Nuovi concimi e macchine agricole
Settimo torinese - Stabilimento chimico Schiapparelli ( 1908 )
che già ai tempi di Cavour forniva concime chimico utilizzato nell'azienda
di Leri.
L'impiego di concimi chimici
Questo concime
Schiapparelli è un’iniziativa di Cavour che, a Parigi, vedendo alcune nitrerie artificiali, si convinse dell’utilità di una fabbrica di concimi
artificiali. Attuò I'idea nel 1847 e probabilmente fu la prima fabbrica
sorta non solo in Piemonte ma in Italia. In Torino i
fratelli Albani
fabbricavano zolfanelli col fosforo estratto dalle ossa degli animali
; Domenico Schiapparelli
al Regio Parco produceva anidride solforica ed ammoniaca servendosi delle
acque del gas illuminante, e fin dal 1837 al Lingotto il chimico
Rossi produceva
cloruro di calce e carbone animale, solfati e nitrati di ammoniaca. Sono
precisamente le fabbriche di Rossi e Schiapparelli che Cavour volle riunire,
costituendo una fabbrica di acido solforico, fosforo e vari altri articoli
richiesti dal paese. E poiché il paese era maturo, come scrive a
De La Rüe,
per una fabbrica di concimi, si doveva provvedervi coi residui
dell'industria chimica. La fabbrica lavorò ed estese
la lavorazione ad altri prodotti; nel 1849
iniziarono la fabbricazione delle candele steariche, le quali però
dovevano avere qualche difetto, oltre quello di assorbire capitali al di là
di ogni previsto. Cavour nel marzo 1849 si raccomanda a
De La Rive perché da
Genova gli mandi un pacchetto di candele inglesi, che a Torino non si
trovano, dovendo lo Schiapparelli studiarne la miccia. Qualche concime
chimico dovette essere preparato nello stesso anno d'inizio della fabbrica
nel 1847, perché in quel tempo si fanno a Leri
prove agricole di concimazione,
e nelle lettere a Corio si parla di incette di ossa che probabilmente
servono come materia prima alla fabbrica.
Non si dimentichi però che
per le prove che Cavour fa a Leri, non essendo certo del risultato,
desidera correre da solo il rischio degli esperimenti da lui continuati per
diversi anni in confronto ai concimi forestieri. Né le prove erano fatte a
caso, perché i diversi concimi venivano analizzati dall'Abbene,
chimico reputato, e paragonati fra loro in relazione all'azoto, sparsi in
quantità proporzionali sui terreni. Nelle prime prove, per mancanza di
esperienza, venivano messi in mucchietti sui semi, che restavano
bruciacchiati: più tardi li mescolarono con terra per meglio distribuirli e
lo spargimento venne provato anche in copertura nei mesi di primavera.
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Il guano del Perù
I primi anni non dovettero essere economicamente
brillanti, perché le condizioni del tenimento erano tutt'altro che
regolari. Cavour era sollecito nel raccomandare al
Corio di
non perdersi d'animo, perché l'agricoltore vive di contrarietà e perciò
deve fare viso duro a sorte avversa ed armarsi di pazienza, che è
la dote che ogni agricoltore deve possedere al massimo grado:
a fronte dei mediocri
risultati ottenuti, dobbiamo raddoppiare I'ardore, giacché
nella nostra
impresa agricola non si tratta solo di far guadagni, altresì di mantenere
l'acquisita riputazione, essendo per noi un affare di amor proprio quanto di
interesse.
Qualche volte le
prove di concimazione mettono in
imbarazzo gli sperimentatori,
specie l'uso del guano sui prati; però il Conte, con occhio
molto avveduto, si persuade che la prima causa degli inconvenienti sta
nell' essere i prati molto vecchi, per cui li vorrebbe tutti rinnovare, ed è contrario anche alla concimazione delle
risaie. Osservando l'andamento della produzione egli dice esplicitamente:
" il nostro sistema agricolo perfezionato dà risultati molto più
favorevoli per ciò che riflette le culture asciutte, che per le risaie.
Tengo per fermo che coltivando meno
riso si otterrebbero maggiori prodotti, perché la terra, portata all'
apice della produzione, dà un miglior prodotto il terzo, il quarto anno
della produzione, che non il primo."
Il
problema della trebbiatura meccanica |
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Cavour ebbe l'idea di
modificare i trebbiatoi scozzesi
da grano (di cui uno, mosso dall'acqua, era a Magliabruna, tenuta
reale presso Racconigi ) e quando conobbe l'ingegnere
Colli di
Novara, ne discusse con lui, stimolandolo allo studio delle macchine con
parole notevolissime: " Se una più lunga conoscenza mi desse il
diritto di porgergli un amichevole consiglio, io vorrei dirgli che, fornita
come ella è di tante cognizioni scientifiche e di un ingegno meccanico
particolare, ella dovrebbe tanto per la reputazione ch'ella potrebbe
acquistare quanto pure nel suo particolare interesse, coltivare
l'applicazione della meccanica industriale, ramo tanto negletto fra di noi.
L'impulso è dato nel nostro
paese, l'industria nascente deve prendere ogni giorno maggiori sviluppi.
Coloro i quali saranno in grado di
secondare e dirigere questo movimento, debbono di necessità acquistare fama
e fortuna. Le imprese delle strade ferrate che stanno per intraprendersi
aprono una larga carriera alle persone che posseggono la scienza ed il genio
meccanico. In verità mi dà pena il vedere una persona sua pari
occuparsi esclusivamente a dei lavori in gran parte materiali e che sono al
disotto delle sue cognizioni e dei suoi mezzi. Scuserà la libertà del mio
parlare; l'ardire ch'io prendo ha la sua sorgente nella viva simpatia ch'io
provo pei suoi meriti ed il desiderio ch'io provo di giovare al mio paese
eccitando i nostri ingegneri ad aprire nuove vie all'industria patria ".
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