitta di Federico Barbarossa con i comuni del nord, gli interessi svevi si spostano al sud con la creazione di una dinastia svevo-normanna. Non senza reazione dei principi normanni di Sicilia, si stabilizza nell'isola il potere di Enrico VI di Svevia, che si unì in matrimonio alla principessa normanna Costanza d'Altavilla . Il castello normanno di Caltabellotta, in provincia di Agrigento, dove nel 1194 la regina Sibilla e il figlio Guglielmo opposero una strenua resistenza a Enrico VI di Svevia. Una svolta decisiva nella storia dell'incastellamento meridionale è data da Federico II , figlio di Enrico VI e della principessa Costanza d'Altavilla. Una volta tornato dalla Germania e scelta Palermo come sede del nuovo regno, egli è impegnato a reprimere i mai sopiti impulsi indipendentisti dei baroni , legati ai propri latifondi e inclini all'anarchia feudale. Altre forze autonomistiche sono le cittadine e le comunità musulmane arroccate a Girgenti. Il sovrano ha come obiettivo il consolidamento delle prerogative statali, riorganizzando su basi più salde il modello governativo tramandato dai Normanni, attraverso una burocrazia onnipresente e scrupolosa, un regime fiscale equamente distribuito sul territorio e un'economia di stampo monopolistico. I castelli furono lo strumento per realizzare i suoi progetti. Castelli da costruire, da modificare o anche da abbattere. Federico II aveva annesso al demanio regio ( Curia ) tutte le fortificazioni che potevano assicurargli una migliore gestione del Regno di Sicilia e aveva smantellato le opere di difesa, urbane e no, erette dai principi normanni. Revocò anche i privilegi e i diritti di altre fortezze che in tal modo non potevano più essere la base di partenza per rivolte e guerre private sul territorio. La stabilità monarchica passava attraverso questa semplice regola: detenere più castelli e toglierne agli altri. Questo fu il concetto ribadito nelle costituzioni melfitane del 1231, che rimangono lo strumento più evidente impiegato dal sovrano per realizzare l'accentramento regio. Castello di Lucera ( 1235 ). All'interno del sistema di mura turrite angioine, nella seconda metà del XIII sec. Federico II creò questa singolare fortificazione. Lucera fu sede di un riuscito esperimento politico di Federico II. I Saraceni di Sicilia si erano venuti raccogliendo nelle regioni interne dell'isola e avevano costituito una sorta di stato nello stato,. Dopo ripetute e dure campagne militari il sovrano venne a capo della loro ribellione e li deportò in Puglia, intorno a Lucera, dove per altro essi poterono vivere in pace sotto la sua protezione, secondo i loro costumi e la loro fede. I saraceni di Lucera gli si dimostrarono fedelissimi, tanto che egli reclutò tra le loro file valorosi reparti militari. Egli fu soprannominato il sultano di Lucera. |
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Castel del Monte, in prossimità di Barletta ( Bari ) . Dei numerosissimi edifici fatti costruire da Federico II a fini di difesa e di controllo, ma anche per amore di fasto e di conforto nei momenti di riposo, questo è il meglio conservato. Esso era inserito strategicamente nella catena di fortificazioni dell'altopiano delle Murge. La pianta ottagonale esprime lo spirito razionale e innovatore del grande sovrano. Il fatto che questo sia il primo castello non provvisto di una cappella per le cerimonie religiose testimonia della fondamentale miscredenza di Federico, o quanto meno dei contrasti con l'allora Papa Gregorio IX. La figura geometrica dell'ottagono è alla base di tutto l'edificio e vi si ripete nei particolari ( fondamenta, cortile, torri,...). Anche all'interno il principio geometrico si rinnova nella disposizione degli ambienti : 16 sale a forma di trapezio. Le otto del piano inferiore sono collegate fra di loro per ragioni di sicurezza. Gli alloggi imperiali erano al piano superiore, i torrioni accoglievano il personale di guardia. Attorno alla costruzione è nata una leggenda: che fosse un tempio laico, un osservatorio astronomico o il perno di un complesso sistema di comunicazione, noto a pochi. La sua forma ottagonale nasconde un ché di esoterico, sorta di riassunto del quadrato, simbolo della terra, e del cerchio, simbolo del cielo. Tutto l'edificio sarebbe modulato sul celebre numero d'oro , 1,618 periodico, che caratterizza anche il complesso megalitico di Stonehenge. Qualcuno lo ha persino usato come uno gnomone per svelare che le sue dimensioni sono commisurate alla lunghezza dell'ombra proiettata dal sole a mezzogiorno, a scadenza mensile e a partire dall'equinozio d'autunno del 23 settembre: il primo mese verrebbe ombreggiata la lunghezza del cortile, il secondo la larghezza delle sale, e via dicendo.
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L'incastellamento angioino |
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Dopo la sconfitta di Benevento ( 1266 ) Manfredi, ultimo imperatore svevo, passò il potere nelle mani di Carlo d'Angiò che, a sua volta, fu cacciato dalla Sicilia dagli Aragonesi dopo la guerra del Vespro ( 1282 ). Gli angioini sostituirono l'antica feudalità del sud con gli esponenti fidati dell'aristocrazia francese, arginando il partito filo-svevo e fronteggiando i briganti di terra e i corsari di mare con l'antica strategia : quella dello smembramento delle antiche fortezze e dell'incastellamento a favore della nuova nobiltà venuta d'oltralpe. I nuovi baroni, filo-angioini, ottennero il permesso di costruire nuove fortificazioni o di servirsi dei castelli demaniali. Franco-Provenzali furono anche gli architetti che edificarono e ristrutturarono i castra. Ovunque si diffusero le torri cilindriche, più adatte al tiro di fiancheggiamento, i muri a scarpa, le caditoie, i merli, le piombatoie e le bertesche agli angoli delle cortine e sulle porte dei castelli. Di modello franco-provenzale era poi la muratura in laterizio, semisconosciuta in province che prediligevano la squadratura dei massi di pietra. Fortezza angioina di Lucera. L'edificio fu eretto da Carlo I d'Angiò trasformando la preesistente rocca saracena fatta costruire da Federico II. Il palatium di Lucera venne dotato di una memorabile recinzione in mattoni, rinforzata da una quindicina di torri addossata ad un perimetro pentagonale, lungo quasi un km. L'abilità transalpina si manifestò in particolare nel Maschio Angioino di Napoli e nei rifacimenti dei castelli di Melfi e Taranto. Particolare delle torri rotonde di Castel Nuovo a Napoli ( Maschio Angioino), edificio fatto costruire nella seconda metà del XIII sec. da Carlo d'Angiò, rifatto e ampliato dagli aragonesi. Sul litorale gli Angioini crearono una catena di fortilizi lungo l'arco costiero compreso tra Bari e Taranto, a supporto dell'espansione angioina verso i Balcani, che aveva portato alla fondazione del Regno d'Albania nel 1272. Nella sola Puglia si contarono 19 nuove fortezze e 63 restauri.
Il rafforzamento castellare si rese urgente all'indomani del conflitto scatenato dagli Aragonesi e resosi ancora più acuto con la comparsa di feroci combattenti catalani ( Almogavari ) che entrarono in Calabria e risalirono fino in Basilicata ( 1282 ). Nella confusione e nella paura presero di nuovo potere le forze feudali e cittadine e privarono di solidità un regno come quello angioino, avviato a sgretolarsi progressivamente in una miriade di contrasti politici e sociali. La grande stagione di fortificazioni normanne, sveve e angioine si stava esaurendo. Riprenderà vigore dopo il 1442, quando Alfonso d'Aragona salirà sul trono di Napoli e intraprenderà la militarizzazione del meridione con una nuova fase di incastellamento. Sempre più bassi, tozzi e compatti : il '400 e le armi da fuoco stavano cambiando l'aspetto e la struttura delle fortificazioni. Il castello di Taranto, affacciato sul canale navigabile. Il massiccio edificio con torri più tozze e compatte è tipico dell'architettura aragonese della fine del XV secolo.
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