Le città italiane nell'Ottocento: la Milano di Angelo Inganni
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C'è parecchia attenzione ai popolo minuto
( gli ottentotti di Berchet ) ed ai suoi piccoli traffici
in
questo ed in altri quadri dell'Inganni. "Le genti meccaniche e di piccioì
affare" di Manzoni, il "popolo" del romantico Berchet
si possono riconoscere in tale realistica rappresentazione. L'opera è una
chiara testimonianza della fine della soggezione al perdurante
Neoclassicismo, mediante l'accostamento alla storia della piccola borghesia,
con l'amore per le strade, gli angoli, le architetture della società
lombarda. I quadri dell'Inganni, saccheggiati dagli autori di stampe,
sembrano scenografie di piccoli teatri. Il pittore in effetti fu anche
scenografo. Sono gli anni in cui Milano passa dalla temperie del "Conciliatore"
all'amore per la scienza del "Politecnico" di Cattaneo. |
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Gli sviluppi della rappresentazione della città di Milano
nell'Ottocento si hanno soprattutto nell'ambito della Scapigliatura.
Giuseppe Mentessi
(Ferrara 1857 - Milano 1931), fu, con
Pellizza da Volpedo,
Longoni e
Morbelli, esponente di punta del gruppo di pittori che si
fecero sostenitori di un'arte socialmente impegnata. Fu
Gaetano Previati a
introdurlo nell'ambiente progressista e bohémien della scapigliatura
milanese. Partecipe degli ideali socialisti di
Filippo Turati,
l'artista non dimenticò mai le sue umili origini e concepì l'esercizio e
l'insegnamento dell'arte come missione al servizio dell'umanità. In questo
senso, la pittura elegiaca e sempre vicina agli umili di
Mentessi, il suo "inno
all'amore, al dolore, alla pietà" lo distanzia dal contemporaneo
Giovanni Boldini, con il quale
pure condivide una certa pennellata incisiva e tesa a cogliere il
dinamismo degli spazi aperti delle grandi città. |
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Giuseppe Mentessi, Piazza del Duomo di domenica, 1885-1890 ca |
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