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Il protezionismo degli anni '80 e le tariffe doganali

verso il protezionismo.

La produzione del riso al tempo dell'inchiesta agraria si presentava in condizioni abbastanza positive, trovandosi al culmine di un periodo fortunato, iniziato con l'impulso di sviluppo procurato dall'opera di Camillo Cavour. Nella stessa documentazione dell'Inchiesta agraria il riso non è presentato come uno dei problemi critici dell'agricoltura nazionale. I produttori italiani, delle aree delle pianure settentrionali, erano stati in grado di alimentare importanti flussi di esportazione, diretti prevalentemente verso i mercati europei, con risi di qualità pregiata, giungendo a sfiorare le 85.000 tonnellate annue di prodotto esportato nel decennio Settanta.

Con gli anni Ottanta si presentarono tutti gli effetti negativi indotti da una serie di eventi, che si combinarono fra loro nel determinare una vera e propria depressione del comparto risicolo.

L'apertura del Canale di Suez
e l'entrata in servizio di bastimenti da carico in grado di operare con grosse quantità trasportate, quindi con bassi costi e riduzioni dei noli marittimi, provocarono l'arrivo in Europa dei risi asiatici e la concorrenza a quelli italiani. Si verificava per il riso quasi l'identico meccanismo che si era già innescato per i grani americani, frumento soprattutto, in arrivo nei porti italiani. L'esplosione di una epidemia di brusone si aggiunse in un contesto ormai sottoposto ad una congiuntura negativa.

Nello stesso periodo lo Stato italiano  modificò radicalmente la politica commerciale di indirizzo liberistico che aveva contrassegnato la prime fase unitaria, sotto il governo della destra storica. Vi è discussione fra gli studiosi sull'evoluzione dal liberismo al protezionismo, talvolta espressa con eccessiva distinzione fra linee politiche della destra e della sinistra, nel senso che già in regime di destra storica intervennero provvedimenti protezionistici. A ben vedere nel corso degli anni gli interventi sulle tariffe doganali furono improntate a due obiettivi essenziali: il gettito fiscale ottenibile dai dazi e il sostegno alle correnti di traffico ritenute  utili, sia in entrata che in uscita, con il ricorso ad accordi o trattati internazionali.


Emigranti - L'emigrazione è una valvola di sfogo all'esubero di manodopera agraria
 

Tariffe doganali, bonifiche, scuole speciali agrarie.

Dopo il 1870, avviandosi in un certo modo lo sviluppo industriale del Paese, dopo il completamento dell'unità nazionale con la presa di Roma, incominciarono a farsi più forti le richieste di forme di protezione di vari settori produttivi. Fra il 1875 e il 1880 venne elaborandosi una nuova tariffa doganale che conteneva i primi sostanziali provvedimenti protezionistici, rivolti soprattutto a settori industriali. Dopo il 1880 si moltiplicarono le richieste di protezionismo anche da parte del mondo agricolo, attraverso la voce di alcune organizzazioni settentrionali, come la Società agraria milanese, in compagnia di altre, e le Associazioni di agricoltori, di alcuni Comizi agrari, senza dimenticare i proprietari terrieri del Sud. Si era ormai nel pieno di quella che è ricordata come la grande crisi agraria dell'Ottocento.                           
Il problema doganale venne affrontato rimettendo in funzione una Commissione di inchiesta per una nuova revisione della tariffa doganale. Furono chiamati a farne parte nel 1883 personaggi di tutto rispetto, come Luigi Luzzatti, Vittorio Ellena e Bonaldo Stringher, il futuro governatore della Banca d'Italia. La Commissione individuò l'industria come il settore da proteggere, senza raccomandare l'agricoltura. Nella realtà legislativa fu adottata una soluzione diversa, ponendo i termini per un protezionismo agrario, che si affiancasse a quello industriale, con tutta una serie di distinzioni e individuazioni di singoli comparti, lasciando tracce di polemiche di vario tipo.

Si ripetevano ancora una volta le contrapposizioni tradizionali fra interessi industriali e agricoli, già ben individuate dagli economisti europei all'inizio dell'Ottocento, non ultimo David Ricardo. Gli industriali avrebbero voluto che i prezzi dei prodotti agricoli fossero mantenuti bassi, nella misura in cui questi determinavano i livelli minimi dei salari cosiddetti di sopravvivenza; ogni aumento di prezzo avrebbe determinato un aumento dei salari che avrebbe inciso sui costi e in ultima analisi sui prezzi e sui profitti dell'industria. Le rappresentanze parlamentari dei due settori si fronteggiarono, creando una legge che proteggeva interessi molteplici.

La tariffa doganale del 1887
tenne conto del riso e delle sue difficoltà, con un ulteriore provvedimento emanato nel 1889. Si trattava  di un intervento per la sopravvivenza più che per l'espansione, estremamente difficile nel contesto internazionale. Il manifestarsi della crisi agraria, insieme ai risultati dell'inchiesta Jacini, provocò tutta una serie di interventi legislativi, al di là del dibattito e delle norme sul protezionismo.
Fra le principali si possono individuare, anche in ordine di tempo, i provvedimenti per le bonifiche, il credito fondiario, le scuole d'agricoltura, l'imposta fondiaria e il credito agrario.

 La legge 25 giugno 1882
sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi prevedeva due tipi di interventi, il primo riservato alle «opere che provvedono principalmente ad un grande miglioramento igienico» e a quelle nelle quali «ad un grande miglioramento agricolo trovasi associato un rilevante vantaggio igienico», il secondo ad «opere che non presentano alcuno di questi speciali caratteri». Era previsto nel primo caso l'intervento degli enti locali, province e comuni, affiancato a quello dei proprietari dei terreni interessati. Nel secondo caso era necessario costituire consorzi che potevano essere volontari o obbligatori, con la presenza, in quest'ultima forma, dello Stato e degli Enti locali. Contributi appositi furono previsti, insieme con l'esenzione ventennale dall'imposta fondiaria per l'aumento di reddito che ne poteva derivare.

Scuole speciali pratiche di agricoltura furono istituite con la ' legge 6 giugno 1885, prevedendone almeno una per provincia. per sopperire in qualche modo alla carenza di conoscenze agronomiche aggiornate nel mondo agricolo italiano, giungendo poco dopo, con decreto del 24. luglio 1885, alla creazione di un Consiglio nazionale per l'istruzione agraria, che doveva in pratica sovrintendere alle scuole speciali. Nel 1886 si giunse ad un'importante decisione che cercò di mettere ordine nell'intricato sistema del prelievo fiscale sulla terra. La legge del 1° marzo fu intitolata al riordino dell'imposta fondiaria, ma è più nota come legge istitutiva del nuovo catasto agrario italiano.


Fonti bibliografiche:
-  Giuseppe Bracco, Uomini, campi e risaie nell'agricoltura del Vercellese fra età moderna e contemporanea, Un. agricoltori di Vercelli e
   di Biella 2002
, pp. 99 sgg. 
 

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