Nell'analisi dei tre idilli leopardiani si tende a mettere in
evidenza il concetto di avventura storica dell'animo,
che prende corpo in concomitanza di piccoli eventi, ispiratori di
poesia, adatti a sviluppare motivi di interiore complessità, di dinamica
evolutiva del sentire e anche di intima contraddizione dell'animo
leopardiano. Avventura storica dell'animo diventa
corrispettivo di intensità sentimentale, di ricerca interiore, che
si nutre del ricordo, per farne il presupposto della speranza
o viceversa per sanzionare l'estraneità di una condizione
emarginata. In ogni caso nei piccoli idilli non è presente
ancora la speculazione filosofica dei canti pisano - recanatesi, tesa a
sanzionare ormai definitivamente una condizione universale e negativa
dell'uomo sulla Terra.
Qui prevale la dinamica del tempo breve della prima giovinezza, in
cui si consuma un po' freneticamente l'attesa di un domani più
pieno o dove ci si abbandona alla dimensione appagante del
vago e dell'indefinito. Questo ondeggiare di
stati d'animo e di sensazioni, sperimentate nell'abitudine
delle frequentazioni, ribadite nel riproporsi delle stagioni e delle ore
del giorno e della notte, si dipana appunto come
storia interiore che ha
i suoi prima ed i suoi poi, ma anche le sue ciclicità
dense di significati esistenziali.
I termini indicati in blu fanno
riferimento alla dimensione del presente,
spesso legata al momento descrittivo -
rappresentativo delle composizioni. Le
espressioni in rosso invece si
riferiscono alla dimensione evocativa
del ricordo, del
passato rivissuto o rimeditato, o
comunque del trascorrere del tempo nella sua eterna fluidità.
Legata alla dimensione temporale vi è anche quella spaziale:
alla stabilità, chiaramente
percepibile del presente nelle sue
dimensioni sensibili ( vista di luci e
spazi, eco di suoni, rumori, canto,... immanenza di luoghi e situazioni )
si contrappone lo spazio dilatato del
vago e dell'indefinito,
del passato esistenziale e
storico, che sfuma inesorabilmente nell'oblio.
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Alla luna - 1818
O graziosa luna, io mi
rammento
che, or volge
l’anno, sovra
questo colle
io venia pien d’angoscia
a rimirarti:
e tu pendevi
allor su quella selva
siccome or fai,
che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
che mi sorgea
sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia,
che travagliosa
era
mia vita: ed
è, né cangia stile,
o mia diletta luna. E pur
mi giova
la ricordanza,
e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato
occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme
e breve ha
la memoria
il corso,
il rimembrar
delle passate cose,
ancor che triste, e che l’affanno
duri!
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La poesia esprime la dinamica di alcune sensazioni, nell'alternarsi
di situazioni, dilatate nel tempo e variamente configurate a livello di
tonalità positive o negative degli stati d'animo conseguenti.
1) La sagoma della luna appare al
poeta incerta nei contorni, poiché le lacrime
solcano il suo volto; afflitta dall'ansiosa attesa del domani e
dal dolore è la sua vita di
adolescente.
2) Non dissimile è il
ricordo di quanto
accadeva un anno prima. Anche
allora pianto e turbamento caratterizzavano
la sua giovane vita
3) Ma nel tempo giovanile la speranza ha di fronte a sé ancora un lungo cammino,
mentre le cose da ricordare sono poche.
4) Quindi la proiezione nel futuro della speranza
rende addirittura piacevole il ricordo di questo doloroso intenerimento davanti alla luce lunare.
5) Anche se l'angoscia esistenziale continua
a contrassegnare la sua vita, più forte è la
tensione positiva verso il tempo a venire.
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La sera del dì di festa
- 1820
Dolce e chiara è la notte e senza vento,
E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
Posa la luna, e di lontan
rivela
Serena ogni montagna. O donna mia,
Già tace ogni
sentiero, e pei balconi
Rara traluce la notturna lampa:
Tu dormi, che
t'accolse agevol sonno
Nelle tue chete stanze; e non ti morde
Cura nessuna; e già non sai nè pensi
Quanta piaga m'apristi in mezzo al petto.
Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno
Appare in vista, a
salutar m'affaccio,
E l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all'affanno. A te la speme
Nego, mi disse,
anche la speme; e d'altro
Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto.
Questo dì fu solenne:
or da' trastulli
Prendi riposo; e forse
ti rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io,
non già, ch'io speri,
Al pensier ti ricorro. Intanto io
chieggo
Quanto a viver mi
resti, e qui per terra
Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni
orrendi
In così verde etate! Ahi, per la via
Odo non lunge il solitario canto
Dell'artigian, che riede a tarda notte,
Dopo i sollazzi, al suo povero ostello;
E fieramente mi si stringe il core,
A pensar come
tutto al mondo passa,
E quasi orma non lascia. Ecco
è fuggito
Il dì festivo, ed al festivo il giorno
Volgar succede, e se
ne porta il tempo
Ogni umano accidente. Or
dov'è il suono
Di que' popoli antichi? or
dov'è il grido
De' nostri avi famosi, e il grande impero
Di quella Roma, e l'armi, e il fragorio
Che n'andò per la terra e l'oceano?
Tutto è pace e
silenzio, e tutto posa
Il mondo, e più di lor non si ragiona.
Nella mia prima età, quando s'aspetta
Bramosamente il dì festivo, or poscia
Ch'egli era spento, io doloroso, in veglia,
Premea le piume; ed alla tarda notte
Un canto che s'udia per li sentieri
Lontanando morire a poco a poco,
Già similmente mi stringeva il core.
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1) Sezione descrittiva ed evocativa di stati
d'animo legati al presente ( la notte lunare ). Dolcezza del
paesaggio lunare. I raggi della luna si posano lievi sui tetti delle
case e filtrano tra la vegetazione, facendo
intuire sereno il cielo fino all'orizzonte. Tranquilla
è l'atmosfera, quasi luminosa , immobile il
paesaggio ; neppure un alito di vento
increspa l'aria.
2) Una giovane figura femminile
viene immaginata immersa in un
sonno
sereno. Il silenzio pervade
le strade e solo qualche debole luce
illumina i balconi. Mentre la donna
riposa tranquilla nelle quiete stanze,
non pensa alla forte sensazione di
isolamento ( piaga, ferita
d'amore? ) che segnò il poeta.
3) Il poeta invece
si leva insonne a
contemplare il cielo apparentemente
benevolo e interroga la natura.
E' nato per la sofferenza ed il dolore.
Gli fu negata la speranza: solo
pianto
venne concesso
per i suoi occhi.
4) Il poeta
riflette al giorno di festa
trascorso: ancora un contrasto
contraddistingue la meditazione.
La giovane donna forse
ripensa a quanta ammirazione
ha raccolto nei suoi coetanei, a quanti sono piaciuti a lei.
( piacere del desiderio ricambiato) .
Egli invece non è
ricordato; si sente escluso
dalla vita e dall'amore. Si ribella , freme,
piange e lamenta giorni tanto oscuri
( privi di piaceri, di sensazioni ricambiate ).
Giorni tremendi di esclusione e di
isolamento vissuti nella migliore età della vita,
la giovinezza. La vita appare inutile se vissuta nel dolore.
5) Un emblema del tempo che passa.
Una presenza solitaria e patetica: è
il canto dell'artigiano che ritorna a casa
in piena notte. Il cuore del poeta si intenerisce. Non è insensibile a quella
manifestazione di semplice serenità.
Quel canto è il
simbolo del tempo che inesorabilmente passa. Al giorno festivo subentra la giornata di lavoro e il
tempo riprende il suo
ritmo di sempre. Il
canto evoca la spensieratezza di
un illusorio e momentaneo piacere.
6) Per il poeta si apre
la meditazione sul tempo, non solo sul
tempo della vita ma anche su quello della storia.
Non solo
trascorre inesorabile il tempo per l'uomo che lo
percepisce, giorno dopo giorno , nel
fallimento delle sue illusorie speranze di felicità,
ma passa anche il tempo dei grandi imperi, delle età
più antiche, delle passate generazioni, delle glorie umane.
Una pace
silenziosa, che annienta e vanifica tutto,
è il triste effetto della inutile
lotta dell'uomo per sopravvivere nel ricordo dei posteri.
7) Il tema della ricordanza.
Già nell'infanzia il poeta
provava simili sentimenti::
l'attesa bella ed ansiosa del giorno di
festa, il rimpianto
doloroso della sua fine, accompagnato da
una strana angoscia. E poi lo
stesso canto, che ricordava
tristemente la fine di un giorno festivo,
di un piacere vanamente desiderato.
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La poesia ha un andamento spesso
descrittivo che sosta
su particolari connotanti la silenziosa tranquillità della notte
recanatese, attraversata dalla delicata luce lunare ( emblema
dell'intenerimento dell'animo di fronte alla natura ).
Il presente
di questo notturno lunare, con la sua penetrante e nostalgica atmosfera,
sembra guidare lo schema strutturante le
sensazioni. Asseconda il quieto riposo
della giovane figura femminile, che ripensa nel sonno agli incontri del
giorno di festa, mentre sembra far violenza, contrastando con la sua
tenera bellezza, all'inesausto desiderio del poeta, solo e chiuso nel suo
isolamento, angosciato ed insonne, vanamente proteso ad interrogare la
natura sul suo destino.
E' a questo punto che irrompe la dimensione del
passato
adolescenziale e giovanile, con le sue
vane speranze e promesse. Quello che emerge è un consuntivo amaro di
questo tempo
protratto nell'ambivalenza dell'attesa
e della delusione, nella vana interrogazione sul senso dell'esistere. I
disperati lamenti di Leopardi evocano l'abbandono e l'isolamento, ma
paradossalmente si reggono sulla
dinamica positiva
di un giorno festivo appena consumato nella
solitudine, mentre nel borgo si spendevano i pochi attimi di
spensieratezza che la sorte concede agli uomini.
Tutto diventa ora emblema
di questa storica
avventura dell'animo. Una storia interiore che ha come polarità non solo il tempo fatuo
della domenica appena conclusa o della
giovinezza non consumata
( e richiamata mirabilmente dal canto
dell'artigiano che sfuma nell'aria mentre fa
ritorno alla sua casa ) ma anche il tempo
storico dei popoli più famosi e gloriosi, che
vengono impietosamente scavalcati dalla memoria delle generazioni future.
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L'infinito - 1819
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima
quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io
quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi
sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la
presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega
il pensier mio:
e il naufragar m'è
dolce in questo mare.
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1) La poesia si regge su una serie di sensazioni stranianti, che
proiettano il poeta in dimensioni spazio-temporali inconsuete (
interminati spazi ........
sovrumani silenzi, e
profondissima quïete ). La frequentazione abituale del
luogo che preclude la vista dell'orizzonte, la siepe come ostacolo dato allo svariare dello sguardo, determinano l'attività
dell'immaginazione. Così egli riesce a prefigurare una dimensione
sovrumana dello spazio e del tempo, dilatati in un prima
indefinito e proiettati in un futuro altrettanto non
circoscrivibile.
2) Il secondo momento coincide con il raffronto mentale ed emozionale
di questa sensazione indescrivibile, operata nella dimensione del
ricordo involontario < e mi sovvien
l'eterno, e le morte stagioni >, con la netta percezione del presente e dei suoi segni ben decifrabili < e la presente
e viva, e il
suon di lei.>
3) La sensazione di infinito spazio-tempo, che sottrae il corpo
e la mente alla percezione troppo circoscritta del presente, è paragonata
ad un dolce inabissarsi dell'animo in un'entità vasta e fluida < s'annega il pensier mio > che è
pronta ad abbracciare delicatamente il poeta nella sua vaga ed
appagante indeterminatezza < e il
naufragar m'è dolce in questo
mare.>
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Anche in questo caso siamo di fronte ad un'avventura storica
dell'animo, in quanto Leopardi ci parla di
un'abituale frequentazione del monte Tabor < Sempre caro mi fu
quest'ermo colle,> , dove questa particolarissima esperienza
emozionale si ripete, forse lievemente mutata, seppur positivamente
decifrabile.
Lo sguardo si circoscrive nella perlustrazione dello spazio, mentre
l'immaginazione può proiettarsi in dimensioni inattese. Tutta la poesia è
attraversata dal contrasto tra un presente chiaramente percepibile ma
insufficiente alla pienezza dei sensi e un non spazio-tempo in cui ci
si perde. Il
presente si dilata così in un
passato indistinto e in un futuro appena
presagito (
l'eternità
come fluida dilatazione della dimensione temporale ).
Allo stesso modo è dinamica
la percezione dello spazio ( dapprima
inesplorato a causa dell'ostacolo della siepe, poi sterminato
nell'intuizione della mente che si abbandona ed infine reso attraente dal
profondissimo silenzio e dalla quiete che connotano l'esperienza come
sovrumana ).
L'avventura dell'animo è dunque
storica,
perché ripetuta, variata, dinamica, caratterizzata da un'andata e da un
ritorno, anzi da un ciclico riproporsi di sensazioni che sovvertono
gradualmente lo stupore e lo smarrimento per la perdita di referenza con
il reale, stemperandosi nel dolce abbandono alla dimensione spirituale
dell'infinito.
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