La paura del viaggio e la missione delle tre donne benedette ( Inferno Canto II )


Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno
toglieva li animai che sono in terr
da le fatiche loro; e io sol uno 

m'apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate,
che ritrarrà la mente che non erra.

 

Lo giorno se n'andava, e l'aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
da le fatiche loro; e io sol uno  
Il giorno volgeva al termine, e l'imbrunire sottraeva gli esseri animati che vivono sulla terra alle loro fatiche; e io, unico fra tutti, 
m'apparecchiava a sostener la guerra
sì del cammino e sì de la pietate,
che ritrarrà la mente che non erra.
mi preparavo a sostenere il travaglio tanto del viaggio quanto dell'angoscia , 
che riferirà la memoria che non sbaglia.
O muse, o alto ingegno, or m'aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch'io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate.

O muse, o mio ingegno che tendi verso l'alto, 
o memoria che riportasti impresso ciò che io vidi, ora aiutatemi; qui si mostrerà il tuo valore.
Io cominciai: «Poeta che mi guidi,
guarda la mia virtù s'ell' è possente,
prima ch'a l'alto passo tu mi fidi.
Io cominciai a dire:" O poeta che mi guidi, valuta se il mio valore è adeguato, prima di affidarmi al difficile passaggio dal mondo mortale a quello immortale.

Tu dici che di Silvïo il parente,
corruttibile ancora, ad immortale
secolo andò, e fu sensibilmente.

Tu affermi, nell'Eneide, che il padre di Silvio, Enea, andò nel mondo immortale ancora vivo, con il suo corpo, dotato di umana sensibilità.
Però, se l'avversario d'ogne male
cortese i fu, pensando l'alto effetto
ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale

Perciò, se il nemico di ogni male, Dio, fu cortese con lui,pensando alle straordinarie conseguenze che dovevano derivare da lui, sia la persona di Enea , sia le sue qualità 
non pare indegno ad omo d'intelletto;
ch'e' fu de l'alma Roma e di suo impero
ne l'empireo ciel per padre eletto:


non sembrano inadeguate ad un uomo d'intelletto. Poiché egli fu scelto, da Dio, nel cielo empireo,  quale padre della veneranda Roma e del suo impero;

la quale e 'l quale, a voler dir lo vero,
fu stabilita per lo loco santo
u' siede il successor del maggior Piero.

la quale Roma e il quale impero, a voler dire la verità, furono stabiliti come luogo santo  dove risiede il successore del sommo Pietro, cioè del papa.

Per quest' andata onde li dai tu vanto,
intese cose che furon cagione
di sua vittoria e del papale ammanto.

Per questa discesa agli inferi per cui tu gli rendi merito, udì profezie dal padre Anchise, che furono causa della sua vittoria sui popoli latini e dell'autorità papale.
Andovvi poi lo Vas d'elezïone,
per recarne conforto a quella fede
ch'è principio a la via di salvazione.

Poi vi andò nell'aldilà, San Paolo, 
per trarne sostegno a quella fede cristiana 
che è essenziale per la salvezza.
Ma io, perché venirvi? o chi 'l concede?
Io non Enëa, io non Paulo sono;
me degno a ciò né io né altri 'l crede.

Ma io per quali meriti e quale scopo dovrei venirmi? chi lo consente? Io non sono Enea, io non sono Paolo:né io stesso né altri mi reputano degno di ciò.

Per che, se del venire io m'abbandono,
temo che la venuta non sia folle.
Se' savio; intendi me' ch'i' non ragiono».

Per la qual cosa, se io mi avventuro a venire, temo di compiere un atto temerario. 
Tu sei saggio; capisci meglio di quanto io non riesca a dire.
E qual è quei che disvuol ciò che volle
e per novi pensier cangia proposta,
sì che dal cominciar tutto si tolle,


E come colui che non vuole più ciò che ha voluto e a causa di nuovi pensieri cambia proposito, cosicché abbandona del tutto ciò che stava per intraprendere

tal mi fec' ïo 'n quella oscura costa,
perché, pensando, consumai la 'mpresa
che fu nel cominciar cotanto tos


così mi comportai io su quel pendio sul quale sul quale era scesa l'oscurità, perché esaurii nel pensiero l'impresa che avevo intrapreso tanto frettolosamente.


I' son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.


«S'i' ho ben la parola tua intesa»,
rispuose del magnanimo quell' ombra,
«l'anima tua è da viltade offesa;

" Se ho compreso bene il tuo discorso",rispose l'ombra di quel magnanimo Virgilio,"il tuo animo è infiacchito dalla viltà;
la qual molte fïate l'omo ingombra
sì che d'onrata impresa lo rivolve,
come falso veder bestia quand' ombra.

la quale ostacola l'uomo molte volte cosicché lo distoglie da un'impresa onorevole, come una falsa visione fa tornare indietro una bestia quando si spaventa.
Da questa tema acciò che tu ti solve,
dirotti perch' io venni e quel ch'io 'ntesi
nel primo punto che di te mi dolve.

Affinché tu ti liberi da questo timore , 
ti dirò perché io venni in tuo aiuto e quello che io compresi nel primo momento che provai pietà per la tua condizione.
Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.

Io mi trovavo nel Limbo, quando mi chiamò una donna beata e bella, a tal punto che mi dichiarai pronto a soddisfare ogni sua richiesta.

Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:

I suoi occhi splendevano più delle stelle; e cominciò a parlarmi soavemente e delicatamente, con la voce di un angelo nella sua favella.
"O anima cortese mantoana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto 'l mondo lontana,

" O cortese anima di origina mantovana, la cui fama dura ancora nel mondo, e durerà a lungo quanto il mondo stesso, 
l'amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che vòlt' è per paura;

colui che mi amò per me stessa, disinteressatamente, a tal punto è ostacolato nel suo cammino, sul deserto pendio del colle, che per la paura si è voltato indietro.

e temo che non sia già sì smarrito,
ch'io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch'i' ho di lui nel cielo udito.

E temo che si sia già perduto, a tal punto che io mi sono mossa tardi in suo soccorso, a quanto ho potuto udire riguardo a lui in cielo.

Or movi, e con la tua parola ornata
e con ciò c'ha mestieri al suo campare,
l'aiuta sì ch'i' ne sia consolata.

Or vai, e aiutalo con la tua eloquenza e con ciò di cui c'è bisogno per salvarlo, cosicché io ne provi consolazione.
I' son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare.

Io, che ti spingo ad andare in soccorso a Dante, sono Beatrice; vengo dall'Empireo, luogo in cui desidero tornare; è l'amore che mi spinge a parlarti. 
Quando sarò dinanzi al segnor mio,
di te mi loderò sovente a lui".
Tacette allora, e poi comincia' io:

Quando sarò alla presenza del mio signore, 
Dio, ti loderò spesso al suo cospetto."
Allora tacque e poi comincia io a parlare

"O donna di virtù sola per cui
l'umana spezie eccede ogne contento
di quel ciel c'ha minor li cerchi sui,

" O signora della virtù per la quale sola il genere umano supera in valore tutto ciò che è contenuto nel cielo della luna,
tanto m'aggrada il tuo comandamento,
che l'ubidir, se già fosse, m'è tardi;
più non t'è uo' ch'aprirmi il tuo talento.
 
il tuo ordine mi è così gradito che se lo eseguissi immediatamente, mi sembrerebbe tardi; non devi fare altro che manifestarmi il tuo desiderio.

Ma dimmi la cagion che non ti guardi
de lo scender qua giuso in questo centro
de l'ampio loco ove tornar tu ardi".

Ma dimmi il motivo per il quale non temi di scendere giù in questo luogo, al centro della terra, l'Inferno, dall'ampio cielo, l'Empireo, dove desideri ardentemente di tornare."

"Da che tu vuo' saver cotanto a dentro,
dirotti brievemente", mi rispuose,
"perch' i' non temo di venir qua entro.

Beatrice mi rispose:" Dal momento che tu vuoi sapere la ragione intima della mia venuta nel limbo, ti dirò brevemente perchè io non ho timore di scendere qua dentro. 

Temer si dee di sole quelle cose
c'hanno potenza di fare altrui male;
de l'altre no, ché non son paurose.


Si devono solamente temere quelle cose che hanno la forza di danneggiare qualcuno, non le altre, poichè non sono da temere.

I' son fatta da Dio, sua mercé, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale.
Io sono fatta da Dio in modo tale, per grazia sua, che la vostra misera condizione non mi tocca, e sono immune dal fuoco dell'Inferno.


Donna è gentil nel ciel che si compiange
di questo 'mpedimento ov' io ti mando,
sì che duro giudicio là sù frange.


In cielo c'è una donna gentile, la Madonna, che prova dolore a causa di questo impedimento a rimuovere il quale io ti mando, tanto che in cielo infrange la severa legge divina.

Questa chiese Lucia in suo dimando
e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando -.


La Madonna chiamò Lucia e le disse:- Il tuo devoto ha bisogno di te, 
e io te lo raccomando -.

 


Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov' i' era,
che mi sedea con l'antica Rachele.

Lucia, nemica di ogni crudeltà, si mosse, e venne nel luogo dove mi trovavo, nel quale ero seduta a fianco dell'antica Rachele.
Disse: - Beatrice, loda di Dio vera,
ché non soccorri quei che t'amò tanto,
ch'uscì per te de la volgare schiera?

Mi disse:- Beatrice, vera gloria di Dio, perchè non soccorri colui che ti amò tanto, che, ispirato da te, si distinse dagli uomini volgari? 

Non odi tu la pieta del suo pianto,
non vedi tu la morte che 'l combatte
su la fiumana ove 'l mar non ha vanto? -.

Non senti l'angoscia del suo pianto, non vedi la morte spirituale contro cui combatte, nel fiume impetuoso del peccato rispetto al quale il male non può prevalere?-

Al mondo non fur mai persone ratte
a far lor pro o a fuggir lor danno,
com' io, dopo cotai parole fatte,

Al mondo non ci furono mai persone pronte a seguire il loro vantaggio o a evitare il loro danno, quanto me, dopo aver udito tali parole da Lucia,
venni qua giù del mio beato scanno,
fidandomi del tuo parlare onesto,
ch'onora te e quei ch'udito l'hanno".

venni quaggiù nel limbo dal mio beato seggio, avendo fiduci nelle tue parole nobili e decorose che fanno onore a te e a quelli che l'hanno udite."
Poscia che m'ebbe ragionato questo,
li occhi lucenti lagrimando volse,
per che mi fece del venir più presto.

Dopo che Beatrice mi ebbe detto queste parole,
mi rivolse gli occhi lucidi per le lacrime;
e ciò mi spinse a venirti in aiuto più celermente
E venni a te così com' ella volse:
d'inanzi a quella fiera ti levai
che del bel monte il corto andar ti tolse.

E venni da te secondo la sua volontà:
ti sottrassi a quella fiera che impediva di salire 
il colle per la via più breve.

Dunque: che è? perché, perché restai,
perché tanta viltà nel core allette,
perché ardire e franchezza non hai,

Dunque: che c'è? Perchè? Perchè indugi?
Perché racchiudi nell'animo tanta viltà?
perché non dimostri coraggio e sicurezza,

poscia che tai tre donne benedette
curan di te ne la corte del cielo,
e 'l mio parlar tanto ben ti promette?».

Dopo che tre donne benedette di tale importanza
si prendono cura di te in cielo; e le mie
parole ti fanno sperare un premio così alto?"
Quali fioretti dal notturno gelo
chinati e chiusi, poi che 'l sol li 'mbianca,
si drizzan tutti aperti in loro stelo,


Come i fiori piegati e con i petali chiusi
a causa del gelo notturno, dopo che il sole li illumina
si raddrizzano tutti aperti sul loro stelo


tal mi fec' io di mia virtude stanca,
e tanto buono ardire al cor mi corse,
ch'i' cominciai come persona franca:

Così divenni io rispetto alla mia volontà indebolita
e mi corse all'animo così validi coraggio
Che io cominciai a dire come persona sicura di sé.


«Oh pietosa colei che mi soccorse!
e te cortese ch'ubidisti tosto
a le vere parole che ti porse!

 

"Oh pietosa colei che mi soccorse!
E tu cortese che ubbidisti subito
a le parole di verità che ella ti disse!

Tu m'hai con disiderio il cor disposto
sì al venir con le parole tue,
ch'i' son tornato nel primo proposto.

Con le tue parole mi hai così ben disposto il cuore
al desiderio di compiere il viaggio, 
che io sono ritornato nel proposito di prima.

Or va, ch'un sol volere è d'ambedue:
tu duca, tu segnore e tu maestro».
Così li dissi; e poi che mosso fue,

Ora va', che un'unica volontà è la nostra:
tu guida, tu signore, tu maestro"
Così gli dissi e dopo che si fu mosso.
intrai per lo cammino alto e silvestro

m'inoltrai per il sentiero difficile e selvaggio.

 

canto I vv. 31 - 60, vv.61 - 111, vv. 111-136
COMMEDIA, OLTRETOMBA DANTESCO,
MODULI ITALIANO CLASSE 3^, DOCUMENTI