C. Monet, Camille Monet alla finestra, Argenteuil 1873
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C. Monet, Il Kercief rosso, ritratto di Camille Monet, 1870
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● Nella finestra si unisce uno spazio privato ad un pubblico universo di
esperienze
"Il desiderio di un piccolo spazio privato esprime una sempre
maggiore coscienza della propria individualità fìsica e spirituale, condotta
dagli scrittori al limite dell'egotismo. «Bisogna chiudere porte e
finestre, chiudersi in se stessi, come ricci, accendere un gran fuoco nel
camino, perché fa freddo, ed evocare nel cuore una grande idea»
scrive Flaubert.
«Poiché non possiamo spegnere il
sole, dobbiamo tappare tutte le finestre e accendere lampadari nella
nostra stanza». Indubbiamente, il sentimento dell'interiorità ha
preceduto, nell'uomo, l'esigenza d'intimità. Ma, nel XÌX secolo, la
stanza è lo spazio del sogno, dove si ricostruisce il mondo.
Si comprende tutto ciò che accade nello spazio privato,
in cui si materializzano le mire di potere, i rapporti interperspnali e la
ricerca del proprio io. Non ci deve sorprendere quindi che la casa svolga
un ruolo di tale rilievo nella letteratura e nell'arte. I giardini
assolati di Monet, le
finestre socchiuse di
Matisse, le
ombre crepuscolari della lampada in
Vuillard:
la pittura penetra
nella casa e ne svela i segreti. La
sedia impagliata della stanza di
Van Gogh
ce ne fa conoscere la solitudine. La
letteratura, per lungo tempo tacita sugli interni, li descriverà presto con
un'attenzione minuziosa che mostra quanto
sia cambiato il rapporto con luoghi e oggetti. Quanta strada dai sintetici
schizzi di Henry
Brulard ai
meticolosi inventar! di Maumort,
personaggio in cui si rispecchia Martin du Gard,
fino a La vie, mode d'emploi di
Georges Perec!"
( da Ph. Ariès, G. Duby, La vita privata, L'Ottocento, Laterza, 1988
)
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E.
Degas, Donna alla finestra, 1875-78
Nello straordinario dipinto quasi monocromo
di Degas,
il volto della donna alla
finestra è ridotto a una macchia di colore e la sua posa immobile,
impassibile e chiusa in una solitudine muta e impenetrabile è accentuata e
assorbita dall’interno claustrofobico e privo di identità. La figura è
un’ombra indefinita e appena accennata nello scorcio quasi “sospeso” della
finestra, ogni elemento decorativo e descrittivo è annullato, così come ogni
intento realistico o di resa spaziale. Il tema del dipinto sembra essere
la
melanconia e il male di vivere della femminilità borghese
e aristocratica,
la cui identità sembra cancellata in una visione comprensiva dell’ambiente
che la circonda, buio, enigmatico, misterioso come una prigione piena di
inquietudini. In quel periodo la curiosità per l’analisi dell’animo umano
era stimolata da moltissimi studi e saggi sulla fisiognomica e sulle
malattie mentali legate alle manifestazioni somatiche, spesso corredati da
disegni o tavole fotografiche, come quelli di
Chiarugi (1793) o di
Charcot
(1876-1880).
C. Manet, Il balcone, 1868
Durante il soggiorno a Boulogne nel 1868
Manet osservò un gruppo di
persone affacciate ad una balconata: il quadro ricorda una tela di
Goya.
A parte l'invenzione cromatica dell'accostamento del verde dell'inferriata
al bianco delle vesti, il quadro evidenzia un tema caro all'impressionismo:
la città come spettacolo da
osservare da una postazione privilegiata dalla quale è possibile anche farsi
osservare, partecipando in qualche modo alla vita della strada.
La figura femminile in primo piano sulla sinistra è quella di
Berthe Morisot allieva e modella di Manet,
altre volte ritratta.
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df
E.
Degas, Donna alla finestra, 1875-78
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b
C. Manet, Il balcone, 1868
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Il tema della finestra è prediletto da
Henri Matisse;
esso richiama l'interno, altro tema tipico
laico-borghese.
Gli interni di
Matisse presentano una
"straordinària larghezza di taglio, in modo da evitare la "natura
morta", con lo sguardo appuntato icasticamente su qualche oggetto
singolare. Al contrario, l'interno matissiano è di regola un vasto
scenario architettonico, movimentato senza fine da piani di tavoli,
riquadri, dipinti alle pareti ( si annuncia fin d'ora il grande motivo
del "quadro nel quadro")". ( R. Barilli )
Il relazione alla ricerca sul colore,
Matisse è
incerto
inizialmente per la soluzione della divisione delle particelle
luminose ( soluzione alla Seurat ) oppure
dell'unione delle campiture a-plat ( soluzione di
Gaugin ). Nelle opere
dei primi del Novecento il colore, appare quasi emulsionato,
reso spesso attraverso una sua manifestazione corpuscolare, quasi
atomistica. Egli, per sconfiggere la grìsaille accademica, adotta la
via di una "divisione" intuitiva,
come si vede molto bene in
Finestra a Collioure
( 1905 ).
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a
Henri Matisse, Finestra a Collioure,
1905
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H. Matisse, la finestra blu, 1913
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Matisse ha già fatto inoltre la sua scelta per l'essenzialità
e la smaterializzazione; compare
negli interni l'abbondante
presenza di piani -
Studio, quay di San-Michel
, ( 1916 ),
Interno con fonografo
( 1924 )
- che producono l'effetto di schiacciare lo spazio, appiattendolo, e
soprattutto imprimendogli un passo a
largo respiro. Il post-impressionismo di
Matisse si legge
comunque soprattutto nel particolare uso della luce, che crea una
dicotomia tra spazio interno e spazio esterno. Sono spesso oggetti emblematici ( la vasca di pesci
rossi, il violino.. ) a connotare l'atmosfera di vita particolare della
casa, che viene richiamata suggestivamente, quasi in contrappunto,
dalla luminosa presenza - in lontananza - degli scorci urbani.
Così in
Vaso con pesci rossi, 1914
-
le
campiture di colore
evidenziano la vivacità
del contrasto-rapporto tra spazio esterno e spazio interno, segnato dal
vaso di pesci rossi che trova corrispondenza nel giallo salmone del
paesaggio parigino dello sfondo.
In
Finestra con violino, 1917
la finestra non si rapporta più con l'esterno per creare
l'apertura alla vista di una realtà altra dal privato. Essa diventa
tramite della luce, che, attenuata, dalle persiane, filtra e penetra
nella stanza immersa nell'ombra nera e imponente. Qui e in
altre tele un oggetto ( il violino )
connota intensamente lo spazio interno, magicamente giocato sulla
corrispondenza di masse e colori.
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x
H.Matisse - Vaso con pesci rossi, 1914
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H. Matisse, La finestra, 1916
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sm
H. Matisse, Studio, quay di San-Michel, 1916
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H. Matisse. Finestra con violino, 1917
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v
H. Matisse. Interno con custodia di violino,
1918 - 1919
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H. Matisse, Violinista alla finestra, 1918
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H. Matisse, Giovane ragazza in vestito verde,
1921
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fo
H. Matisse, Interno con fonografo, 1924
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Bonnard non utilizzava
mai il cavalletto. Le idee dei suoi quadri dipendevano dall'occasione,
annotava le caratteristiche essenziali dei soggetti schizzandoli su un
taccuino, che conservava accuratamente. "Giornata
d'inverno", non deroga alla norma; è stato realizzato nello
studio in base al progetto previsto. Il quadro affronta il tema così
importante per Bonnard dell'intimità.
Tutti gli elementi della tela sembrano sottratti alla realtà, carpiti
all'istante di vita rappresentato.
La donna non è in posa, offre semplicemente il suo quotidiano gesto
all'artista, che lo trascrive in tutta la sua verità. Benché
tale realtà
quotidiana sia messa a nudo, la donna riveste un certo
mistero, non la si vede che di spalle, il suo lavoro è nascosto dalla
sua sagoma. Lo spettatore ha la sensazione di fare un'incursione nella
vita di questa donna, di vivere un momento della storia di una
sconosciuta. Il pittore riconosce la sua tendenza ad immortalare un
atteggiamento e non il preciso ritratto di un personaggio.
La finestra è là
soltanto per delimitare il mondo esterno, come un tipo di
contro-universo in direzione del quale l'autore getta un colpo d'occhio,
pur restando accuratamente nascosto all'interno dell'abitazione. Lo
spazio dell'appartamento appare di fatto come un microcosmo separato
dell'inverno del mondo esterno (del macrocosmo cittadino) con semplici
vetri. La città non interessa
Bonnard. Egli aspira soltanto a tradurre la sua emozione
dinanzi a questo spettacolo così intimo e banale, ripetuto
probabilmente ogni giorno dalla donna, ma contrassegnato di emozioni
sincere. Dettagli rapidamente tracciati contribuiscono alla
sincerità della scena: ad esempio la tendina arrotolata alla tenda, per
beneficiare della luminosità necessaria ai lavori d'ago, o anche la
matassa scivolata nella piega dell'abito. Ogni oggetto può esprimere la
sua storia, ma spetta allo spettatore indovinarla, avanzando le sue ipotesi.
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P. Bonnard, Grande stanza da pranzo sul
giardino, 1905
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g
P. Bonnard, Giornata d'inverno, 1905 |
"Gli interni di
Matisse,
richiamano in qualche modo gli analoghi intenti mondani di
Vuillard
e di
Bonnard
(del resto, quasi suoi coetanei);
solo che essi, ancora con un piede nell'Ottocento, sono sensibili
soprattutto alla vibrazione corpuscolare del colore, e a forme (di
tavoli, di poltrone) offerte a una verifica tattile, cioè fenomenica." (
R. Barilli ) |
P. Bonnard, La fènetre, 1925
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Bonnard, Paesaggio con il tetto rosso, 1945 |