I capricci e la finzione della scenografia urbana: Venezia "civitas metaphisica"
La metā del Settecento č senza dubbio un periodo
importante per la progressiva autonomia dello scenario urbano
nell'immaginario artistico. L'illuminismo con la sua sete di razionalitā
inaugurerā il genere del vedutismo,
all'interno del quale il paesaggio urbano costituirā soggetto autonomo di
rappresentazione quasi documentaria e non pių semplice sfondo per
ambientare altri generi pittorici di carattere storico, celebrativo o
antiquario. Naturalmente l'evoluzione non avviene tutta d'un tratto ed č
preceduta dalla larga produzione di capricci, che fungeranno spesso
anche da fondali scenografici per opere teatrali. Esaminando
l'evoluzione di questo genere scopriremo anche le origini del vedutismo
settecentesco.
Č necessario distinguere fra
quadri di rovine,
nei quali l'artista raffigurava resti di monumenti antichi come
testimonianza di una civiltā passata, e il
capriccio con rovine,
dove il rudere assumeva un valore simbolico di caducitā, legato al
ricordo nostalgico di un tempo irrecuperabile.
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Giovanni Paolo Pannini (1691-1765) Figure tra un capriccio di rovine |
Giovanni Ghisolfi ( 1632-1683 ), Figure tra le rovine classiche |
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Altre
volte il capriccio viene
composto con edifėci moderni estratti da diversi contesti urbani:
č il caso di alcune singolari composizioni del
Canaletto,
come il celebre Capriccio palladiano
(
1742 - 1744 ) che raccoglie in un'impossibile veduta veneziana alcune
famose costruzioni del Palladio.
Il Canaletto
e, con particolare intensitā poetica,
Francesco Guardi si
dedicarono a un'altra versione del capriccio: quella, giā inaugurata da
Marco Ricci, del
paesaggio di fantasia arricchito da elementi
rustici e pittoreschi |
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"... Si dicono capricci le idee che [... ] si manifestano lontane dal modo ordinario" ( Cesare Ripa, 1583 ). Guardi lascia trasparire nella realizzazione di questo genere un sentimento solo in lui č documentato con tale seduzione: la decadenza di Venezia. I suoi "Capricci" visualizzano qualcosa che va al di lā di un pittoresco e stupefacente "theatrum mortis" spensierato. Non alternano facoltativamente architetture fantastiche a scenografie: sono "capricci lagunari". Compendiano il carattere vetusto di Venezia, la malinconia della caducitā, del marcio e del fatiscente, il senso della corrosione, il morso del tempo e delle intemperie, il lutto e la solitudine, il silenzio morto e il vuoto della laguna, fino a reificare questo complesso di sensazioni in visioni oniriche appagate, ma vibranti di pulsazioni demoniache. (Eduard Hüttinger, articolo per la mostra Guardi:Vedute Capricci Feste - http://www.cini.it/fondazione/07.manifestazioni/mostre/57guardi2/intro.html)
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Nei disegni del figlio di Francesco, Giacomo Guardi (1764-1835), e nei pochi dipinti a lui attribuibili, l"altra Venezia", ormai saccheggiata e degradata a cittā di provincia, diviene definitivamente un luogo "svuotato" e irreale, quinta spettrale.
(Eduard
Hüttinger,
articolo per la
mostra
Guardi:Vedute Capricci Feste
-
http://www.cini.it/fondazione/07.manifestazioni/mostre/57guardi2/intro.html) |
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