Dal vedutismo settecentesco alle immagini romane di Camille Corot
● Il mito di Roma e la vasta committenza per il nuovo genere delle vedute Soggetto della
pittura di vedute è la
rappresentazione di prospettive e complessi monumentali e architettonici
della città. A Roma
questo genere pittorico ebbe largo sviluppo già nel corso del Seicento anche
per effetto della committenza papale che ordinava affreschi e dipinti
che illustrassero la gloria della città e le sue magnificenze artistiche. Ma
il genere aveva ricevuto avvio fin dalla fine del XVI secolo per
opera dei numerosi artisti nordici, olandesi e fiamminghi, che si
erano stabiliti a Roma e dipingevano vedute della città, dei suoi monumenti
e dei suoi dintorni. Fra Roma e Napoli erano attivi
Viviano Codazzi
e Michelangelo Cerquozzi; entrambi
dipingevano vedute realistiche, che rivelano un
interesse quasi
documentario per alcuni aspetti della realtà urbana contemporanea; ma
nella loro produzione predominano
i dipinti con ruderi e
antichità che fungevano da richiamo poetico per gli aristocratici
committenti, nutriti di studi classici ed eruditi.
Non solo per chi da Roma traeva stimoli tanto i profondi e determinanti per
il proprio operare, ma per le svariate categorie di viaggiatori era
un desiderio vivissimo portare con sé al ritorno dal viaggio immagini
e oggetti che ricordassero l'esperienza vissuta nella città. Il «museo
di Roma» di cui parla l'intellettuale francese
Quatremère
de Quincy - composto a «di
statue, di colossi, di templi, di obelischi, di colonne ne trionfali, di
terme, di circhi, di anfiteatri, di archi e di trionfo, di tombe, di
stucchi, di affreschi, di bassorilievi» ma anche «di luoghi, di paesaggi...,
di strade, ;. di vie antiche..., di memorie, di tradizioni locali, di
usanze ancora in vita» - alimentava una produzione
intensissima di dipinti, stampe, disegni di vedute della città, dei suoi
monumenti e delle opere più famose. |
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Uguale successo arrideva a interpretazioni dell'immagine di Roma tanto diverse come quella insieme lucidissima e drammatica di Piranesi ( Il Colosseo , 1761 ) e quella affabile e popolaresca proposta da Bartolomeo Pinelli ( Il Ciarlatano in Piazza. 1801 ). Nelle raccolte di stampe di quest'ultimo, dedicate a una Roma «minore», ove l'antico si mescola al pittoresco delle feste, dei mestieri, dei costumi popolari, prende vita quell'immagine colorita e chiassosa di una Roma grande e miserabile che avrà grande fortuna lungo l'Ottocento fino all'estrema banalizzazione della cartolina illustrata o di una certa cinematografia di «costume» ( da E. Bairati, A. Finocchi, L'arte in Italia, Vol 3, Loescher, 1985, p 271 ) |
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Solo dopo la metà del secolo muta l'atteggiamento del committente, più interessato alla realtà attuale e ai molteplici aspetti della scena urbana. Questo mutamento di gusto e interesse coincise con l'arrivo a Roma, nel 1775, dell'olandese Gaspard van Wittel che si dedicò alla veduta realistica, ritraendo fedelmente grandi squarci della città, del Tevere e dei borghi di Roma. La diffusione in Italia della veduta realistica è legata alle tappe del soggiorno italiano di van Wittel.
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Mentre per i predecessori di
Corot, per esempio
Poussin,
l'Italia e Roma in particolare, significavano "classicismo"
e il paesaggio diventava "eroico", per
Corot l'Italia significa sole e, per conseguenza, luce che diventa colore
"Questo sole diffonde una luce
disperante per me; sento tutta l'impotenza della mia tavolozza", scrive
rendendosi conto del valore della luce come mezzo per costruire, con il
colore, l'immagine stessa. Nascono, fin dal suo primo soggiorno italiano
(1825-1828) tanti capolavori ispirati a Roma e alle zone circostanti, per i
quali si potrebbe parlare di una sorta di
realismo per la vita che il
pittore sa imprimere al reale. Non si tratta di memoria dell'antico,
stimolante per i suoi contenuti culturali, quanto di emozione per un
vedutismo nuovo di carattere atmosferico e attraversato da un intenso
colorismo. |
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C. Corot, Il foro visto dai giardini Farnese, 1826 |
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C. Corot, Il Colosseo visto dai giardini Farnese del Palatino, 1826 |
J. Turner, S.Pietro, 1819 |
C. Corot, Roma: La chiesa di Trinità dei Monti vista dalla valle di Trinità dei Monti |
C. Corot, Studio del Colosseo romano |
C. Corot, Il Colosseo visto attraverso gli archi della basilica di Costantino, 1825 |
C. Corot, Roma: La chiesa di Trinità dei Monti vista dall'Accademia francese, 1826-28 |