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Le città italiane nell'Ottocento: la Milano di Angelo Inganni


Angelo Inganni, La facciata del Teatro alla Scala, 1852
 


Il quadro, dipinto dal vedutista lombardo Angelo Inganni, mostra il Teatro della Scala quando non era ancora stata aperta la piazza antistante. E' un documento della vivace vita di relazione che animava la città lombarda nell'Ottocento. Giuseppe Verdi, aveva esordito alla Scala con la sua prima opera Oberto Conte di San Bonifacio  il 17 novembre 1839. Il 9 marzo 1842 il Nabucco, simbolo dello spirito patriottico ed eroico del Risorgimento italiano, riscuote un successo strepitoso. L'operoso dinamismo culturale della borghesia lombarda - ben evidenziato dall'opera di Manzoni e dagli ideologi del Conciliatore - si esprime anche nel vedutismo dell'Inganni, che pure  fu al servizio del Maresciallo Radetzky, e celebrò il suo successo con importanti commissioni reali e attraverso la multiforme produzione per le collezioni di nobili e benestanti lombardi.

 

C'è parecchia attenzione ai popolo minuto ( gli ottentotti di Berchet ) ed ai suoi piccoli traffici in questo ed in altri quadri dell'Inganni. "Le genti meccaniche e di piccioì affare" di Manzoni, il "popolo" del romantico Berchet si possono riconoscere in tale realistica rappresentazione. L'opera è una chiara testimonianza della fine della soggezione al perdurante Neoclassicismo, mediante l'accostamento alla storia della piccola borghesia, con l'amore per le strade, gli angoli, le architetture della società lombarda. I quadri dell'Inganni, saccheggiati dagli autori di stampe, sembrano scenografie di piccoli teatri. Il pittore in effetti fu anche scenografo. Sono gli anni in cui Milano passa dalla temperie del "Conciliatore" all'amore per la scienza del "Politecnico" di Cattaneo.

 


Angelo Inganni, Piazza Mercanti, 1850
 




Angelo Inganni, Piazza Loggia sotto la neve, 1879

 


Giuseppe Canella,  La corsia dei Servi,  1834

Gli sviluppi della rappresentazione della città di Milano nell'Ottocento si hanno soprattutto nell'ambito della Scapigliatura. Giuseppe Mentessi (Ferrara 1857 - Milano 1931),  fu, con Pellizza da Volpedo, Longoni e Morbelli, esponente di punta del gruppo di pittori che si fecero sostenitori di un'arte socialmente impegnata. Fu Gaetano Previati a  introdurlo nell'ambiente progressista e bohémien della scapigliatura milanese. Partecipe degli ideali socialisti di Filippo Turati, l'artista non dimenticò mai le sue umili origini e concepì l'esercizio e l'insegnamento dell'arte come missione al servizio dell'umanità. In questo senso, la pittura elegiaca e sempre vicina agli umili di Mentessi, il suo "inno all'amore, al dolore, alla pietà" lo distanzia dal contemporaneo Giovanni Boldini, con il quale pure condivide una certa pennellata incisiva e tesa a cogliere il dinamismo degli spazi aperti delle grandi città.
Pur briosi di tocco e di colore; ispirati alla «Paris qui bouge» di De Nittis, non superano l'illustrazione di gusto le tavole di Giuseppe Solenghi, che mostrano il traffico milanese dopo una nevicata.
 


Giuseppe Mentessi, Piazza del Duomo di domenica, 1885-1890 ca


Giuseppe Solenghi, Traffico milanese dopo la nevicata ( fine '800)


 

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