Un nuovo ruolo per la donna.
Le suggestioni della presenza femminile,
bellezza raffinata e sfuggente, che invade la città
● La donna sensibile al mondo dell'arte: modella e
pittrice
"Un'altra donna, giovane (appena ventenne) e molto
seducente, fa un ingresso tumultuoso nello studio di Manet: è
Eva Gonzalez, figlia del
celebre romanziere popolare Emmanuel Gonzalés, . Come Berthe, è pittrice,
e ha scelto come maestro il vilipeso autore di Olympia. Una forte
tensione si stabilisce tra le due allieve. Berthe si lamenta con la
madre: «Manet mi fa la morale e mi ripropone continuamente la Sig.na
Gonzales come modello. Lei sa come comportarsi, è perseverante, sa condurre
a buon termine ogni cosa; io invece non sono capace di niente». Comunque
sia, il pittore si dedica tenacemente al ritratto della scura Eva, che
inizia nella primavera del 1869 e finisce solo nel marzo 1870, appena in
tempo per iscriverlo all'ultimo Salon del Secondo impero. Ci mostra Eva
seduta con un vestito bianco ( come quello di Berthe nel quadro
Il riposo dello stesso anno 1870 ) mentre dipinge un quadro
floreale. Eva appare altera e volitiva. Tra le due allieve modelle e rivali
sarà Berthe Morisot a risultare vincitrice e Manet la ritrarrà ancora
in una serie di quadri che la esaltano ( tra tutti Berthe Morisot con
ventaglio )"
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Baudelaire - Tableaux parisiens |
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A una passante Un lampo... poi la notte! -
Fuggitiva beltà da Charles Baudelaire, I fiori del male, Tableaux parisiens |
● Baudelaire - Scritti sull'arte - Il pittore della vita moderna ( 1859 ):
la donna soggetto |
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Baudelaire - Scritti sull'arte - Il pittore della vita moderna
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La donna |
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Tutto quello che affermo della natura com’è malvagia consigliera nell'ambito
della morale, e della ragione come vera redentrice e riformatrice, può
essere trasferito nell'ordine del bello.
La moda deve dunque considerarsi come uno sintomo del gusto, dell'ideale, che galleggia nel cervello umano al di sopra di tutto ciò che la vita umana vi accumula di volgare, di terrestre e d’immondo, come una deformazione sublime della natura o meglio come un tentativo inesauribile e ricorrente di riforma della natura. Si è anche ragionevolmente osservato (senza peraltro coglierne la ragione) che tutte le mode sono seducenti, ma seducenti in modo relativo, giacché ciascuna rappresenta uno sforzo nuovo, più o meno felice, verso il bello, una qualche approssimazione a un ideale, il cui desiderio solletica senza sosta lo spirito umano non soddisfatto. Senonché le mode, se si vogliono apprezzare appieno, non vanno considerate come cose morte, che sarebbe come ammirare i vecchi cenci appesi, flosci e inerti come la pelle di san Bartolomeo, nell’armadio di un rigattiere. Occorre immaginarle vive, vivificate dalle belle donne che le indossarono. È soltanto così se ne può comprendere il senso e lo spirito. Se dunque l'aforisma: Tutte le mode sono seducenti, vi urta come troppo assoluto, si dica, e si sarà certi di non sbagliare: tutte sono state in modo legittimo seducenti. La donna è proprio nel suo diritto e anzi compie una sorta di dovere quando si studia di apparire magica e soprannaturale: è necessario che stupisca e incanti; idolo, deve dorarsi per essere adorata. La donna perciò deve prendere a prestito da tutte le arti i mezzi di elevarsi al di sopra della natura per meglio soggiogare i cuori e colpire gli spiriti, importa poco che l'astuzia è l'artificio siano noti a tutti, se il loro successo è certo e l'effetto sempre irresistibile. In questo genere di riflessioni l'artista filosofo può trovare facilmente la legittimazione di tutte le pratiche messe in opera in tutti i tempi dalle donne per consolidare e divinizzare, in certo qual modo, la loro fragile bellezza. Enumerarle tutte, sarebbe interminabile, ma per ridurci a ciò che il nostro tempo chiama volgarmente trucco, non vi è chi non veda come l'uso della polvere di riso, così insulsamente messo al bando dai filosofi candidi, abbia come fine e come risultato quello di far scomparire dalla carnagione tutte le macchie che la natura vi ha oltraggiosamente disseminate, e di creare un'unità astratta nella grana e nel colore della pelle, la quale, come quella prodotta dalla maglia, accosta immediatamente l'essere umano alla statua, cioè a un essere divino e superiore. E quanto al nero artificiale che cerchia l'occhio e al rosso che segna la parte superiore della guancia, benché l'uso derivi dallo stesso principio, che è il bisogno di superare la natura, il risultato vale per soddisfare a un bisogno del tutto opposto. Il rosso e il nero rappresentano la vita; vita soprannaturale e smisurata; il bordo nero fa lo sguardo più profondo e singolare, dona all'occhio un'apparenza più risoluta di finestra aperta sull'infinito; il rosso che infiamma i pomelli, accresce vieppiù la luminosità della pupilla e insinua in un bel volto femminile la misteriosa passione della sacerdotessa. Così, se non vengo frainteso, la coloritura del viso non deve essere usata con il fine volgare, inconfessabile, di imitare la bella natura e di sfidare la giovinezza. Si è osservato d'altro canto che l'artificio non abbellisce il brutto e può servire soltanto la bellezza. Chi mai oserebbe attribuire all'arte la sterile funzione di imitare la natura? Il trucco non ha da nascondersi, né evitare di farsi percepire; al contrario, può esibirsi se non proprio con affettazione, con una sorta di candore.
Concedo con piacere a coloro cui la gravità
compassata, vieta di cercare il bello sin nelle sue manifestazioni più
minute, di ridere delle mie riflessioni e di denunciarne la solennità tutta
infantile; il loro giudizio austero non mi tocca; e a me basta, ora, fare
appello ai veri artisti e a quelle donne, del pari, che hanno ricevuto alla
nascita una scintilla di quel fuoco sacro di cui vorrebbero illuminarsi in
tutto il loro essere. |
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