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Inettitudine, noia, indifferenza, senilità come dimensioni esistenziali e come potenzialità artistiche ed espressiva.
3) Inettitudine come apatia e indifferenza ai valori borghesi. L'Oblomov di Goncharov. 4) Inettitudine come distacco autoironico dalla vita. I colloqui di Guido Gozzano L'analisi
di questa voce tematica è condotta in due pagine distinte. Nella
prima si analizzano le aree semantiche che si collegano con il lemma
centrale, individuando - su un piano più strettamente linguistico
- i significati che ruotano attorno a questo termine. Essi sono
arricchiti dalle aperture e dalle analogie lessicali suggerite
dai testi letterari esaminati durante l'anno scolastico. Nel percorso
tematico invece si tenterà di ripercorrere sul piano
storico l'evoluzione del concetto, nel suo vario modularsi nell'
immaginario letterario in composizioni poetiche e narrative, in
vicende e personaggi, in situazioni artistiche ed esiti
espressivi. |
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Quattro polarità - agli
angoli della mappa – divengono quasi punti d’approdo estremi
per l’inetto a vivere o piuttosto margini connotanti, esiti
patologici,
assoluti oppure ancora ancore di salvezza del tutto
particolari, tipizzanti questa condizione, quasi tese a valorizzarla. A sinistra troviamo due derive
estreme della psiche e del corpo, che si accompagnano
entrambe all’idea della rinuncia e dell’abbandono. La morte
come momento decisivo dell’assenza, dell’abbandono
definitivo dell’essere. La follia
come deriva della razionalità,
problematicità irrisolta delle relazioni, incomunicabilità ed
alienazione, scacco o fuga dal reale nell’incapacità a
vivere formalismi vuoti ed insignificanti. A destra troviamo l’inconscio
che emerge dalla memoria involontaria,
spesso attivata dallo scavo interiore e dalla continua
auscultazione-interrogazione dell’io e soprattutto la coppia lettura / scrittura attività
predilette dall’inetto a vivere, che preferisce decostruire e
ricostruire significati della realtà, traendoli dalle narrazioni e
dai discorsi, dalle riflessioni e dai pensieri piuttosto che dalle
esperienze. L’abbandono al sogno, al vagheggiamento
dell’infinito, alle illusioni, alle suggestioni
della natura – interlocutrice muta ma anche seduttiva –
colgono l’aspetto romantico dell’anima che si lascia
attraversare dal piacere estetico, dal senso del sublime
e del patetico. E’ forse questa una forma di inettitudine
al vivere ma non certo al sentire? Tale abbandono è spesso
interpretabile come interruzione temporanea dell’azione, come ricerca
di un rifugio per l’io, pronto a rinascere all’esperienza ed a
nutrire di nuovo la sua volontà, volgendola ad alti ideali, cui
approdare. Nell’animo romantico c’è
anche un che di energico, di investigante, che riguarda il
destino ultimo degli esseri e le domande di senso della vita.
L’inettitudine-incapacità a vivere si trasforma nel nobilissimo
sentimento della noia, che è proiezione continua al di là dei
limiti del conoscibile e dell’oggettivo e poi accettazione
coraggiosa e nichilista che rifugge l’illusione fatua
della felicità. Questo debito pagato alla ragione orienta la
categoria concettuale dell’inettitudine a cogliere pessimisticamente
la negatività del vivere, oppure a vivere emozionalmente
tutta l’angoscia gridata della chiusura nello spazio
ristretto e invalicabile dell’io: diventa spleen. Nel decadentismo inettitudine
diviene definitivamente chiusura e valorizzazione dell’io,
mentre all’esterno dominano interessi concreti e bassi. Il
privilegio e il dramma della solitudine è comunque lo spazio
privilegiato della creazione artistica. Inettitudine significa spesso riduzione
volontaria di ambiti di indagine e di esperienza, privilegiamento
di prospettive, di contesti significativi, ma anche ossessioni,
traumi incalzanti e paralizzanti che pure alimentano l’arte
prediletta della parola…surrogato alla vita. Emerge tutta una
gamma di connotazioni e giustificazione di tali atteggiamenti
riduttivi: la parola poetica è trastullo, voce di fanciullino,
consolazione, rifugio, colloquio, divertimento, intenerimento,
…distacco, ironia, divina indifferenza.
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