Edward Hopper: l'inessenziale
realtà urbana
ove si consumano anonime solitudini
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Hopper rappresentò
ripetutamente, nei suoi dipinti, le diverse ore del giorno, mettendo in
evidenza gli effetti della luce in vari contesti umani. In questo
utilizzo del tempo come espressione e riflesso di umori e stati d’animo,
Hopper si ispirò probabilmente alla letteratura simbolista francese (
Baudelaire,
Rimbaud, Verlaine). Il maggiore fascino appartiene, ovviamente, alla
notte, che diviene simbolo della solitudine delle grandi città. I falchi
notturni non sono altro che i frequentatori nottambuli dei bar o dei
ristoranti metropolitani, come in un racconto di
Hemingway o come
quello che realmente si trovava a New York, a Greenwich Avenue, all’incrocio
fra due strade. La coppia seduta al bancone è l’elemento principale della
scena insieme al barman, cui fa da contraltare cromatico e luministico il
cliente isolato, seduto di spalle. I colori sono netti e abbaglianti, senza
ombreggiature o sfumature, le geometrie e i piani dell’ambiente lineari,
dritti, quasi astratti. Inconsciamente, forse, ho dipinto la solitudine di
una grande città, affermava, ma era sedotto, in realtà, da quel magico gioco
di colori e di piani sotto la fredda luce artificiale che inonda il locale.
Gli individui sono presenti nel dipinto in quanto semplice materia immersa
nell’ombra e nella luce. Al suo apparire, il quadro ispirò diversi poeti
americani, innamoratisi di quella poesia del silenzio. |
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Hopper soffermò spesso la sua attenzione sulla rappresentazione della coppia e sull’interazione emozionale o l’assenza di questa tra due figure. Qui l’uomo legge il suo giornale mentre la donna, girata indifferentemente dal lato opposto, suona qualche tasto del pianoforte. L’osservatore, che assiste alla scena attraverso la finestra aperta, assume il ruolo del voyeur che spia dall’esterno, senza essere visto. L’assenza di comunicazione e la mancanza di azione tra i due personaggi creano un senso di astratta solitudine e di sospensione silenziosa, accresciute dal contrasto luministico tra il buio dell’esterno e la luce artificiale della stanza e dall’essenza geometrica e fredda della scena. Si intuisce che la pittura di Hopper è interessata alla vita di ogni giorno, all’esistenza dei singoli esseri, alle loro storie e all’universale fragilità degli individui. Non sembrerebbe esserci, come parte della critica ha voluto vedere, un intento di denuncia dello squallore e della desolazione dell’America. http://www.babelearte.it/tipomuseo.asp?arid=401&quadroid=1587 |
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