Usurai e banchi di campagna
Vita dei campi
La formazione di un ceto sempre più numeroso di piccoli e medi conduttori aveva dato luogo a un’ampia mobilitazione di mezzi monetari. All’indomani dell’Unità una quota consistente della rendita fondiaria risultava assorbita dal capitale bancario, sotto forma di interessi dei mutui ipotecari, per una cifra pari al 60%. Il Novarese, l’unica provincia in Piemonte con un’economia agraria decisamente orientata verso forme più moderne di organizzazione, registrava i più bassi valori di tutta la regione, meno di un settimo del carico complessivo.
L’andamento ascendente del debito ipotecario trova conferma
nell’incremento delle somme prestate a tale titolo da istituti di credito
di natura mista. Presso le dodici casse di risparmio piemontesi,
concentrate tutte L' ingente afflusso di disponibilità monetarie nelle campagne non era tuttavia il segno di una vasta opera di rinnovamento delle colture e delle tecniche agrarie. Una parte cospicua del debito ipotecario era rappresentata dagli oneri assunti dai più modesti proprietari di terre o aspiranti tali nei confronti di una folta schiera di sensali, di intermediari, di titolari di minuscoli banchi privati. Per quanto l’impegno delle casse di risparmio e di altri istituti accennasse ad aumentare, la diffusione del credito d’esercizio incontrò parecchie difficoltà. Con l’istituzione del credito fondiario ipotecario, per le province di Alessandria e di Torino, si cercò di rimediare all’usura, ma si vide all’atto pratico che non era corrispondente al bisogno. L’istituto delle Opere di San Paolo prendeva un interesse annuo che andava dal 5 al 5,60 %, in più il credito fondiario non mutava in denaro, ma in cartelle dal valore nominale di lire 500, il cui valore reale spesso era al di sotto. L’agricoltore al tasso elevato doveva sommare questa perdita e le notevoli spese per le lunghe pratiche. In questa situazione i contadini continuavano a rivolgersi al giro consueto degli usurai di villaggio, quantunque a conti fatti le condizioni da essi imposte fossero assai più esose e vessatorie. Il concorso del capitale usuraio continuava ad essere determinante per l’espansione e la sopravvivenza dei piccoli proprietari di campagna. Il costante aumento dei prezzi agricoli consentiva infatti, se non l’integrale riscatto dei debiti, almeno una loro dilazione nel tempo. Nel 1871 il 90% delle somme mutuate nel distretto di Torino era servito a sciogliere ipoteche anteriori, e soltanto il 5% era stato devoluto a miglioramenti agrari.
Dei dodici istituti di credito agrario sorti in Italia fra il 1875 e il
1880, uno solo era presente in Piemonte: la
Banca di Asti, con un capitale
nominale di 750.000 lire; un altro, la
Banca Agricola Industriale di
Alessandria, era stato autorizzato successivamente a esercitare il credito
agricolo.
In entrambe le banche prevalevano tuttavia, o avevano finito col divenire
esclusive, le operazioni più comuni, e non tanto le anticipazioni sui
prodotti agrari. D’altra parte non erano numerosi i proprietari di fondi rustici e i
coltivatori che, nel solo intento di migliorare le loro coltivazioni,
ricorrevano ai mutui, preferendo generalmente non fare alcuna spesa utile
al fondo piuttosto di incontrare debiti per procurarsi il necessario
denaro. Ma i coltivatori di riso e di bestiame preferivano negoziare le anticipazioni di denaro di cui avevano bisogno presso affaristi e agenti commerciali, assumendosi l’impegno di consegnare a scadenze prestabilite determinati quantitativi di prodotto. Erano gli stessi grossisti e incettatori a incoraggiare simile prassi, in una fase di costante anche se non generale ascesa dei prezzi. Stentavano insomma ad attecchire forme più moderne di collegamento fra capitale finanziario e impresa agraria, a meno di considerare l’attività degli enti di irrigazione, dalla Società del Canale Cavour alla Società generale per l’irrigazione di Vercelli. Questi istituti concedevano infatti mutui di una certa entità a proprietari terrieri e ad affittuari imprenditori per l’esecuzione di lavori di bonifica e altre opere di miglioria, ossia per operazioni che esigevano veri e propri investimenti in capitali fissi. Ma si trattava di forme di credito del tutto particolari che nulla avevano a che fare con l’allargamento dei servizi bancari e della circolazione di nuove risorse finanziarie nelle campagne.
In verità non mancarono vari tentativi per realizzare, in collegamento con
qualche casa bancaria torinese, un’efficiente organizzazione finanziaria
nella campagna piemontese a sostegno dei programmi di sviluppo della
produzione. Dopo il 1870 si ebbe anzi una fioritura di iniziative bancarie
un po’ in tutte le province. |
|
Inoltre troviamo le
Casse Rurali (diventate
poi Casse Rurali e Artigiane con la legge del 1937) nel periodo a
cavallo tra la fine dell'800 e il nuovo secolo, sorte ad opera di cooperatori
ispirati dal magistero sociale della Chiesa Cattolica, che ebbe un ruolo
determinante nello stimolare le fasce umili delle popolazioni rurali
per affrancarsi dalla miseria e dal fenomeno diffuso dell'usura |
|
Home page, Il contesto regionale e locale nel XVIII e XIX secolo