Il 25 marzo 1957 fu
sottoscritto tra sei Paesi – Belgio, Francia, Germania Federale,
Lussemburgo, Italia, Olanda – il
Trattato di Roma, che aveva tre obiettivi fondamentali: una stretta
collaborazione politica ed economica tra i Paesi aderenti, la possibilità
dell’adesione alla Comunità da parte di ogni Stato europeo, la realizzazione
della completa liberalizzazione degli scambi in materia di merci, persone,
servizi e capitali. I suddetti obiettivi si perseguirono attraverso due
strumenti: le liberalizzazioni
interne e le politiche comuni
(commerciali, agricole, dei trasporti).
Per quanto riguarda l’agricoltura, prima
dell’entrata in vigore del Trattato di Roma, nei diversi stati venivano
perseguite politiche agricole divergenti tra loro, che tuttavia avevano lo
stesso scopo: porre le singole agricolture al riparo dalla concorrenza sui
mercati interni e sostenerne la presenza sui mercati internazionali.
In considerazione di tale
situazione e della particolare importanza rivestita dal settore primario
nell’ambito della economia comunitaria, partendo dal presupposto che anche i
prodotti agricoli avrebbero dovuto circolare liberamente, si decise di
instaurare una politica comune (
PAC ), che prevedeva la creazione di uno spazio unico europeo,
protetto dalla concorrenza internazionale.
Il Trattato di Roma fissò,
con l’art.39, le finalità della PAC, di seguito sinteticamente elencate:
1) incremento della
produttività dell’agricoltura
2) impegno ad assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola
grazie al
miglioramento del reddito individuale dei lavoratori
3) stabilizzazione dei mercati
4) garanzia di sicurezza degli approvvigionamenti
5) determinazione di prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori
Per il raggiungimento di
tali finalità il successivo articolo 40 del trattato aveva previsto la
creazione di una organizzazione
comune dei mercati agricoli, che poteva assumere una delle
seguenti forme:
-
regole comuni in materia
di concorrenza
-
coordinamento
obbligatorio delle diverse organizzazioni nazionali di mercato
-
organizzazione europea
del mercato
Il primo regolamento
comunitario relativo al riso entrò in vigore nel settembre del
1967 ( regolamento 359/67 );
successivamente modificato e codificato a partire dal 1° settembre 1976 (
regolamento 1418/76 ), rimase in vigore fino alla campagna
1995/96, quando fu emanato il
nuovo regolamento di base ( regolamento 3072/95).
Le disposizioni di tali
regolamenti si applicarono ai seguenti prodotti:
-
il
prodotto base nelle sue diverse forme ( risone, semigreggio, lavorato )
-
le rotture di riso
-
prodotti derivanti dalla
trasformazione
Per integrare i diversi
sistemi agricoli nazionali in un unico mercato comunitario si introdussero
tre principi fondamentali:
-
la fissazione di prezzi
unici per ciascun prodotto agricolo
-
la preferenza comunitaria,
intesa come obbligo di preferire i prodotti comunitari rispetto a quelli
di Paesi terzi
-
la solidarietà finanziaria
comune per le spese di funzionamento della PAC (ogni Stato contribuisce
alle spese, ma non proporzionalmente ai benefici ricevuti ).
Le
“Organizzazioni comuni di mercato”
relative ad ogni singolo prodotto fissarono un prezzo denominato
prezzo indicativo o “di
orientamento”, intorno al quale dovrebbe attestarsi quello
effettivo di mercato. Per il loro funzionamento erano previsti tre diversi
strumenti:
-
il ritiro dal mercato
della quota eccedentaria di offerta mediante il versamento ai produttori
di un prezzo detto
“di intervento”;
-
i prelievi agricoli all’importazione,
per eliminare le differenze di prezzo tra prodotti interni e prodotti
importati, fissando un prezzo
minimo detto “di soglia” o “di entrata”;
-
le
restituzioni all’esportazione,
cioè sovvenzioni agli esportatori per consentire il collocamento fuori
dalla Comunità dei prodotti agricoli comunitari eccedenti.
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Prezzo d'intervento
Riferito al risone viene stabilito per evitare che il prezzo
del riso greggio vada al di sotto di un livello ritenuto remunerativo per i
produttori; tale prezzo si riferisce alla zona più eccedentaria della
Comunità Europea, nel caso specifico Vercelli.
Nel corso della campagna risicola, che va dal 1° settembre al 31 agosto, il
prezzo di intervento subisce delle maggiorazioni mensili che si riflettono
su quello di mercato, causandone un aumento progressivo.
I regolamenti comunitari, a causa della formazione di eccedenze sul mercato
interno, prevedono la possibilità di acquisto, da parte di appositi
organismi, del riso consegnato dai produttori al suddetto prezzo di
intervento. L’Ente Nazionale Risi,
ente pubblico economico, è l’organismo
di intervento per l’attuazione delle norme comunitarie nel settore
agricolo.
Prezzo indicativo
Il prezzo indicativo, unico per tutta la
Comunità e fissato allo stadio di risone per una qualità tipo, non è quello
garantito al produttore, ma è il prezzo verso il quale dovrebbe orientarsi
il mercato nella zona più deficitaria della Comunità, considerata Duisburg;
pertanto i prezzi varieranno in relazione al rapporto produzione-consumo:
minimi nelle zone dove si hanno maggiori eccedenze di prodotto, massimi
nelle zone più deficitarie.
Il
prezzo indicativo
è così determinato:
prezzo
intervento + elemento mercato ( differenziale tra prezzo di mercato e prezzo
di intervento ) + spese di lavorazione + elemento rappresentativo delle
spese di trasporto tra Vercelli e Duisburg
Presso di entrata
Il meccanismo dei
prelevamenti
è quello che protegge in misura maggiore la produzione comunitaria. Tale
meccanismo si basa, oltre che sul prezzo indicativo, anche sul prezzo di
entrata, che varia a seconda che si tratti di riso semigreggio o
lavorato ( distinto tra riso lavorato tondo e riso lavorato medio e lungo).
Tale ultimo prezzo si determina
detraendo da quello indicativo le spese di trasporto e di
commercializzazione per spostare il prodotto importato dal centro di
importazione più vicino, identificato nel porto di Rotterdam, alla zona più
deficitaria rispetto a quest’ultima.
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Per meglio comprendere il
calcolo dei prelevamenti viene presentata una esemplificazione.
IL
CASO (ancora
in lire riferendosi ad anni precedenti l’introduzione dell’euro)
Si supponga che il prezzo indicativo del
prodotto nella zona di Duisburg sia stato di L. 28.000 il quintale e che le
spese di trasporto per trasferirlo dal porto di Rotterdam alla zona di
Duisburg ammontavano a L. 2.000 il quintale; inoltre si consideri che il
prezzo del prodotto sbarcato a Rotterdam in un determinato giorno sia stato
di L. 22.000 il quintale.
Determiniamo il prezzo di entrata:
p. entrata= prezzo
indicativo – spese trasporto e commercializzazione
p. entrata= L. 28.000 – L. 2.000 = L. 26.000
Prelevamento = L. 26.000 – L. 22.000 = L. 4.000
Quindi l’importatore pagherà L. 22.000 per ogni
quintale di prodotto arrivato al porto, L. 4.000 di prelevamento e L. 2.000
di spese di trasporto e commercializzazione; pertanto il prodotto importato
dai Paesi Terzi non potrà essere venduto nella zona più deficitaria (Duisburg)
a meno di L. 28.000 il quintale, che è il prezzo indicativo interno che deve
essere protetto.
In conclusione il principio fondamentale su cui si
basava la protezione del riso era che
nella Comunità
non si poteva importare merce ad
un prezzo inferiore al prezzo di entrata; se il prezzo sul mercato
internazionale saliva il prelievo diminuiva e viceversa.
Questo sistema dei prelevamenti è stato definito come un sistema di
dazi doganali mobili che
impediva al prodotto importato di mettere in pericolo il prezzo indicativo
fissato per la zona più deficitaria.
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Esportazione verso Paesi terzi
In relazione alle esportazioni dalla Comunità verso i Paesi Terzi
di prodotti soggetti al regime dei prelevamenti, come nel caso del riso,
veniva attribuito all’esportatore un
importo, detto “di restituzione”, pagato dallo Stato
membro nel cui territorio era stato compiuto lo sdoganamento, corrispondente
alla differenza tra il prezzo del prodotto sul mercato internazionale ed il
prezzo interno.
Tali restituzioni, se nel breve periodo aumentavano la competitività degli
esportatori sui Paesi Terzi, nel lungo periodo si riflettevano negativamente
sullo sviluppo del sistema risicolo, in quanto non si incoraggiava una
produzione qualitativa ma solo quantitativa, puntando sulle coltivazioni che
garantivano maggiori rese per ettaro, indipendentemente dalla possibilità
di collocamento sul mercato mondiale. Una rappresentazione schematica del
funzionamento del primo regolamento comunitario viene fornita dalla
seguente tabella:
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