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Van Gogh. Da Parigi ad Arles, la sede sognata del consorzio artistico con Gaugin, connotata  dall'espressività luminosa dei colori

● A Parigi a contatto con Seurat e Signac

Vincent Van Gogh, olandese di origine, dopo una tormentata esperienza giovanile di predicatore, che lo porta a condividere l'esistenza di contadini e minatori ed una prima fase pittorica improntata ad un realismo cupo ( soggiorni in Belgio nel Borinage ed in Inghilterra a Ramsgate, distretto minerario presso Londra) nel 1886 è a Parigi presso il fratello Theo. Fa amicizia con Paul_Gauguin, con il quale (1887) costituisce, insieme a Henri de Toulouse-Lautrec e ad Emile Bernard, il gruppo cosiddetto dei Pittori del Petite-Boulevard,  In questa fase è influenzato dal puntinismo di Seurat e Signac, come si nota dai due quadri di soggetto parigino Boulevard de Clichy e Vista di Parigi in Rue Lepic
( 1887 ).
 





Vincent Van Gogh , Boulevard de Clichy, 1886
 

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Vincent Van Gogh , Vista di Parigi in Rue Lepic, 1887
 

L'approdo ad Arles

Dopo un periodo difficile sotto il profilo psicologico ed artistico, Van Gogh decide di trasferirsi ad Arles n Provenza, dove acquista una casa e dove dipingerà la maggior parte delle sue opere. Lo raggiungerà per un breve periodo l'amico Gauguin. Tuttavia il sodalizio artistico sperato si risolve in un insuccesso. Appena Gaugin riparte Vincent è preso da un forte sconforto. Iniziano per lui a manifestarsi i primi segni di  disagio esistenziale e di depressione, che sfoceranno nel suicidio del 1890.
 

“La mia casa qui è dipinta all'esterno di un giallo burro e ha le imposte verdi. Si trova in pieno sole in una piazza sulla quale si affaccia anche un parco di platani oleandri e acacie”.
 

La casa gialla fu realizzato ad Arles nel settembre del 1888, quando Van Gogh attendeva l'arrivo di Gauguin, immaginando l'inizio di una fertile collaborazione artistica. La casa gialla ritrae un gruppo di case, la strada, qualche albero, sul fondo il ponte della ferrovia; mentre sottili profili di persone animano il paesaggio. Con pochi tratti la sensibilità di Van Gogh riesce a farci immaginare la vita del piccolo paese della Provenza. La veduta è bidimensionale; l'artista prova a superare la prospettiva, cercando la piattezza decorativa tipica delle stampe giapponesi, che tanto ammirava. Esse sono evocate anche nelle nette campiture di colore,  steso con pennellate in forma di virgole piatte e allungate, orizzontali e verticali.

Ma ciò che colpisce immediatamente nell'opera è il prevalere di due tonalità: il giallo degli edifici e della strada, l'azzurro profondo del cielo. Van Gogh utilizza gradazioni intense e brillanti per riprodurre sulla tela la luminosità del paesaggio mediterraneo, che lo aveva affascinato appena giunto nel Sud. Il giallo oro del sole, l'azzurro brillante del cielo queste sono le tonalità pittoriche che conquistano la sua tavolozza nel soggiorno provenzale..

Ma nella intensità dei colori non c'è solo un intento naturalistico, il desiderio di riprodurre fedelmente le  atmosfere limpide della Provenza. Van Gogh utilizza il colore in modo diverso da come lo avevano usato gli impressionisti: non più come strumento per trascrivere sulla tela “un’impressione” e riprodurre l’oggettività di una veduta; il colore assume per Van Gogh una profonda valenza espressiva, diventando il tramite con il quale esprimere sentimenti ed emozioni. Il giallo è per lui il colore dell'amicizia, il colore della luce e della speranza, solare e positivo. La casa gialla è la casa sulla quale aveva costruito tutti i suoi sogni, che avrebbe dovuto ospitare l’amico Gauguin e la comunità di pittori in cui Vincent sentiva di credere fino in fondo.

Segue di soli pochi giorni la realizzazione della Caffè di notte, opera che già offre molto spazio al cielo stellato.  Van Gogh pone la sua attenzione soprattutto sulle luci a gas dei lampioni e sul loro modo di “poggiarsi” sulle cose; l'ampia zona resa con calde tonalità gialle indica lo spazio di relazione del caffè popolato di avventori. Immerso nel buio il fondo della strada, mentre l'altra fonte di luce viene dal cielo. All'artificialità dell'illuminazione di strade e locali viene contrapposto lo scintillare delle stelle, come al solito enfatizzato dai globi iridescenti che espandono il loro chiarore sulla superficie blu oscura, attraversandola con orbite chiare di struggente trasparenza.
Il contrasto delle due aree cromatiche ( il giallo della luce ed il blu-notte del cielo stellato ) fanno intuire una polarità emozionale intensa, ondeggiante tra l'accesa intensità del mondo naturale e l'attraente ma effimero chiarore degli edifici.

"Caffè di notte è un'opera dove si adempie pienamente una sua celebre enunciazione: "Ho cercato di esprimere col rosso e col verde le terribili passioni degli uomini." Eppure anche in un quadro come questo vi è qualcosa di sottile, qualcosa che. tiene il dramma come sotto una pellicola trasparente di "gaiezza giapponese": ma fino a quando resisterà tale pellicola?
"Ho cercato di esprimere," racconterà a Théo, "come il caffè sia un luogo dove ci si può rovinare diventare folli, commettere un delitto. Infine io ho cercato con dei contrasti di rosa tenero, di rosso sangue e feccia di vino, di dolci verdi Luigi XV e Veronese, in contrasto coi verdi-gialli e i duri verdi-blu, e tutto ciò in un'atmosfera di fornace infernale e di pallido zolfo, d'esprimere qualcosa come la potenza tenebrosa di uno scannatoio."

Leggendo queste righe non si può credere che Van Gogh, anche nei suoi momenti di maggiore tensione, abbia perso la coscienza stilistica dei suoi modi figurativi. E esaminando i quadri ogni dubbio ha ancora minore possibilità d'esistere "

( da De Micheli, Idee di storie di artisti, Feltrinelli, 1981, pp.139-140 )







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Vincent Van Gogh , La casa gialla, 1888

 


V. Van Gogh , Caffè di notte ( Esterno di caffè in Piazza
del foro ad Arles la sera),  1888
 

L'approdo della notte e lo sfolgorare della luce solare


"....Immobile giaceva la notte, irrigidita nelle sue forme vicine e lontane, rinchiusa in questo spazio, rinchiusa entro spazi sempre più vasti, protesa dall'immediatezza del mondo sensibile verso altre, successive immediatezze, al di là dei monti e dei mari, distesa in un fluttuare perenne fino alle irraggiungibili cupole del sogno; ma questo fluttuare che scaturiva dal cuore e si perdeva come una marea sino ai confini della cupola per ritornare nella dimora del cuore, in sé accoglieva, onda per onda, la nostalgia, dissolvendo la stessa nostalgia della nostalgia, fermando la materna cuna del suo originario principio, la materna cuna delle stelle che oscillava nel crepuscolo; e intorno alla notte guizzavano gli oscuri fulmini del basso, i chiari fulmini dell'alto, dividendola in luce e tenebre, in nerezza e biancore, due colori la nube, due forme l'origine, afosa, soffocante, senza suono, senza spazio, senza tempo — oh, spalancato antro del didentro e del di fuori, oh, grande migrare della terra! cosi si fendeva la notte e si schiantava il sonno dell'essere; travolti il crepuscolo e la poesia, travolto il loro regno, infrante le pareti dell'eco del sogno, e derisa dalle mute voci del ricordo, gravata dalla colpa e infranta nelle sue speranze, sommersa dalla rapina dei flutti, si inabissava la vita, si inabissava con la sua troppo grande attesa, nel mero nulla. Era ormai troppo tardi, c'era ancor solo la fuga, la nave era pronta, l'ancora era stata salpata; era troppo tardi.
Egli attendeva ancora, attendeva che si annunciasse ancora una volta la notte, che gli sussurrasse parole ultime, parole di conforto, che ancora una volta ridestasse in lui con il suo bisbiglio la nostalgia. A stento si poteva ancora chiamare speranza, ma piuttosto speranza della speranza, a stento si poteva chiamare fuga dinanzi all'eterno, ma piuttosto fuga dinanzi alla fuga. Non c'era più tempo o desiderio o speranza, né per la vita né per la morte;
non c'era più notte. Né c'era più un'attesa, forse impazienza che attendeva impazienza."

( da Herman Broch, La morte di Virgilio, 1958 )

"... Guardare le stelle mi fa sempre sognare, così come lo fanno i puntini neri che rappresentano le città e villaggi su una cartina. Perché, mi chiedo, i puntini luminosi del cielo non possono essere accessibili come quelli sulla cartina della Francia? Come prendiamo il treno per andare a Tarascona o a Rouen, così prendiamo la morte per raggiungere le stelle.  ..."

( da V. Van Gogh, Lettere a Theo )
 


"La solarità del Mezzogiorno agisce su di me come un vino che va alla testa (... )
Lavoro anche in pieno mezzogiorno, in pieno sole, senza nessuna ombra, nei campi di grano, e ne gioisco come una cicala."

Il lavoro che Van Gogh porta a termine nei primi mesi del suo soggiorno, dal marzo all'agosto 1888, è davvero enorme: i frutteti in fiore, la serie del ponte dell'Anglois, le barche e il mare di Saintes-Maries, i campi di grano, i girasoli, i paesaggi di Arles.
A confermare in Van Gogh la fondamentale valenza emotiva  del giallo  ( e per contrasto del blu ) si possono esaminare altre due opere  realizzate di quel periodo ( I falciatori: in lontananza Arles  e Notte stellata sul Rodano ). Emerge in entrambi i dipinti la una prevalenza cromatica ben precisa. La città rimane sullo sfondo come referente delle relazioni umane, ma a dominare la scena è la sorprendente intensità della natura: il giallo del grano maturo e della luce gloriosa del sole, il blu del cielo notturno solcato dai globi iridescenti, magicamente vitali delle stelle.

"[...] Sto lavorando su sette tele da 30 ... e per ultimo a uno studio del Rodano, della città illuminata dai lampioni a gas riflessi nel fiume blu. In alto il cielo stellato con il Gran Carro, un luccichio di rosa e verde sul campo blu cobalto del cielo stellato, laddove le luci della città e i suoi crudeli riflessi sono oro rosso e verde bronzeo. [...]"  (Lettera 553b)

 

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V. Van Gogh, I falciatori: in lontananza Arles,  1888

 


V. Van Gogh, Notte stellata sul Rodano,  1888

 

 

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