Per comprendere come nella mente di Dante prenda corpo l'idea della
"Commedia" occorre pensare a tre esperienze della sua vita ,
importanti sia sul piano esistenziale che culturale.
Sono
esperienze di amore, anche se gli oggetti della passione sono diversi.
1)
L'amore per
Beatrice (
la datrice di beatitudine, la donna "venuta in terra a miracol
mostrare", la creatura celeste che testimonia la bontà di Dio verso
gli uomini con il suo semplice saluto....)
già cantato nella "Vita
nova"
, dove
la
vita rinnovata dalla sua presenza fisica si accompagna alle simboliche
sue apparizioni -
a nove ed a diciotto anni -
ed alla memoria
di lei, nella
gloria del cielo, indelebile dopo la sua improvvisa morte .
Nessun amore terreno di donna gentile riesce ad offuscare la
memoria dell'amata e nonostante un momentaneo traviamento del poeta
, essa diventa strumento
per accedere al divino.
Alla
fine della Vita nova Dante dirà, dopo la sua ultima "
mirabile visione" ,di voler "trattare di lei più
degnamente e dicer di lei quello che mai non fu detto d'alcuna ".
Il
che fa presagire la Beatrice - guida di Dante nel Paradiso ,
simbolo ormai della scienza divina o teologia.
2)
L'amore per la
Filosofia , la
"donna gentile" ( allegoria della sapienza filosofica ).
E' questa l'esperienza conoscitiva del periodo che segue la morte di
Beatrice. La passione per la filosofia ( il sapere ) viene quasi a
soppiantare il ricordo della "gentilissima " donna.
L'accostamento alle dottrine della Scolastica
( ricerca di Dio attraverso la ragione e la fede )
impegna Dante tra la fine del '200 ed i primi anni del '300 e si può
interpretare come ricerca
di verità religiose, morali ed esistenziali,
che lo impegna profondamente.
3)
L'amore per la città di Firenze,
la sua città - comunità che lo ha bandito, che gli ha fatto conoscere la
dolorosa ed amara esperienza politica dell'esilio
e dell'isolamento
definitivo dalla vita politica.
L'allontanamento da Firenze e la rinuncia
al ritorno in città
dopo la battaglia della Lastra , convincono Dante della negatività della
vita dei suoi tempi e soprattutto della bassezza
morale dei cittadini di Firenze,
tanto che nella epistola < lettera > a Cangrande
della Scala,
il signore di Verona, suo protettore, ove si preannuncia la stesura del
Paradiso si dice " florentinus natione, non moribus " (
fiorentino di nascita, non di costumi ).
La delusione politica lo convince a rileggere
la storia del suo tempo in chiave profetica,
condannando molte istituzioni ed uomini politici
a lui contemporanei, alla
luce di una visione provvidenziale e più alta degli eventi ,
che prevede anche il dolore ed il sacrificio ( suo e
di altri pochi uomini onesti ) ma che non esclude, anzi prefigura
la rigenerazione del bene e la vendetta divina contro il male.
La famosa profezia
del veltro che
libererà la terra dalla lupa ( la cupidigia imperversante ) è un esempio
di allegorico
presagio
relativo alla riconquista
della pace ed alla sconfitta dei vizi che affliggono gli uomini.
La
lettera ad Arrigo
VII di Lussemburgo,
l'imperatore che pur fallirà nel suo compito di ripristinare la pace in
Italia, mettendo a freno le ambizioni dei signori guelfi, indica l'attesa
da parte di dante di un imperatore, pacificatore e restauratore di
giustizia.
L'opera
prende corpo dunque come progetto culminante dell'opera artistica e
dell'esperienza di vita dell'autore , ispirandosi ad uno dei generi più
cari alla fantasia degli uomini del Medioevo: la
letteratura dell'oltretomba.
Alcuni
modelli letterari relativi al tema del viaggio nell'aldilà.
Nel
mondo pagano abbiamo il canto VI dell'Eneide di Virgilio,
quando Enea scende
in compagnia della Sibilla cumana negli Inferi ( Tartaro e Campi Elisi )
per incontrare il padre Anchise e per farsi profetizzare la nascita della
futura stirpe romana. E' un mondo dell'aldilà , privo di connotazioni
cristiane, dove domina il senso di giustizia degli antichi dei, ma non
quello di peccato, di purificazione e di contemplazione della Grazia
divina. Così
pure nel XI canto dell'Odissea di Omero
( viaggio di Ulisse
agli inferi )e nel Somnium Scipionis ( Cicerone)
Nelle leggende dell'oltretomba del mondo cristiano domina
soprattutto la descrizione fantastica delle pene infernali e della
beatitudine del paradiso. Questo per un fine
didascalico e morale.
Si
vuole allontanare l'uomo dal peccato con il terrore della punizione
divina e rivolgerlo al bene con la speranza di ottenere il premio
eterno. Grande è l'attrattiva del pubblico medioevale per questo
genere di "visioni". Ricordiamo alcune di queste opere a
carattere allegorico e fantastico: la VISIONE
DI SAN PAOLO, la NAVIGAZIONE DI SAN BRANDANO
(monaco irlandese ), il PURGATORIO DI SAN PATRIZIO, la
VISIONE DI TUNDALO, la VISIONE DI FRATE ALBERICO (monastero di
Montecassino ). Opere di carattere più specificatamente didattico -
allegorico sono la DE BABILONIA CIVITATE INFERNALI di Giacomino
da Verona e
il LIBRO DELLE TRE SCRITTURE di Bonvesin
de la Riva milanese.
Dante
oltrepassa con la sua opera queste rozze figurazioni, adatte ad
impressionare un pubblico poco colto, e costruisce invece una struttura
ordinata e compatta dell'aldilà cristiano, dove ogni particolare
rientra in una serie serrata di corrispondenze simboliche e numerologiche,
che offrono significati precisi ad episodi, personaggi , luoghi e pene .
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Struttura
concettuale e significati dell'opera
L'obiettivo
di Dante era quello di proiettare il mondo terreno nel regno dei morti
perché questi ultimi fossero di guida ed amamestramento ai contemporanei.
Il suo fine è un fine etico ( morale ): mostrare ai vivi , attraverso il
resoconto della sua esperienza straordinaria , quale sia la giustizia
divina nei confronti delle azioni umane , quale idea del bene e del male
emerga da un'osservazione più alta e distaccata delle istituzioni del suo
tempo.
Gli
uomini del suo tempo dovranno quindi trarre utili ammaestramenti nel loro
agire da questa profetica narrazione, imparando a temere la giustizia
divina ( se vittime dei vizi capitali ) e ad aspirare alla gloria del bene
celeste ( se obbedienti alle leggi di Dio ). Dante mira in tal modo a riformare
la società in cui vive sotto il triplice profilo morale, religioso
e politico.
Attacca
senza alcuna esitazioni papato e impero ( le massime istituzioni del
suo tempo ) quando si accorge che a reggerle ci sono uomini inadatti ad
interpretare la provvidenziale funzione dei due organismi. Critica
papi simoniaci e corrotti come Bonifacio
VIII o imperatori
che trascurano le terre dell'impero, bisognose di una guida e di pace come
Rodolfo d'Asburgo.
Esalta
invece chi si pone a fianco di queste istituzioni per guidarle alla
realizzazione dei loro compiti (S.Francesco
e S.Domenico,
due guide della Chiesa - Arrigo
VII imperatore
pacificatore di contrasti, accolto nella mistica rosa dei beati accanto a
Dio ).
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