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Il castello: le dimore fortificate urbane.
Un primo esempio di incastellamento urbano nell'area veneta. |
Nella prima metà del '200, con la crisi delle istituzioni comunali e con l'affermarsi delle signorie cittadine, le dimore fortificate occupano prepotentemente gli spazi urbani. Ezzelino da Romano, signore ghibellino stanziato nella marca trevigiana, fa innalzare a Padova nel 1242 un castello munitissimo sul fiume Bacchiglione, in posizione decentrata. Esulta una minoranza di popolazione padovana. Il resto della popolazione rimane atterrita: il signore ha fissato il dominio sulla città. Trascorrono pochi mesi e il marchese erige a Verona un nuovo castello sul fiume Adige, ancora in posizione periferica. E' la sede della tirannide locale. L'organizzazione delle difese urbane è posta in relazione alle esigenze di chi comanda, che possono semplicemente premunirsi da attacchi esterni oppure predisporsi a rispondere anche a nemici interni. Castelvecchio, fatto costruire a Verona dagli Scaligeri nel corso del Trecento.
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La funzione dei palazzi fortificati in città |
L'abitudine di erigere in città una dimora fortificata era diffusa nel periodo alto medievale; tuttavia questo segno del potere poteva nascondere due significati. Poteva apparire come protezione della collettività, anche se più concretamente diveniva lo strumento della soggezione imposta alla popolazione. Così avvenne per il Palazzo regio di Teodorico a Ravenna, che serviva maggiormente ad affermare l'autorità dei Goti più che non a integrare l'etnia latina con quella barbarica. Così avvenne anche per i Longobardi al momento del loro stanziamento in Italia. Da Pavia a Benevento principi e duchi arimanni si imposero con l'aiuto delle tipiche saal germaniche, inglobate nelle mura di città. Spesso si sfruttavano voluminosi edifici ereditati dal passato: i Goti di Totila avevano adattato a roccaforte l'immenso mausoleo circolare dell'imperatore Adriano, il futuro Castel Sant'Angelo. I vecchi anfiteatri, in età romana ubicati in aree suburbane, vennero ugualmente utilizzati come base per le nuove fortificazioni, capisaldi invidiabili per la loro strategica posizione periferica. Le arene di Bologna, Firenze e Verona furono utilizzate come fortezze sin dalla dominazione longobarda. L'utilità di questi ex-circhi fu fondamentale nel piegare la popolazione finché non si provvide all'edificazione di un nuovo castello, da collocare poco dentro o poco fuori dalla cerchia delle mura cittadine. Anche nel mezzogiorno la dislocazione del castello ai bordi della città era divenuta una costante dal significato anche politico. Il castrum veniva chiamato hospitium o palatium, perché oltre a rimarcare l'opposizione rispetto al nucleo urbano, imperniato sulla cattedrale, svolgeva funzioni amministrative e residenziali. Gravando con la sua mole sul borgo, era uno strumento di costrizione, che venne ripreso dagli Svevi. Fu proprio la ribellione delle città che porterà all'abbattimento di parecchie fortezze imperiali. Il decastellamento colpirà Bologna nel 1116, dove la rabbia della cittadinanza travolge il castello di Matilde di Canossa; così a Bari dove viene devastata la fortezza regia di Guglielmo I ( 1155 ) o ad Assisi dove viene espugnata demolita la rocca del feudatario Corrado di Lutzen.
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Il castello simbolo dell'autorità signorile |
La capacità coercitiva della fortificazione suburbana finisce per togliere respiro all'autonomia cittadina. Tutte le volte che una città ne sottometteva un'altra azzerava le sue mura e costruiva una fortezza con un manipolo di soldati, facendo sentire la nuova autorità. Così accadde nel 1257 quando Firenze sottomise Pistoia. Quando all'interno dei comuni emerse la rivalità tra le fazioni, la confusione della lotta facilitò l'avvento di regimi assolutistici, capeggiati da un leader popolare, dal capopopolo dei ceti emergenti, oppure dal rappresentante di una famiglia eminente, che assunse l'investitura di podestà, in quanto paciere delle parti in lotta. Le cariche governative cominciarono a essere reiterate a favore della medesima persona, diventando vitalizie. L'unica alternativa era un governo oligarchico come a Siena, Venezia o Firenze. In tutti gli altri casi veniva a formarsi la classica signoria cittadina. Conquistato il comando - spesso grazie all'investitura del pontefice o dell'imperatore - i signori, subentrati alle magistrature comunali, erano ossessionati dall'idea di consolidare la propria autorità nel timore di complotti e colpi di stato. All'invecchiato palazzo comunale ubicato nel cuore della città si oppose il castello fuori mano, che era la garanzia del potere assoluto e dell'incolumità del signore. Il sistema di dominio personale fece nascere un alto numero di signorie e relativi castelli, che vennero appoggiati alle cinte urbane. Questa pratica intimidatoria ebbe il suo apice tra il XIII e il XIV secolo. Obizzo d'Este, dopo aver assoggettato Reggio Emilia ( 1298 ) , fa elevare presso Porta San Pietro una grande fortezza. Così pure Azzone Visconti, ricevuta nel 1336 la resa di Como, sistema una fortezza sopra la porta in direzione di Milano e ripete la mossa a Lodi, Piacenza, Lecco, Crema, Caravaggio. Borghi e città andavano tutti controllati con la presenza di un castello. Si fanno strada le ambizioni dei Della Scala a Verona, dei Visconti e degli Sforza a Milano, degli Estensi a Ferrara, dei Gonzaga a Mantova, dei Rossi a Parma, dei Pepoli a Bologna, dei Malatesta a Rimini, degli Ordelaffi a Forlì, dei Da Polenta a Ravenna, dei Montefeltro a Gubbio e Urbino. Il cortile e la galleria del castello sforzesco di Milano, fatto costruire nel 1450 da Francesco Sforza sui resti della fortezza suburbana di Porta Giovia, voluta da Galeazzo Visconti nel 1358. |
Castello degli Estensi a Ferrara |
Castello dei Gonzaga a Mantova
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Le corti e gli stati regionali |
La formazione delle signorie condusse parallelamente all'annessione dei centri minori e alla creazione di grandi stati regionali, che fra alterne vicende si allargarono nel vuoto lasciato tanto dalla chiesa quanto dall'impero. La maggior parte delle signorie urbane non si accontentò di erigere fortezze cittadine, dall'aspetto puramente militare, ma volle renderle sempre più prestigiose e splendide soprattutto nei capoluoghi e nelle città satellite, predisposti ad accogliere occasionalmente delle corti che ancora nel XIV secolo erano itineranti. Vigevano, Torrechiara ci danno esempi di magnifiche architetture nate dalle mire egemoniche di questa o quella famiglia. Vigevano: veduta aerea della piazza ducale e del castello. Luchino Visconti, podestà nel 1337, realizza un complesso di opere militari che incidono profondamente sulla struttura del borgo. Nella parte alta corrispondente al vecchio nucleo fortificato, egli abbatte diverse case d'epoca comunale per far posto al castello di pianta quadrata, di cui rimangono numerose tracce nel successivo palazzo ducale. Altre volte è la paura che spinge grandi signori alla costruzione di un castello. Alla metà del '300, ad esempio, una congiura ordita a Verona ai danni di Cangrande II consiglia l'erezione di Castelvecchio ben a distanza dal centro cittadino ( 1354 -1376).
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