L'agricoltura: aspetti organizzativi
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L'ampiezza della proprietà terriera L'indagine svolta dall'I.N.E.A. nel 1947 sulla distribuzione della proprietà fondiaria ( 1 ), dà per il nostro territorio ( esclusa la pianura tra l'Elvo e il Cervo, non censita) un totale di 29.572 proprietà, su una superficie di 102.071 ha. L'ampiezza media della proprietà risulta essere così di 3,4 ha, notevolmente superiore alla media della pianura piemontese ( 1,9 ha ).
Per quanto riguarda
le classi di grandezza,
vediamo che i possessori di meno di 2 ha sono i 3/4 del totale
e occupano tra tutti circa un decimo della superficie. I
proprietari da 2 a 10 ha rappresentano poco meno di 1/5 sia per
numero che per superficie occupata. Una metà della superficie spetta
alla proprietà maggiore (da 10 a 200 ha) che conta solo il 6,5%
dei proprietari. Infine la più grande proprietà (da 200 a 1.000 ha)
copre 1/5 della superficie ed è formata dallo 0,3% dei
proprietari.
- Nella
bassa pianura centrale la
media-grande
proprietà occupa più del 90% della superficie, la piccola quasi non
esiste, mentre i piccolissimi proprietari, pur essendo più del 50% del
totale, posseggono tra tutti un po' meno del 296 del territorio. |
Estensione della proprietà | Tipologia di proprietà |
Tipologia di azienda |
sotto i 2 ha | piccolissima proprietà. |
azienda di conduttore non autonomo (bracciante o avventizio ) |
da 2 a 25 ha | piccola proprietà |
azienda autonoma a conduzione diretta |
oltre 25 ha: | media-grande proprietà |
azienda condotta con salariati fissi e giornalieri |
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Caratteri storici della
formazione della proprietà terriera
Il periodo che va
dal '400 al '700 è
caratterizzato dalla progressiva
dissoluzione del sistema feudale. Si hanno in esso decenni
economicamente floridi alternati a grandi crisi, coincidenti con periodi di
guerre e di occupazione straniera.
Il mercato agricolo si allarga con
l'esportazione di prodotti verso
Torino, la Svizzera, Genova e il Milanese. Maggior richiesta
viene dalle città, dove aumenta anche la disponibilità di capitali,
che vengono investiti in opere di
irrigazione .
Gli autori dell'epoca (
G. Botero,
A. Della Chiesa
agli inizi del '600,
A. Young
nel '700) ritengono però
l'economia agricola del Vercellese la meno florida del Piemonte.
Ciò dipende, oltre che dalle notate caratteristiche dell'ambiente naturale,
anche dal regime della proprietà. Agli inizi del '700,
1/8 del territorio è incolto ed esso
appartiene in gran parte alla comunità ( 13% ). Dell'87% di
proprietà il
57% spetta al clero ( 1/3
del totale ) e alla
nobiltà ( 1/4 del totale ). I redditi dei beni
privilegiati sono i più bassi di tutto il Piemonte. La
proprietà feudale
domina nell'alta e media pianura ( Rovasenda: 7622 giornate;
Villarboit: 4038 giornate; l'intero territorio di Cigliano, 1841 giornate a
Carisio, ecc.). Nella bassa pianura
la proprietà
ecclesiastica comprende tutto il territorio di Larizzate, di Capriasco,
Ronsecco e Casalrosso, Prarolo. Selve, oltre ad avere tenute sulle
500-700 giornate a Lachelle,
Costanzana, Salussola, ecc.
La relazione dello
stato dei
beni del 1743 indica il
regime
latifondistico come causa
principale della scarsa produttività del territorio. Dopo il 1830, con la ripresa dell'agricoltura, la grande proprietà viene ad assumere una funzione di progresso e di sviluppo. Anzitutto si hanno verso la metà dell'800 frequenti trapassi di proprietà e suddivisioni, in seguito alla alienazione di beni feudali e soprattutto ecclesiastici. La grande borghesia e la nobiltà più attiva arricchiscono le file dei proprietari e vi portano uno spirito di intraprendenza prima ignoto, che si esplica in una miglior organizzazione della produzione, e soprattutto nella introduzione di perfezionamenti tecnici.( 3 )
La
grande azienda
che prima era la meno produttiva, passa ora
all'avanguardia.
In più la classe dei proprietari terrieri si identifica negli
anni dell'Unità con quella dei dirigenti politici e indirizza perciò
anche l'opera del Governo al conseguimento di questi obiettivi. Tipico il
caso del Cavour
che già prima del '48 esperimenta nella sua
tenuta di Leri i metodi agrari più progrediti e promuove la
Società per l'irrigazione del Vercellese;
divenuto poi Ministro dell'agricoltura e Presidente del Consiglio,
estende sul piano
nazionale i suoi criteri di politica agraria e dà alla bonifica del
Vercellese un impulso decisivo. Di conseguenza la grande azienda
agricola del Vercellese si va continuamente trasformando durante tutto
l''800. Le operazioni connesse con la coltura del riso si fanno sempre più
complesse, mentre si sviluppano altre colture complementari e aumenta il
numero del bestiame. Ciò porta a un continuo
aumento
dell'attrezzatura edilizia, che caratterizza la
grande corte
vercellese, perciò raramente armonica nelle sue linee ed equilibrata
nelle varie parti. Il periodo 1896-1914 è invece assai favorevole, seguendo un aumento del 50% dei prezzi agricoli, aumento di cui si avvantaggiano anche i piccoli conduttori. Si è visto che in questi anni la densità della popolazione agricola raggiunge il massimo in quasi ogni parte del territorio. Fin alla guerra si conserva infatti un certo equilibrio tra industria e agricoltura, in quanto la prima stimola l'aumento dei prezzi ma non presenta ancora uno sviluppo tale da togliere braccia alla campagna. Sino alla guerra 1915-18 non si ha tuttavia che un modesto passaggio di proprietà nelle mani dei coltivatori e per lo più sotto forma di proprietà particellari non autonome.
La
formazione della piccola
proprietà contadina si verifica invece in notevole misura nel
dopoguerra.
( 4 ).
Per una certa misura essa deriva
dall'assottigliamento di grandi e medie proprietà, che i nuovi
acquirenti lottizzarono
in parte, indotti dagli
alti prezzi
che venivano pagati per i
piccoli
appezzamenti. Si ebbero poi, specie nell'alta pianura, come a
Ghislarengo e a Lenta,
frazionamenti di
beni comunali incolti,
ceduti a coltivatori sotto forma di
concessioni
enfiteutiche o venduti con
facilitazioni di pagamento. Infine molti piccoli e medi
proprietari borghesi furono indotti a vendere ai coltivatori a causa degli
alti prezzi
raggiunti dai terreni e dalla impossibilità di aumentare i canoni di affitto.
Con la svalutazione della moneta questi infatti davano redditi sempre più
bassi, mentre
l'aumento del prezzo dei prodotti agricoli consentiva ai fittavoli di
realizzare i
risparmi sufficienti per
entrare in possesso della terra. Grazie alla maggior disponibilità di denaro la piccola proprietà colmò in parte il distacco che si era verificato nell''800, tra la forte produttività delle grandi aziende e quella dei terreni affidati alla conduzione famigliare. I sistemi colturali si vennero adeguando ai nuovi progressi tecnici e si diffuse l'uso dei concimi chimici. Il frazionamento della proprietà avrebbe portato in questo periodo un incremento di produzione lorda del 10-15% per l'alta pianura e del 15% nella media e bassa.
Dopo il
1945 si ripetono in una certa misura le condizioni già verificatesi
nell'altro dopoguerra, favorevoli ai ceti rurali e all'acquisto
di nuove proprietà da parte dei piccoli conduttori. |
Le strutture aziendali
Passando a considerare le
aziende, vediamo che
al 15 aprile 1961 (1°censimento generale dell'agricoltura ) nel nostro
territorio esse sono
16.131 su
115.057 ettari di terreno. Queste per il
49%
coltivano esclusivamente terreni
di loro proprietà; il
21% ha
solo terreni in affitto,
mentre il restante 30%
possiede terreni sia in proprietà
che in affitto.
La
frammentazione dei
terreni è meno grave che in altre parti della pianura piemontese. Il
27% delle
aziende ha i terreni riuniti in
un corpo unico. Nel 70% delle aziende il terreno è frazionato in
non più di 5 corpi. |
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