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La disperata tensione interiore nel nomadismo visivo di Oscar Kokoschka

● Amore e morte nei  viaggi visionari legati ai traumi dell'inconscio

Oskar Kokoschka ( 1886 - 1980 ) austriaco di nascita, fu pittore, illustratore, poeta e drammaturgo. Visse nella periferia viennese e si formò artisticamente nella capitale austriaca, dove nei primi anni del secolo conobbe l'architetto Adolf Loos e lo scrittore Karl Kraus. Nell’ambiente della Secessione Viennese, fu a diretto contatto con Klimt, che ne influenzò le prime opere.
Forse le prime testimonianze che si ricollegano al tema della separazione e del viaggio, seppur inteso simbolicamente in forma favolosa e fantasmatica, sono rintracciabili nelle otto litografie composte come illustrazioni per  I ragazzi sognanti ( 1908 ) un testo per l'infanzia, nelle intenzioni della committenza, la
Wiener Werkstätte, laboratorio di arti applicate, vero cuore della Secessione  viennese. In realtà le litografie testimoniano le fantasie oniriche di un adolescente turbato dal risveglio della propria sessualità e disorientato come il giovane Torless di Musil.
Le litografie si presentano come una sequenza di sogni testimonianza dell'erotismo inquieto del ventiduenne
Kokoschka , che si trova ad operare nella Vienna modernista più volte definita città di incubi e sogni.
La fiaba crudele de  I ragazzi sognanti inizia con la crudele uccisone di un rosso pesciolino ( simbolo di automutilazione ) che avvia un viaggio di scoperta dell'alterità, caratterizzato da caratteri fiabeschi e prove dolorose. Dopo un avventuroso viaggio in mare, c'è l'approdo temporaneo  ad un'isola felice d'oltremare, che coincide con il grembo della bella addormentata ( litografia1 ) e prelude all'idillio e all'incontro. L'ultima litografia invece fa riferimento ad una cacciata dall'Eden ( litografia 8 ), dove la colonna rossa centrale è l'albero della mancata unione e della separazione, mentre i due adolescenti appaiono chiusi nella gabbia bianca del loro solipsismo.

E' interessante notare come già in questa fase giovanile - nelle forme folkloriche dell'arte popolare - compaia l'impossibile traduzione della bellezza e dell'armonia, a cui si sostituisce invece una tenace ricerca di verità ed autenticità nelle rappresentazioni caotiche dei sogni angosciosi di un viaggio interiore

( da E. Di Stefano, Kokoschka, Art e Dossier, n° 123, Giunti, 1997 )


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Oskar Kokoschka, I ragazzi sognanti ( 1908 ) - litogr.1

 


Oskar Kokoschka,
I ragazzi sognanti ( 1908 ) - litogr.3


Oskar Kokoschka, I ragazzi sognanti ( 1908 ) - litogr.7

 

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Oskar Kokoschka, I ragazzi sognanti ( 1908 ) - litogr.8

 

Le scelte pittoriche subiscono nel tempo una complessa evoluzione ed in generale sono contraddistinte da un segno forte, deformante,  ricco di curve più che di angoli, che trae le sue più lontane origini dal barocco austriaco e che ha fatto  parlare di 'Barocchismo kokoschkiano.  Tuttavia questo segno  non è un mezzo esteriore e ornamentale, ma lo strumento espressivo di un pittore che vede il mondo non soltanto con angoscia, ma anche con amore, distinguendosi perciò dai pittori della Brucke.

Kokoschka sostiene la necessità di penetrare l'oggetto con la propria interpretazione, liberandosi  dagli insegnamenti accademici, tornando 'al primo grido e al primo sguardo del neonato',  alla purezza incontaminata del fanciullo, creando spesso pitture visionarie. In lui  confluiscono molte suggestioni delle correnti filosofico- letterarie dell'epoca ( Bachofen, Freud, Kraus, Trackl, Rilke, Musil, ) che tendono tra l'altro all'introspezione ed alla rivalutazione dell'inconscio. Si profila anche la  ricerca di unità totale delle arti, uno degli elementi caratterizzanti del tardo romanticismo fra Ottocento e Novecento ( Wagner ).

Dal 1912 al 1914 Kokoschka ebbe una relazione sfortunata con Alma Mahler, vedova del famoso musicista che lo abbandonò sposando l'architetto Walter Gropius. All'angosciosa ed enigmatica atmosfera di questo rapporto impossibile fa riferimento  La sposa nel vento ( 1914 ), opera famosissima, che riporta nuovamente al tema della separazione e dell'allontanamento, dell'estraneità tra i sessi, oltre che a quello più generale della conflittualità drammatica tra principio maschile e femminile.

Alma Mahler
è assimilabile alla strega del vortice d'aria, protagonista di molte fiabe e leggende tedesche e classiche     ( Orizia rapita da Borea, Erodiade condannata a turbinare in eterno ); è simbolo di tutte le matriarche fatali ( interpretate  da Bachofen come minacciosa presenza nella storia dell'umanità )
che inquietavano il giovane Kokoschka e la cultura di un'epoca insidiata dal disagio della modernità.

Il titolo dell'opera suggerisce un legame tra le speculazioni bachofeniane e la possessione lunare che governa l'attorcersi dell'onda nel grande dipinto. Dentro la barca-letto o conchiglia alla deriva, la donna appare appagata e immersa in un sonno incurante, come se l'eventualità del naufragio non riguardasse la morbida naturalità del suo essere, Invece l'uomo, impotente nocchiero dell'ansia, gli occhi arrossati dall'insonnia e dalla consapevolezza, trattiene la tensione nell'incrocio tormentato delle mani. La notte non offre oblio o riparo alla ragione infelice, e le dimensioni del desiderio e del piacere trascinano alla rovina, senza ancora né approdo: un viaggio abissale che carica di sensi ancor più tragici la vicenda privata di Kokoschka, iscrivendola nei tratti delle due figure, ora che si sta preparando il primo conflitto mondiale. Siamo nel 1914. Dunque ancora un viaggio, ma un viaggio simbolico all'insegna dell'autoannientamento del singolo e dell'umanità.
 

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Oskar Kokoschka, La sposa nel vento, 1914
 

● Guerra, nazismo e viaggi. L'impressionismo drammatico e la visione metapsichica della città

Ne Il cavaliere errante ( 1915 )  Kokoschka eleva la problematica della sua esistenza personale alla parabola della creatura abbandonata alla mercé dell'assurdità della guerra. Con ciò sembra anticipare non solo il grave ferimento subito nel 1915 sul fronte galiziano, ma anche profeticamente la lunga serie dei suoi trasferimenti, che inizieranno dopo il 1923.  Negli anni di convalescenza, scossi da crisi psichiche, nacquero Gli emigranti del 1916-17,  Gli amici del 1917, Katja del 1918 e I pagani del 1918-1919 - tutti quadri che sollecitano appassionatamente la fraternità, appelli scongiuranti che, al caos irrompente, oppongono il «messaggio dell'io al tu»,  come Kokoschka definisce l'Espressionismo. Questi quadri di gruppo mostrano il tipo d'uomo cacciato, che vuole orientarsi in un mondo inospitale, privo quasi di solidità, che produce panico costante.

Durante la prima guerra mondiale, arruolatosi volontario,  resta gravemente ferito nel 1915 e nel 1916.. Viene accolto a Dresda e nel 1919 è professore all'Accademia di questa città, dove avviene una convalescenza difficile anche sotto il profilo psicologico. Lasciata Dresda, per Kokoschka ha inizio una lunga serie di spostamenti che si conclude nel 1934 a Praga dove l'artista rimarrà fino al 1938. Delle molte città visitate in Italia, in diversi paesi europei e nell'Africa settentrionale - è testimonianza una serie di vedute, accomunate dalla ripresa dall'alto e della presenza di diversi punti di vista, caratterizzati da un  istintivo "impressionismo drammatico".

Durante la sua permanenza a Praga, negli anni della guerra civile di Spagna, mentre è salito Hitler al potere in Germania, la sua produzione si apre all'impegno politico. Nel 1937 dipinge Autoritratto dell'artista degenerato per protestare contro l'esposizione di alcuni suoi lavori alla mostra nazista dell'"arte degenerata" e al sequestro di più di quattrocento delle sue opere: mostre in negativo e sequestri che saranno l'abituale strumento della politica culturale del nazismo contro l'arte delle avanguardie. Nel 1938 fugge a Londra, dipingendo negli anni della guerra molte allegorie politiche. La sua vita si protrarrà fino al 1980.
 

CE
Oskar Kokoschka,
Il cavaliere errante, 1915

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Oskar Kokoschka, Gli emigranti, 191& - 1917

Le vedute di città in Kokoschka  sono espressione di momenti importanti della sua esistenza, rivolti alla  rappresentazione di realtà altre, scelte come meta di viaggio o di obbligatori trasferimenti legati a circostanze politiche negative

Dieci anni di nomadismo senza sosta
di cui la pittura registra le tappe, perché adesso, dopo le prime vedute dipinte a Dresda, è il canto delle città del mondo a catturare Kokoschka, l'unico artista capace di rinnovare in età moderna l'esperienza di Canaletto, Guardi e Bellotto.
Gerusalemme, Amsterdam, Madrid, Londra, Amburgo, Lione, Istanbul, Praga:
poco importa di quale città si tratti, ciò che conta è il mutevole insieme di campanili e tetti, ponti e fiumi, montagne e cielo, ciò che conta è il suo organismo attraversato da correnti di energia, è il suo canto che dappertutto si somiglia anche perché in chi lo ascolta si mescola col ricordo di altri luoghi, e perfino con la memoria infantile di un paesaggio troppo grande visto dall'alto del balcone di casa.

E per questo che
Kokoschka dipinge le sue città viste dall'alto e piazza il cavalletto all'ultimo piano dell'albergo o sulla sommità di una torre, o forse è perché l'aveva giurato a se stesso in trincea sotto la pioggia di granate che, se la morte l'avesse risparmiato, avrebbe guardato e dipinto il mondo sempre dall'alto, mai più avrebbe sbirciato la vita come dalla tana di un topo. O forse perché ha in corso una sfida personale con la prospettiva con un solo fuoco visivo, e il panorama dall'alto è la condizione ottimale per una composizione ellittica con due o più punti di fuga, per uno spazio non delimitato dove la linea ha l'andamento libero dello schizzo e si combina più facilmente con il colore, e l'immagine si espande, sconfina e si allarga in una rutilante tessitura, deflagra come nel Barocco, e si svisa come attraverso un obiettivo grandangolare. Sono gli accenti di rosso, che segnano profili e comignoli, o avvampano l'orizzonte, ad avvicinare le distanze e guidare l'occhio, come gradini su cui lo sguardo rimbalza e si appiglia per non smarrirsi nella visione.

Bisogna accostare tre o quattro fotografie, prese dalla stessa posizione in cui Kokoschka dipinse, per ottenere la stessa apertura spaziale: nessuna veduta è dunque la restituzione di un brano di realtà ottica, ne l'immagine di un luogo particolare e irripetibile. Piuttosto è una variante della vastità abitata e del suo fluido vitale, lo scenario instabile e brulicante del destino umano, un ideale paesaggio del mondo come lo erano stati i paesaggi del XVI secolo.
Un paesaggio dove ogni punto contenga un sentimento umano
.

( da E. Di Stefano, Kokoschka, Art e Dossier, n° 123, Giunti, 1997 )



D
Oskar Kokoschka, Dresda, la città nuova, 1922


Oskar Kokoschka, Veduta di Praga da villa Kramàř, 1934



Oskar Kokoschka, Amsterdam, 1923

 



V
Oskar Kokoschka, Bacino di San Marco, 1923

 



Oskar Kokoschka, Il Duomo di Firenze, 1924

 


Oskar Kokoschka, Firenze vista dalla torretta di Mannielli, 1924

 




Oskar Kokoschka, Firenze, le rive dell'Arno, 1924
 

L
Oskar Kokoschka, Vista di Londra, 1938

 

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