Il costo dell'acqua e la gestione dei
canali d'irrigazione nell'Ottocento
Se è importante conoscere l’evoluzione della
costruzione della rete di canali che garantirono le acque all’agricoltura
del Vercellese, bisogna, anche, prendere in considerazione gli aspetti
che interessavano più direttamente gli utilizzatori. Bisognava
soprattutto valutare la manutenzione dei canali e la loro portata, il
prezzo da pagare, i tempi e i turni di accesso alle fonti.
L'arrivo dell'acqua per le risaie aveva un costo che i tenutari dovevano pagare. All'inizio
del secolo XVIII, adoperare l'acqua a scopo irriguo costava circa 7
lire per ettaro, somma che subì rapidi quanto continui aumenti sino a
giungere a quasi 8 lire a metà secolo, ed a punte di 9 lire dopo
altri cinquant'anni. Il costo, ad ogni modo, era differente da comune a
comune. A fine Settecento, l'ammortamento medio dell'adduzione dell'acqua
pesava per circa il 4,5 per cento sulle spese annuali.
In aree diverse dal vercellese, dove
l'approvvigionamento idrico era più complesso e la rete di distribuzione
meno capillare, il peso medio dell'ammortamento annuale dell'adduzione
dell'acqua poteva raggiungere anche il 15 per cento delle spese complessive
di conduzione del fondo.
Nell’Ottocento i
termini erano mutati nella nostra area. Infatti durante la prima metà del
XIX secolo viene completata
la rete di distribuzione delle acque che permette una diffusione
totale della risaia e la definitiva impronta risicola dell'agricoltura
locale. Nel 1834 - secondo una statistica governativa - l'incolto vercellese
era diminuito della metà rispetto al '700: e ciò proprio grazie allo
sviluppo della rete irrigua. Aumentati i consumi e la rete da gestire alla
metà del secolo, il controllo e la distribuzione delle acque si trovavano in
una condizione tutt'altro che soddisfacente. Il demanio, tornato
proprietario, sin dal 1820, del Naviglio di Ivrea, aveva ricongiunto in
questo modo tutte le derivazioni della Dora Baltea (il canale del Rotto e
quello di Cigliano, oltre a quello d'Ivrea), ma ne affidava la gestione
ad appaltatori attenti al proprio utile assai più che alle necessità di una
razionale ed equa distribuzione. Tra le iniziative pubbliche merita far
cenno al canale di Asigliano, diramatore del naviglio verso il
Vercellese centrale, che venne realizzato nel 1837, ed ai successivi
canale di Rive (1840), cavo Provana
(1845), cavo Bacone (1847), con il quale vennero irrigate
ulteriormente le terre di Trino oltre che di Tricerro, Costanzana, Asigliano
e Rive.
Con l'intento di aprire nuove canalizzazioni e accentrare la gestione delle
acque, per iniziativa governativa era nata l'Azienda
dei canali piemontesi che manterrà questa denominazione fino alla
nascita del Regno d'Italia.
Nel 1836, re Carlo Alberto
approvò il "Regolamento
per la conservazione dei regi canali d'irrigazione", una normativa
che stabiliva la vigilanza diretta dell'Azienda generale delle finanze che
avrebbe comminato sanzioni in caso di violazione dei regolamenti di
fruizione dell'acqua e di devastazione di canali e delle loro sponde.
L'Azienda assunse custodi ed addetti alla vigilanza, incrementando così una
professione che stava lentamente diventando tradizionale per il vercellese:
l'addetto all'apertura delle
chiuse che vigila anche sull'utilizzo dell'acqua e sulla manutenzione dei
canali.(1)
La maggior parte dei canali era di proprietà
demaniale, ma si stava lentamente affermando un
nuovo diritto di disponibilità delle acque,
rivendicato
giustamente da quelle persone che volevano trasformare le colture delle
terre e migliorarne il rendimento.
Cavour creò un
apposito ufficio per i canali demaniali, spinto proprio dal disordine
esistente nel regime delle acque dopo il periodo della Restaurazione.
L’aumento dei canali aveva determinato una grave difficoltà per il
loro diretto esercizio da parte dello Stato, che aveva fatto sempre più
ricorso all’uso di concedere in appalto ai privati la loro gestione.
Cavour si ritrovò a sperimentare il problema dalle due parti, come
utilizzatore delle acque e come titolare del demanio.
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Il 3 luglio 1853, il governo
di Cavour emanò la legge 1575 che creava l’Associazione
d’Irrigazione dell’Agro all’Ovest del Sesia; essa rappresentò
quasi una rivoluzione nei sistemi di utilizzo delle acque demaniali.
Per migliorare la gestione del nuovo sistema
irriguo vercellese occorreva
trasformare gli utenti in gestori della rete. La gestione diretta dei canali
veniva affidata ai proprietari dei fondi irrigabili con acque demaniali.
La legge del 1853 stabiliva una gestione trentennale, che venne rinnovata,
nel 1880, per altri trent’anni. L’Associazione prese parte, ovviamente, alle
iniziative che promossero la costruzione del Canale di Cavour, ma non tutti
i suoi partecipanti si ritrovarono consenzienti e acquiescenti di fronte
alle vicende che contrassegnarono la vita del grande canale dal 1866 al
1874. La scarsa partecipazione
alle sottoscrizioni delle azioni della
Compagnia
fa trarre chiari segnali. Infatti dagli elenchi
degli azionisti della Compagnia non balzano evidenti, i Vercellesi. Con la
nascita dell'Associazione si accentravano tutte le acque vercellesi in
un'unica, razionale ed equa gestione
formata dai
proprietari riuniti in un Consorzio. E' la prima volta che il
termine Consorzio irriguo compare nel Codice italiano.
All'inizio il Consorzio gestì solo il Naviglio d'Ivrea, il Canale di
Cigliano e il Canale del Rotto. Gli associati pagavano in natura un sesto
del raccolto più ottanta litri di risone non essicato. In seguito si passerà
ad un versamento in danaro. Da questo momento in poi l'azione pubblica e
dell'Associazione Ovest Sesia tenderà a riscattare la maggior quantità
possibile di acque private per aggiungerle alla gestione consortile,
incrementando anche gli utenti.
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Il passaggio alla gestione governativa dei
canali innescò un nuovo periodo
di trattative fra gli agricoltori utilizzatori delle acque e il Governo.
In quegli anni i territori costituenti il Vercellese erano compresi in un
circondario, parte della provincia di Novara, e proprio nell’ambito
dell’amministrazione provinciale furono fatti i primi passi per cercare di
ottenere un nuovo rapporto di gestione per canali che entravano nel
demanio. Anche gli
agricoltori della
Lomellina realizzarono iniziative analoghe. Più concretamente si
portò avanti un progetto per la costituzione di una Associazione per l’Est
Sesia sull’esempio di quella già sperimentata dall’Ovest Sesia.
Quando l’Associazione d’Irrigazione dell’agro
all’Ovest del Sesia rinnovò la sua convenzione nel 1880, sembrò giunto il
momento per sistemare anche l’altra parte dei territori al di là del Sesia,
ma le condizioni poste dai promotori furono considerate inaccettabili dal
Governo. Nuove speranze nacquero agli inizi del Novecento e nel 1910, quando
il deputato lomellino
Eugenio Bergamasco entrò a far parte del
governo; ma anche queste vennero meno, perché lo scoppio della prima
guerra mondiale interruppe qualunque iniziativa volta alla realizzazione
dell'Associazione.
Nel 1922, per opera
principalmente dell'ingegnere novarese Giuseppe Garanzini,
venne costituita l’“Associazione Irrigazione Est Sesia”,
dapprima come Società anonima cooperativa e, dal 1926, come
Consorzio irriguo, che venne riconosciuto nell’anno successivo come
Consorzio obbligatorio di tutti gli utenti di acque demaniali a scopo
irriguo nell’intero comprensorio Est Sesia. Nel 1929
l’Associazione Irrigazione Est Sesia ottenne, in regolare concessione
trentennale, la gestione dei canali e delle acque demaniali del proprio
comprensorio, tale concessione venne poi rinnovata nel 1957,
con due anni di anticipo, per un altro trentennio e completata con il
trasferimento alla gestione consortile (1973) anche delle
aste principali del canale Cavour e del canale
Regina Elena, rimaste fino ad allora in gestione al
Ministero delle Finanze.
La superficie territoriale
del comprensorio Est Sesia è di circa 210.000 ettari, di
cui: 82.000 ettari in provincia di Novara (Piemonte); 5.000
ettari in provincia di Vercelli (Piemonte); 123.000
ettari in provincia di Pavia (Lombardia)
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II Consorzio Ovest Sesia-Baraggia
Alla fine del 2000, l'Associazione
Ovest-Sesia e il Consorzio Baraggia si
sono fusi nel Consorzio
d'irrigazione Ovest
Sesia-
Baraggia per dare vita ad una nuova azienda che non si pone
soltanto l'obiettivo di fornire il servizio irriguo: questa realtà del
Vercellese e del Biellese gestisce l'irrigazione di ben 120.000 ettari
con un'utenza di 12.500 aziende agricole consorziate, ma guarda al futuro
gettandosi sul mercato
dei servizi idrici e in quello della produzione idroelettrica.
Il
Consorzio recupera antichi mulini ed opifici ormai in disuso per produrre
energia idroelettrica sfruttando i salti d'acqua dei canali; si tratta di
impianti di potenza dell'ordine di centinaia di kilowatt. Con i
12 mila km. di sviluppo della rete irrigua e i 250 addetti alle manovre
idrauliche e alla sorveglianza dei canali, il Consorzio si
trasformerà in erogatore di servizi
idrici integrali: dalla gestione
di acquedotti a quella di reti
fognarie, fino alla depurazione della acque. ( 2 )
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