Rerum
vulgarium
fragmenta
di Francesco Petrarca
Il tormento d’amore nel Canzoniere
Il Canzoniere di Petrarca si apre con un sonetto (Canzoniere, 1) che introduce il lettore ai temi principali dell’opera, la quale è sostanzialmente la trasposizione in poesia di una lunga e tormentata passione amorosa per Laura.
La donna celebrata dal poeta viene assunta a simbolo di tutti i vani piaceri mondani, da cui Petrarca (o meglio l’io della finzione autobiografica) ricerca faticosamente il distacco, per avvicinarsi a Dio.
L’amore per lei fin da questo primo componimento viene descritto come “errore”, da intendersi come sviamento e come illusione, perché fonte di “vane speranze” e di “van dolore”; il poeta si rende conto che questo “vaneggiare” lo ha reso ridicolo agli occhi della gente e perciò, dice, è spinto spesso a vergognarsene.
D’altro canto, egli spera che tra il suo pubblico vi siano persone in grado di comprendere la sua miserevole condizione, per aver sperimentato come lui l’amore; confidando nella loro benevolenza, Petrarca può dunque chiedere anticipatamente pietà e perdono per il fatto che ora egli voglia mettere in versi la sua vicenda, e poi dar libero sfogo ai “sospiri”, che saranno la materia dell’opera.
Lungi dal rinnegare il suo amore profano per Laura, infatti, Petrarca lo esalta, dedicandogli 366 tra sonetti (i più numerosi: 317), canzoni, sestine, ballate e madrigali.
Il fatto ch’egli abbia riconosciuto il suo errore non implica che se ne sia liberato una volta per tutte (al v. 4 troviamo la conferma che il passato non è del tutto cancellato: “quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono”); al contrario, il poeta conferma il suo attaccamento alle gioie terrene (tra queste vi è anche la poesia stessa), benché fallaci ed effimere, e si compiace nel rievocare la sofferenza e gli affanni che esse gli procurano.
Le scelte lessicali di Petrarca non lasciano dubbi in proposito.
I sospiri e il pianto che fin da questo primo componimento descrivono lo stato d’inquietudine dell’uomo innamorato ritornano con tale frequenza nel Canzoniere (spesso associate come già qui) da funzionare come parole-chiave, in grado di guidarci nella lettura dell’opera.
Dopo il sonetto d’apertura, infatti, la parola “sospiri” compare altre 41 volte (2 nella forma “sospir’”); più raro è l’uso del singolare (3). Spesso incontriamo il verbo (“sospiro” 5, “sospirare” 1, “sospirar” 8, “sospira” 14, “sospirate” 2).
Il verbo “piango”, invece, ritorna altre 16 volte in questa forma e molte di più in altre (“pianger” 28, “piangere” 1,“piange” 11, “piangeva” 1, “piansi” 4); ben 49 volte compare il sostantivo “pianto” (3 volte al plurale). A questi bisogna peraltro aggiungere termini che appartengono al medesimo campo semantico: il sostantivo “lagrime” compare in 37 componimenti, 3 volte incontriamo “lagrima”, 1 volta “lagrimetta”; la voce verbale “lagrimar” compare 10 volte.
L’uso insistito di queste parole-chiave ha valore non solo sul piano dei contenuti, ma anche nell’ambito delle scelte formali compiute dal poeta. Egli presenta la sua opera come raccolta di frammenti, ovvero di “rime sparse” e non potrebbe essere altrimenti, dal momento che la sua poesia nasce dai sospiri d’amore, dalle struggenti invocazioni all’amata, dalle sconsolate richieste di pietà che egli rivolge al crudele Amore: le sue rime simulano la fatica di un innamorato che tenta di dar voce ai propri sentimenti ed alterna brevi dichiarazioni a singhiozzi e languidi sospiri. Tutto ciò è reso manifesto da Petrarca, ma risponde ad una precisa scelta stilistica: mentre esibisce l’inadeguatezza della sua poesia, egli realizza una composizione di grande pregio formale, che gli varrà (egli ne è ben consapevole) una fama duratura.
Quanto detto trova conferma dalla lettura di alcuni dei testi più famosi della raccolta.
La lode di Laura è al centro di un sonetto (Canzoniere, 5), tutto giocato su artifici linguistici, che testimonia un gusto ancora arcaizzante del poeta; la lode inizia con un sospiro, per acquistare forza via via che il poeta compone, sillabandolo, il nome dell’amata.
Il poeta manifesta qui il dubbio di non saper degnamente celebrare la donna amata, ma le qualità di lei sono in grado di ispirarlo e di sostenerlo nella difficile impresa.
Altrove (Canzoniere, 49) invece, il poeta si rivolge con tono di rimprovero all’ “ingrata lingua”, alle “lagrime” e ai “sospiri”, perché sono sempre pronti ad importunarlo e a tormentarlo, quand’egli vorrebbe star solo e in pace, ma non sono di nessun aiuto quando ne ha più bisogno. Egli si dice, insomma, incapace di esprimere adeguatamente con questi strumenti il proprio amore, che è rivelato solo dal suo aspetto.
In un altro componimento (Canzoniere, 61) Petrarca esalta il momento in cui è stato vinto da Amore (benedice persino gli “strumenti” di cui si è servito e le piaghe che ha provocato) e dagli occhi della donna, ma al tempo stesso esalta la poesia che ne è scaturita (fatta di “voci” sparse, “sospiri”, “lagrime” e desiderio) e da cui trarrà gloria e fama.
Sempre ricorrendo ad abbondanti metafore, Petrarca descrive quale effetto prodigioso Laura abbia su di lui (Canzoniere, 17): alla vista dell’amata egli inizia a sospirare (sospiri che divengono un “vento angoscioso”) e a versare una pioggia di “amare lagrime”, eppure il sorriso di lei riesce a placare un poco il suo ardente desiderio; vedendola andar via, però, il suo spirito vitale diviene come ghiaccio e la sua anima abbandona il corpo, dopo aver aperto la serratura del cuore, per volar via dietro a Laura.
Incerta e “dubbiosa” è pertanto la condizione del poeta: per colpa di Amore, che tormenta il suo cuore, egli oscilla continuamente tra la paura e la speranza e non può far altro che sfogare nel canto la sua angoscia (Canzoniere, 252).
Il poeta si crogiola in questo “grave et lungo affanno”, contento “di languir” (Canzoniere, 212).
E se in alcuni versi (Canzoniere, 50) paragona i suoi sospiri ad un giogo che gli grava addosso e si duole del fatto che non gli venga mai tolto, di modo che la sua condizione è più penosa di quella animale, in altri (Canzoniere, 130) dichiara invece che i sospiri sono il cibo di cui nutre il suo cuore e che piangere per amore è uno stato a lui congeniale: è nato per quello, vive di quello! Ma di ciò non si rattrista, perché anzi questo pianto è per lui dolce, quanto nessuno potrebbe credere.
I “sospiri” ed il “pianto” compaiono anche in una sestina (Canzoniere, 332), con il secondo termine in posizione di assoluto rilievo perché in rima. Proprio il particolare schema metrico di questo componimento permette a Petrarca di dare maggior risalto al tema del pianto per amore (compare in tutte le 12 strofe), legandolo indissolubilmente a quello della sua poesia (sono in rima anche “stile” e “rime”). Egli rimpiange i giorni in cui la presenza di Laura, il suo viso e il pensiero di lei gli ispiravano “soavi sospiri”, mentre ora i suoi versi hanno perso il “dolce stile” e le sue rime, trattando solo più della Morte, son diventate “roche”.
Nella canzone che chiude la raccolta (Canzoniere, 366), infine, il poeta rievoca per l’ultima volta le “lagrime” sparse per Laura, anche se in un contesto nuovo, per affermare di aver mutato i suoi “desiri” e di voler ora purificare i suoi “penseri e 'ngegno et stile”.
Peraltro questa dichiarazione non significa l’inizio di una nuova vita: non ce ne sarebbe neppure il tempo. Il poeta infatti si sente prossimo alla morte e così si prepara all’evento, raccomandandosi alla Vergine perché interceda il suo favore presso Dio, chiedendole di avere pietà della sua esistenza, che resta tutta segnata da passioni e ambizioni terrene.