L’agricoltura piemontese all’aprirsi della
Restaurazione conservava ancora tutti i caratteri che l’avevano
contrassegnata nel corso degli ultimi decenni del secolo precedente e non si
ritrovano segni di rinnovamento. Nella Francia del Settecento l’agricoltura
era stata oggetto di attenzioni tali da avere anche favorito la nascita di
una scuola di pensiero economico, detta fisiocrazia, considerata dagli
studiosi del pensiero economico come la prima espressione di una vera e
propria dottrina economica dotata di una sua organicità. Le vicende delle
guerre del periodo napoleonico avevano creato occasioni di sperimentazioni
particolari, ad esempio il tentativo di sostituire lo zucchero di canna, di
incentivare la coltivazione delle piante tintorie, ecc… Nel Vercellese poche
di queste cose ebbero modo di produrre effetti e, quando lo fecero, non
furono tali da lasciare conseguenze significative e durature. La
coltivazione del riso ebbe una certa attenzione ma durò poco, anche perché
il blocco pose molte limitazioni ai movimenti delle squadre navali francesi. |
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Vi era uno stacco fra le pratiche agrarie quotidianamente adottate e seguite e le conoscenze degli uomini più aperti allo studio degli elementi che avevano caratterizzato lo sviluppo di una rivoluzione agraria negli altri paesi. Erano noti gli aspetti principali: dalle pratiche delle nuove rotazioni all’utilizzo di fertilizzanti, dalle applicazioni della chimica e della meccanica ai progressi nell’allevamento. Le aziende agrarie piemontesi si ritrovarono ad avere un'organizzazione sperimentata, frutto di lunghi anni di pratica e, soprattutto, a dare un buon reddito complessivo, tanto che gli affitti tenevano un livello soddisfacente per i proprietari. Camillo Cavour, nel 1835 assunse la direzione della tenuta familiare di Leri e Montarucco. Leri si estendeva su una superficie di 1261 giornate, 17 tavole e 9 piedi, pari a 480 ettari; Montarucco su 1235 giornate, 30 tavole e 8 piedi, pari a 471 ettari. Cavour si ritrovò a Leri con un bagaglio notevole di conoscenze, tratte sia dagli studi che dalle visite all’estero, ma con una superficiale cognizione delle sue terre. La sua primitiva e principale preoccupazione doveva essere quella di una gestione che nell’immediato desse risultati positivi, senza potere programmare profondi rinnovamenti, i quali avrebbero con ogni probabilità richiesto molto; inoltre, non aveva a disposizione mezzi finanziari che andassero oltre il capitale circolante per la gestione corrente, e non poteva avventurarsi in investimenti importanti. I primi anni dell’attività di imprenditore furono dedicati allo studio attento di molte cose. Cavour viene presentato come uno dei benemeriti del rinnovamento dell’agricoltura nel Vercellese, si ritrovano molti suoi interventi nelle pratiche agrarie ; la sua attenzione fu rivolta all’agricoltura nella misura in cui in essa vedeva uno strumento di sviluppo economico generale. Nel caso piemontese le maggiori risorse erano rintracciabili nei prodotti provenienti dai campi, dalla sua agricoltura, e la trasformazione di questi prodotti poteva essere il settore dove applicarsi per lo sviluppo industriale e per creare occasioni di buoni affari. Il primo episodio di un certo rilievo fu il tentativo di inserire fra le colture del Vercellese la barbabietola da zucchero. I Concimi Una innovazione più significativa venne dall’introduzione del guano, come concime. Il problema della carenza dei concimi era sempre stato alla base delle scarse produttività dei campi e condizionava le rotazioni agrarie. Il guano proveniente dal Perù e dall’Africa divenne così anche una occasione di buoni affari per il Conte agricoltore, che si fece intermediario fra l’importazione dall’estero e il suo smercio nel paese. Il guano era un prodotto di importazione, nel solito schema delle industrie naturali; Cavour si dedicò alla ricerca della possibilità di produrre concimi chimici.
Il dibattito su questi concimi si era fatto più
intenso e suscitava interesse soprattutto dopo avere sperimentato il guano,
tanto che ai concimi chimici venne spesso applicata la definizione di guano
artificiale. La chimica applicata all’agricoltura divenne un ramo speciale
di studi delle persone dotte e di applicazione per gli scienziati. La teoria
della concimazione delle terre formò parte essenziale della chimica
applicata all’agricoltura. Esistono in America meridionale alcuni luoghi che
la natura volle privilegiare con un tesoro inestimabile. Questo tesoro
consiste in strati abbondantissimi di concime, prodotto, si crede, di enormi
ammassi di uccelli putrefatti ed escrementi di fenicotteri; si cominciò per
circa 15 anni a trasportare i primi carichi, che diedero i loro frutti
economici. Notevole le differenze di prezzo, che per il guano in Perù era
fissato a 38 lire il quintale, mentre i concimi artificiali oscillavano fra
le 26 e le 20 lire il quintale. Purtroppo anche la qualità seguiva il
prezzo, non sempre in correlazione diretta. |
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