La storia
del termine baraggia
"Il termine Baraggia ha origini agronomiche e, da sempre, è stato usato per
indicare i terreni poco fertili, posti su diversi livelli e occupati
da vegetazioni spontanee tipiche della brughiera quali rovi, erica, querce,
ecc.
L’unico mezzo per rendere i terreni utilizzabili dal punto di vista
agronomico, era rappresentato dalla disponibilità costante di
molte acque irrigue; l’irrigazione più di qualsiasi altro mezzo rappresenta,
infatti, lo strumento per neutralizzare l’acidità del terreno, in
particolare, se si tratta di irrigazione per sommersione.
Proprio per queste ragioni, il riso, che richiede nelle tipiche zone
di coltivazione padane la pratica dell’irrigazione per sommersione, la
stessa raccomandata per la bonifica, poteva diventare una delle poche
colture adatte a questi terreni."
La coltivazione del riso venne inizialmente introdotta in via sperimentale,
usando le varietà risicole più adatte alle limitative e difficili condizioni
climatiche: i risultati furono subito incoraggianti dal punto di vista
agronomico, mentre a livello economico le spese di coltivazione non erano
ancora compensate da adeguati ricavi.
L’adozione, nella
zona della Baraggia, del riso quale pianta pioniera bonificante,
ma capace anche di assicurare una produzione,
poteva avere successo solo se
fossero stati attuati grossi interventi di bonifica:
era essenziale assicurare una
costante e notevole
disponibilità di acqua irrigua,
per trasformare le desolate lande incolte in regolari campi coltivati. Era,
inoltre, importante la scelta di varietà adattabili al particolare clima.
"L’irrigazione delle colture è
assicurata, mediante
canalizzazione, dai corsi idrici che scendono dalle Alpi e dalle Prealpi
contribuendo, per il
loro scarso titolo di inquinanti, a favorire un ambiente relativamente
protetto. Il clima
della Baraggia risulta profondamente differente dal clima della tipica
pianura vercellese: si presenta più freddo e più ricco di
precipitazioni piovose rispetto alle altre zone risicole.
http://www.saporidelpiemonte.it/prodotti/vegetali/96.htm |
Caratteristiche
morfologiche e geopedologiche
" La Baraggia è l’area pedemontana che dalle Prealpi, site sotto il
massiccio del monte Rosa, si sviluppa verso il piano a terrazzi o in lieve
graduale declivio, da nord-ovest a sud est. Il
suolo ed il sottosuolo - contrariamente ad altri tipi di brughiera
sabbiosi e con scheletro abbondante, d’origine alluvionale – sono
generalmente compatti, asfittici, deficienti di vita microbica, poveri di
humus. Alcune differenze dividono questa
parte di alta Padania dalla sottostante che è sicuramente più fertile e
umida? Sostanzialmente due: posizione morfologica
rilevata rispetto alla restante campagna e composizione del suolo. Il primo
fattore si evidenzia sottoforma di altopiani, dove manca quasi del tutto la
circolazione idrica superficiale. Il secondo si caratterizza per la presenza
di terreni argillosi, fini e costipati, per nulla fertili.
Questa situazione si ripercuote negativamente sulla flora spontanea,
soprattutto sulle piante, consentendo lo sviluppo solo a erbe e cespugli.
Gli alberi, laddove crescono, rimangono minuti, quasi "nanizzati".
L'incapacità di trattenere acqua negli interstizi
del suolo fa della baraggia un ambiente arido nei mesi estivi, quando per
effetto dell'evaporazione la terra si secca: questo aspetto contribuisce a
selezionare oltremodo la vegetazione.
Inoltre l'uomo nei secoli l'ha sottoposta ad un
trattamento brutale: disboscamenti, pascolamento intensivo e ricorrenti
incendi. Questi, se da un lato hanno inibito la ricostituzione della flora
originaria, dall'altro hanno favorito l'affermarsi di un'associazione, la
brughiera, che ha caratterizzato il paesaggio baraggivo sino ad oggi.
Questa prende il nome dal brugo che è diffuso
nei luoghi più asciutti, mentre nei luoghi più umidi prospera una
graminacea, la molinia che ingiallendo
in autunno dona quell'aspetto suggestivo di savana africana. Indubbiamente è
proprio l'aspetto paesistico che rende unica la baraggia in tutto il Vecchio
Mondo.
La baraggia non è importante solo per la
fruizione, ma anche per la conservazione della natura, poiché ospita specie
animali rare che nel resto della Pianura Padana trovano ormai pochi altri
rifugi naturali, scampati alla "bonifica agraria". Troviamo specie rare tra
i gli insetti e tra gli anfibi, ma la Classe sicuramente più rappresentativa
è quella degli uccelli. In totale sono state osservate sinora 170 specie di
uccelli, con "preziosità" come la cicogna nera, la gru, l'aquila minore e la
Ghiandaia marina."
da
http://www.regione.piemonte.it/parchi/riv_archivio/2002/119ago02/baraggia.htm
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Zona di produzione del riso e
caratteristiche del prodotto
La zona di
produzione dei “Risi Baraggia Biellese e Vercellese” è compresa nel
triangolo tracciato dal fiume Sesia ad est, il torrente Elvo a ovest
sud-ovest e la strada Biella-Cossato-Gattinara a nord nord-ovest. La
risicoltura ha consentito la bonifica delle zone baraggive, portando
innovazione e benessere agli agricoltori locali, migliorandone il reddito e,
quindi, le condizioni ed il tenore di vita.
Sotto il profilo morfologico e fisiologico, le piante di riso, quando
coltivate in Baraggia, assumono un abito vegetativo meno sviluppato rispetto
a quello che la medesima varietà manifesta in altre zone colturali.
Il grano del riso a maturazione assume una superiore compattezza, una
superiore traslucidità, minori dimensioni per volume e per peso, rispetto a
quello di altre zone, per l’identico tipo varietale. Le produzioni di
qualsiasi varietà coltivata non superano il limite di 7,0 t/ha.
Anche a causa della scarsa fertilità del terreno, i risultati produttivi,
normalmente, sono inferiori a quelli ottenibili in situazioni ambientali più
favorevoli e, nel contempo, si consegue il miglioramento della qualità. In
seguito alla cottura, il riso di Baraggia manifesta quasi costantemente una
superiore consistenza del grano rispetto all’omologo prodotto di altre zone
e una minore collosità, a parità di trattamento o di metodologia nella
preparazione dell’alimento.
Le quantità dei fertilizzanti azotati debbono essere commisurate alle
normali ed effettive necessità della coltura, ricavate anche tramite le
analisi chimiche del terreno.
La tecnica di fertilizzazione deve privilegiare l’interramento dei residui
pagliosi di altre colture precedenti e l’impiego di fertilizzanti organici.
E’ escluso l’uso di concimi nitrici e dei composti o formulati fertilizzanti
che contengano metalli pesanti.
Le operazioni di essiccazioni del riso grezzo devono essere eseguite con
mezzi e modalità operative tali da evitare o da ridurre al minimo la
contaminazione degli involucri del grano di riso dagli eventuali residui del
combustibile e da odori estranei.
http://www.saporidelpiemonte.it/prodotti/vegetali/96.htm
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