LVII A tanto si chiama la reina
Governale e Braguina, perché vede che quegli due sono riponitori dell'oro
e dell'argento e dele gioie. E dice loro: «Tenete questi due fiaschi
d'argento, che sono pieni di beveraggio d'amore, e guardategli bene; e
quand'e’ si coricherà lo re Marco con madonna Isaotta la prima sera e voi
si darete loro bere, e quello che rimarrae sì gittate via ». Ed
eglino dissero che bene lo faranno".
A tanto si parte Tristano ed hanno buono
tempo. E istando uno giorno e' giucavano a scacchi, e non pensava l'uno
dell'altro altro che tutto onore e già il loro cuore non si pensava
follia neuna di folle amore. E avendo giucato insieme due giuochi ed
ierano sopra lo terzo giuoco ed iera grande caldo, e Tristano disse a
Governale: « E' mi fae Il grande sete ». Allora andò Governale e Braguina
per dare bere e presero li fiaschi del beveraggio amoroso, non
conoscendogli che fossero cosie. Allora lavò Governale una coppa e
Braguina mesceo cola coppa e Governale diede bere imprima a messer
Tristano, e Tristano la beve bene piena la coppa, imperciò che gli facea
bene sete, e l'altra coppa si empieo e diedela a madonna Isotta. Ed
ella iscoloe la coppa in terra ed allora si la lecoe una cagnuola per la
grande sete ch'avea. Adesso cambioe Tristano lo suo coraggio e non fue
più in quello senno ch'egli era da prima, e madonna Isotta sì fece lo
somigliante; e cominciano a pensare ed a guardare l'uno l'altro. Anzi
che compiessero quello giuoco, sì si levarono ed andarosine ambodue
disotto in una camera, e quivi incominciano quello giuoco insieme che in
tutta loro vita lo giucarono volontieri. Or, si n'andiede Governale e
Braguina che aviano dato lo beveraggio amoroso a messer Tristano e a
madonna Isaotta, ed allora sì si tenero molto incolpati. E tanto sì
si venne ala nave cambiando il tempo per grande fortuna ed è mistiere che
facciano altra via e per forza di tempo". Ed allora si racomandano a Dio
ed ali suoi santi, che gli debiano aiutare. Ed allora si piangono li
marenai tutti quanti. E al quarto giorno che cominciò la fortuna se
furono arrivati all'isola de' Gioganti. E Tristano dice ali mastri
marinai: “Ove siemo noi arrivati?” E li marinai dicono: «In male luogo:
noi sì siemo arivati all'isola deli Gioganti, che qualunque cavaliere o
straniero alcuno ci ariva si è sempremai pregione”.
LVIII.
A tanto si vennero XII cavalieri al porto e dicono: «Venite in terra, che
voi siete tutti pregioni”. Ed allora incominciano tutti a piangere, e
madonna Isotta piange e dice: ",Oi lassa me, Tristano hami tu menata di
mia terra a dovere essere pregionessa? " . A
tanto dice Tristano: «Madonna Isotta, io non vi verròe meno e sì vi dico
ch’io ch'io combatterò d'infino a tanto ch'io avroe dela vita in su questa
nave e dappoi ch’io non potroe più, Dio vi consiglierae ».
Ancora dice madonna Isotta a Tristano: «Or morremo noi in cotale
maniera?». E Tristano dice: «Madonna, io non soe
ch’io altro vi ne possa dire, se non la spada in pugno non vi verroe meno».
A tanto si prendono consiglio che in pregione avranno alcuno rimedio,
meglio che lasciarsi tutti uccidere in tale modo. A tanto sì s'arrendono
tutti a pregioni e sono messi presso al porto nel castello di Proro. E
madonna Isaotta si appiattoe la spada di Tristano sottosi e tutte l'altre
cose fuorono loro tolte. E sono intrati dentro al'antiporto dele mura
delo castello e furono tutti messi dentro, e tegnono mente per la pregione,
ch’iera in mezzo del castello, e veracemente pare loro pessima e ria', si
come pregione che chi vi sarae messo non n’uscirae mai né vivo né morto.
La notte istando là entro e l'altro giorno, passano quella notte con
grande doglia, tale come avere potìano. Al matino si vennero
due cavalieri a sapere, come istéssero li pregioni. A tanto si
mette innanzi Tristano e dice ali due cavalieri: « Dovemo noi istare qua
dentro sempremai? Potremone noi a termine alcuno uscire o per alcuna
aventura? » ". E li cavalieri dissero: « Sìe in tale maniera, che qui
tra voi avesse uno tale cavaliere - lo quale non mi pare vedere quie -
ch'egli fossero forte che per sua prodezza vincesse lo nostro segnore; e
poi fosse la sua donna più bella che la nostra donna». Allora
Tristano disse: «Qua entro ha uno che arrischierebbe bene la sua persona
con quella del vostro segnore, e si dice che ci hae donna che è più bella
che la vostra donna».
Allora disse Tristano a madonna Isotta:
«Venite avanti». E mostrala al cavaliere e disse: «Che vi pare dela
donna?». E li cavalieri dissero dela donna: «Bene si puote passare». E
Tristano disse: «E io combatteroe col vostro segnore per diliveramento
di me e di miei compagni». E li cavalieri dissero: «E come è? ché al
mondo non è uomo che col nostro segnore istesse fermo a battaglia salvo
Lancialotto». E' Tristano disse: «Io per me non vieterei bataglia a
Lancialotto. E ora si m'avete fatto dire una grande villania». E allora
si fue messo" Tristano e madonna Isotta in uno palagio e fue fatto loro
agio.
Allora sì n'andonno li cavalieri
al signore dell'isola e dissero: «Blanor, a te si conviene di mantenere
nostro usato, ché tra li pregioni che noi prendemmo ieri si ha uno
cavaliere che vuole combattere al'usanza dell'isola». E Blanor si
disse: «Anche per me la vostra usanza non fosse fatta, io vi dico ch'io
per me la voglio mantenere a tutto il mio podere ». E li cavalieri
dissero: « Depardio, al matino al suono del corno si sarete fuori delo
castello co vostra dama». A tanto si partono li cavalieri e danno a
Tristano tutta sua arme salvo la spada ch'egli avea, che l'apiattoe
madonna Isotta. Al matino or vengono Tristano e madonna Isotta al campo,
e lo corno sì suona e esce fuori Blanor e la sua dama. Lo conto si dice
che la donna di Blanore si era grande e bella, sì come donna ch'iera
tratta e ritraea da giogante, ma non si potea aparegiare ale bellezze di
madonna Isotta. E la moglie di Blanor si diventoe tutta palida di
paura. Sì che data fue la sentenzia che madonna Isotta iera più bella.
Ed a tanto istando ambodue le donne allato, e la battaglia sì si
incomincioe tra li due cavalieri. Or si danno del campo, Blanor, il sire
dela lontana isola e padre del buono Galeotto lo Bruno e Tristano.
Allora sì si vegnono a fedire insieme dele lancie sopra le targielg ed
istringosi insieme e sono a petto a petto co' loro civagli, e li
cavalieri sono visaggio contra visaggio e sono sì duramente serrati
insieme, che li cavagli e li cavalieri sono caduti in due monti. Allora si
rilevano, intrambi li cavalieri con loro targie in braccio e cole ispade
in mano, e cominciano lo primo assalto, sì duramente che ciascheduno si ne
fae grande maraviglia di Tristano, sì promente e sì bene la fae, ché
Blanor sì è vie maggiore di lui bene uno grande gomito e segnoreggia
Tristano assai, sì come uomo ch'è vie maggiore di lui. Ma Tristano sì
come cavaliere ch'iera savio combattitore, la fae si bene che ciascheduno
si riposa volentieri del' primo assalto, per prendere buona lena e forza.
Ma ciascheduno si si fae grande maraviglia di Tristano, quand'egli si
puote reggere con Blanor. Or si si rilevano li cavalieri e
ricominciano lo secondo assalto, e quando sono riposati sì si rilevano e
cominciano lo terzo assalto, si forte e si duro che molte maglie d'asberghi'
vanno per terra, e madonna Isotta sì cambia lo suo viso in palido, si
com'ella vede cambiare. la battaglia"'. Ma qui dice lo conto di Tristano,
ch'egli è savio combattitore ed è di grande durata; e dappoi sì viene
menando' Blanor a destra ed a sinestra.
E Tristano conosce bene ch'egli hae lo meglio dela
battaglia ed hae dato uno colpo a Blanor sopra l'elmo, si che Blanor non
potea sofferire lo colpo: lasciasi cadere in terra rivescione sì come
cavaliere ch'avea perduto molto sangue. E Tristano sì gli disse
allora: «E com'è, compagnone? e non combatteremo noi più?». E Blanor
disse di non, «imperciò ch'io sono molto presso ala morte». E a tanto non
parlano più, imperciò ch'a Blanor sì gli è uscito lo fiato di corpo ed è
passato.
Tratto dal Tristano della
Biblioteca Riccardiana di Firenze ( manoscritto della fine del XIII secolo
)
inserito nel volume Baldi, Giusso, Razetti, Zaccaria, Dal testo alla
storia dalla storia al testo, Vol I/1, Paravia.