Indice Cavour Avanti Indietro

Nuovi concimi e macchine agricole


Settimo torinese - Stabilimento chimico Schiapparelli ( 1908 )
che già ai tempi di Cavour forniva concime chimico utilizzato nell'azienda di Leri.

L'impiego di concimi chimici

Una delle principali applicazioni di Cavour alla industria della terra fu l’uso dei concimi chimici, adoperati tanto largamente da indurre a riflessione ed attenzione profonda molti coltivatori piemontesi, per effetto di alacre propaganda.
I concimi artificiali erano parte del suo programma di sviluppo agrario.  Fin dai primi anni dettò a Corio le norme per le esperienze, avendo ben chiaro in mente che comprare fieno è cattiva speculazione, perché “il concime più costoso è quello prodotto con fieno e paglia acquistati fuori del tenimento anche a discreto prezzo".  Con queste idee ben precisate, egli dapprima prova i cenci di lana avvertendo che li ritiene d'effetto poco sensibile sulla meliga, ma che si deve sentire sul grano e sui raccolti successivi; e per accelerarne la decomposizione, accrescendone il valore, pensa di macerare i cenci colle acque del gas.... cosa nuova, non mai tentata in Inghilterra.  Prova la polvere d'ossa bruciate proveniente dal Plata, il gesso e la calce come ammendamenti; i lupini per concimare la risaia stanca ed infine il concime Schiapparelli, fabbricato in Torino, a confronto col guano, sulla meliga dapprima e poi in più larga scala su prati e grani.

Questo concime Schiapparelli è un’iniziativa di Cavour che, a Parigi, vedendo alcune nitrerie artificiali,  si convinse dell’utilità di una fabbrica di concimi artificiali.  Attuò I'idea nel 1847 e probabilmente fu la prima fabbrica sorta non solo in Piemonte ma in Italia. In Torino i fratelli Albani fabbricavano zolfanelli col fosforo estratto dalle ossa degli animali ; Domenico Schiapparelli al Regio Parco produceva anidride solforica ed ammoniaca servendosi delle acque del gas illuminante, e fin dal 1837 al Lingotto il chimico Rossi produceva cloruro di calce e carbone animale, solfati e nitrati di ammoniaca.  Sono precisamente le fabbriche di Rossi e Schiapparelli che Cavour volle riunire, costituendo una fabbrica di acido solforico, fosforo e vari altri articoli richiesti dal paese.  E poiché il paese era maturo, come scrive a De La Rüe, per una fabbrica di concimi, si doveva provvedervi coi residui dell'industria chimica. La fabbrica lavorò ed estese la lavorazione ad altri prodotti; nel 1849 iniziarono la fabbricazione delle candele steariche, le quali però dovevano avere qualche difetto, oltre quello di assorbire capitali al di là di ogni previsto. Cavour nel marzo 1849 si raccomanda a De La Rive perché da Genova gli mandi un pacchetto di candele inglesi, che a Torino non si trovano, dovendo lo Schiapparelli studiarne la miccia.  Qualche concime chimico dovette essere preparato nello stesso anno d'inizio della fabbrica nel 1847, perché in quel tempo si fanno a Leri prove agricole di concimazione, e nelle lettere a Corio si parla di incette di ossa che probabilmente servono come materia prima alla fabbrica. Non si dimentichi però che per le prove che Cavour fa a Leri, non essendo certo del risultato, desidera correre da solo il rischio degli esperimenti da lui continuati per diversi anni in confronto ai concimi forestieri.  Né le prove erano fatte a caso, perché i diversi concimi venivano analizzati dall'Abbene, chimico reputato, e paragonati fra loro in relazione all'azoto, sparsi in quantità proporzionali sui terreni. Nelle prime prove, per mancanza di esperienza, venivano messi in mucchietti sui semi, che restavano bruciacchiati: più tardi li mescolarono con terra per meglio distribuirli e lo spargimento venne provato anche in copertura nei mesi di primavera.
 


L'aratura con il giogo dei buoi.
 

Il guano del Perù

Il concime maggiormente impiegato era il guano del Perù, che talvolta Cavour trovò di altissima qualità. Fu il primo ad importarlo nel Vercellese, destando grande curiosità fra gli agricoltori che, meravigliati, andavano a vedere quei monti di terra puzzolente, dove, frammisti a sabbia, si trovavano penne intatte di colori smaglianti di uccelli dei climi tropicali. Cavour adopera guano venuto dall'Inghilterra e da Genova, ma di questo è meno sicuro; poi, viste le grandi quantità adoperate, fa acquisti diretti a Lima in Perù.
Scrive al Corio di usarlo mescolato a concime di stalla, aggiungendo che, se non temesse di confondere gli agenti con troppe esperienze, manderebbe nitrato di soda, di cui si faceva grande uso in Inghilterra.
La loro pratica di concimazione, naturalmente, non fu esente da sbagli, ma il Conte accoglieva serenamente le utili lezioni dell'esperienza, soddisfatto se gli ordini suoi venivano eseguiti, perché non tollerava la minima insubordinazione, le bugie e le falsità. Del resto egli si assunse la responsabilità delle conseguenze e perciò non esitò, avendo aumentato troppo rapidamente il numero dei buoi e dei cavalli, quando gli mancava il fieno, a dichiarare che la colpa era sua, perché non ne aveva tenuto conto.

I primi anni non dovettero essere economicamente brillanti, perché le condizioni del tenimento erano tutt'altro che regolari.  Cavour era sollecito nel raccomandare al Corio di non perdersi d'animo, perché l'agricoltore vive di contrarietà e perciò deve fare viso duro a sorte avversa ed armarsi di pazienza, che è la dote che ogni agricoltore deve possedere al massimo grado: a fronte dei mediocri risultati ottenuti, dobbiamo raddoppiare I'ardore, giacché nella nostra impresa agricola non si tratta solo di far guadagni, altresì di mantenere l'acquisita riputazione, essendo per noi un affare di amor proprio quanto di interesse.
Le grandi quantità di guano che acquista costringono Cavour a farne la rivendita,
il che gli procura fastidi da parte di qualche avventore che insolentisce o che non paga; e talvolta non sa dove riporre i nuovi arrivi, perché per timore del colera le amministrazioni fanno difficoltà a lasciare stabilire depositi a Vercelli.
Gli agricoltori, stimolati dal suo esempio, lo imitano, ed allora vogliono guano; ed egli ne cede talora anche troppo, per cui il Corio si lagna.  Si lascia persuadere alla prova anche Marcone, il suo confinante, buon agricoltore, critico delle innovazioni di Leri, che però il Conte si rallegrava di avere come vicino perché " è un utile censore che ci impedirà di avere troppa buona opinione di noi".
Quando poi l'efficacia del guano è universalmente riconosciuta, egli ha dei concorrenti nella vendita, i quali vorrebbero far pagare il guano ricevuto direttamente a più alto prezzo di quello che giunge da Londra.

Qualche volte le prove di concimazione mettono in imbarazzo gli sperimentatori, specie l'uso del guano sui prati; però il Conte, con occhio molto avveduto, si persuade che la prima causa degli inconvenienti sta nell' essere i prati molto vecchi, per cui li vorrebbe tutti rinnovare, ed è contrario anche alla concimazione delle risaie. Osservando l'andamento della produzione egli dice esplicitamente: " il nostro sistema agricolo perfezionato dà risultati molto più favorevoli per ciò che riflette le culture asciutte, che per le risaie.  Tengo per fermo che coltivando meno riso si otterrebbero maggiori prodotti, perché la terra, portata all' apice della produzione, dà un miglior prodotto il terzo, il quarto anno della produzione, che non il primo."
Questa discussione sull'estensione della risaia occupa i due soci per diverso tempo.  Cavour vorrebbe portare la risaia sui 2/5 dell'avvicendamento anziché sui 3/5, e la pratica - generalizzatasi negli anni successivi - gli dette ragione, perché le risaie andarono restringendosi nelle rotazioni.

Il problema della trebbiatura meccanica

Gli aumentati prodotti gli imposero il problema di una più sollecita sistemazione e lavorazione, specie per il riso, che restava per molto tempo sulle aie esposto all'incostanza della stagione.  Per trebbiare, i manipoli erano distesi sull' aia, e sopra essi correvano i cavalli, mentre gli uomini separavano la paglia dal risone.
 


Sali, I cavalli trebbiano la tresca
Immagine tratta da E. Saviolo, Il dono del mio lavoro, Milano 1937
 

 

La trebbiatura era un’operazione che coinvolgeva molto gli agricoltori che impegnavano degli arnesi rudimentali: innanzi tutto il correggiato, un bastone snodato con cui gli operai a squadre si fronteggiavano e trebbiavano ritmicamente il cereale. Ugualmente utili in quest’operazione erano i bastoni, le pietre e le tavole…



Ma già nell’antichità per trebbiare delle grandi quantità di grano dovettero far ricorso, così come per l’aratura, alla forza animale. Sui covoni ammucchiati nell’aia venivano fatti girare un gran numero di animali e il calpestio dei loro zoccoli faceva uscire i chicchi dalle spighe, oppure una coppia di buoi trascinava sopra le spighe sparse circolarmente nell’aia una pietra di grandi dimensioni percorsa da scanalature nella faccia inferiore, oppure una pesante tavola di legno, costruita con grosse assi e munita nella parte inferiore di guide di ferro dentate e sporgenti.
 


Impiego di una mietitrice meccanica nei lavori agricoli ( stampa ottocentesca )
 

 Cavour ebbe l'idea di modificare i trebbiatoi scozzesi da grano (di cui uno, mosso dall'acqua, era a Magliabruna, tenuta reale presso Racconigi ) e quando conobbe l'ingegnere Colli di Novara, ne discusse con lui, stimolandolo allo studio delle macchine con parole notevolissime: " Se una più lunga conoscenza mi desse il diritto di porgergli un amichevole consiglio, io vorrei dirgli che, fornita come ella è di tante cognizioni scientifiche e di un ingegno meccanico particolare, ella dovrebbe tanto per la reputazione ch'ella potrebbe acquistare quanto pure nel suo particolare interesse, coltivare l'applicazione della meccanica industriale, ramo tanto negletto fra di noi.  L'impulso è dato nel nostro paese, l'industria nascente deve prendere ogni giorno maggiori sviluppi.  Coloro i quali saranno in grado di secondare e dirigere questo movimento, debbono di necessità acquistare fama e fortuna.  Le imprese delle strade ferrate che stanno per intraprendersi aprono una larga carriera alle persone che posseggono la scienza ed il genio meccanico.  In verità mi dà pena il vedere una persona sua pari occuparsi esclusivamente a dei lavori in gran parte materiali e che sono al disotto delle sue cognizioni e dei suoi mezzi.  Scuserà la libertà del mio parlare; l'ardire ch'io prendo ha la sua sorgente nella viva simpatia ch'io provo pei suoi meriti ed il desiderio ch'io provo di giovare al mio paese eccitando i nostri ingegneri ad aprire nuove vie all'industria patria ".
lo incoraggiò soltanto a parole, ma gli mise a disposizione a Leri una delle piste da riso e sopportò tutte le spese necessarie per le prove: gli bastò che il Colli lo assicurasse della probabile riuscita. Il Colli, modificando il trebbiatolo scozzese, ottenne una macchina movibile con tre cavalli attaccati ad un bindolo o colla forza idraulica, e ne presentò all'esposizione del '44 un piccolo modello che ebbe la medaglia d'oro, l'elogio di Carlo Ignazio Giulio e fu tra le cose più ammirate dagli agricoltori.

 


Seminatrice sottosuperficiale a 3 file -
Modello conservato presso il Laboratorio di agraria dell'ITCG di Vercelli
 


Costruì subito il trebbiatoio per Leri, aggiungendo, per suggerimento di Cavour, un cacciapaglia. Cavour soddisfattissimo di questa macchina,  che batteva duecento sacchi, ne fece costruire un'altra per il Torrione, studiando le necessarie modifiche per servirsi della caduta d'acqua,  perfezionandola con l'aggiunta di un ventilatore per la pulitura del riso. Il Colli, sollecitato da Cavour, gli fu largo di consigli e critiche; costruì anche dei trinciapaglia, ed a lavoro ultimato ambì avere le giuste osservazioni del Conte.
 


Separatore della pula dal chicco in fase di battitura -
Modello conservato presso il Laboratorio di agraria dell'ITCG di Vercelli
 


Fonte bibliografica: Cavour agricoltore: lettere inedite di Camillo Cavour a Giacinto Corio, Firenze 1913, Prefazione di E.Visconti - pp.32- 43
 

Home page, Camillo Cavour