Vitebsk, Parigi, Gerusalemme:
le città di Marc Chagall. Sfondo memoriale di un'avventura mistico-irrazionale,
fatta di visionarie, sintetiche narrazioni
( Notizie parzialmente tratte
da: V. Misiano, Chagall, Art e Dossier, Giunti 1989 )
Marc Chagall nacque a Vitebsk nel 1887. La città è importante centro amministrativo della Bielorussia occidentale, punto di incontro di diverse culture nazionali ( russa, polacca, ucraina, lituana e giudaica , dato che la maggior parte della popolazione è ebrea ). I bazar, le feste popolari e religiose che si succedevano una dopo l'altra in questa città multinazionale, il teatro ebraico e le rappresentazioni carnevalesche russe, le sinagoghe e le chiese ortodosse davano a Vitebsk un aspetto eccezionalmente pittoresco. Gran parte dell'immaginario di Chagall proviene quindi dal fascino caratteristico della sua città d'origine.
● Vitebsk, memoria delle origini
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Il mondo spirituale di Chagall viene abitualmente collegato all'hassidismo, quel movimento religioso molto diffuso nel mondo ebraico dell'Europa centrale che, a partire dal Seicento, aveva cercato di riformare il giudaismo ufficiale. Esso puntava più sull'esperienza mistico-irrazionale, che sulla semplice osservanza dei precetti religiosi. Alla base dell'hassidismo c'era cioè una spiritualità che valorizzava tutti gli aspetti della vita quotidiana, considerati come una manifestazione divina. Parlando con il popolo, i predicatori hassidici ( ma, sotto la loro influenza, anche i rabbini) non soltanto usavano le dotte citazioni e la retorica talmudiche, ma anche le leggende sagge e gli edificanti fatti della vita, mescolando il sacro e il profano, il reale e il miracoloso. Ed è proprio la lunga permanenza nella vecchia cittadina natale che può essere considerata l'accademia hassidica di Chagall. Così la vita del giovane passò tra la miseria e l'obbligo di essere felice, tra la disciplina severa e l'esaltazione liberatoria delle feste, tra l'attaccamento sacrale alle cose e le visioni cosmiche che trascendevano le apparenze.
● Parigi e Vitebsk |
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La sua prima permanenza a Parigi tra il 1910 e il
1914 lo giustifica completamente: tutto quello che venne creato dall'artista
nella capitale francese è cosi condizionato dalla nostalgia vitebskiana,
che molti studiosi, quasi ignorando l'esperienza parigina, unificano la sua
opera tra il 1907 e il 1920 sotto l'etichetta di "periodo russo".
Infatti, i primi quadri creati in Francia riproducono la stessa tematica
e le stesse immagini del periodo di Vitebsk: le scene della natività
(La nascita, 1911), le feste ebraiche ( Lo sabbath,
1910 ), i ritratti dei parenti ( II padre, 1910-1911 ); e, per
non lasciare nessun dubbio sull'origine della sua ispirazione, Chagall
riproduceva nei paesaggi cittadini le insegne russe delle botteghe e dei
negozi. |
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Tra i soggetti che richiamano l'esperienza giovanile di Vitebsk c'è senza dubbio Il violinista. Nella cultura tradizionale ebrea il violinista aveva un ruolo importante in occasione di nascite, matrimoni e funerali. Inoltre un violinista sul tetto suggeriva le condizioni degli Ebrei di tutto il mondo: una vita instabile come quella di un musicista che cerca di suonare il suo strumento restando in equilibrio in cima ad una casa. Questo tema si collega ad aneddoti familiari sul nonno e lo zio e la grande passione ed affezione che Chagall prova nei confronti dei musicisti, che da sempre hanno popolato la sua esistenza. La tela ha come figura centrale la coppia uomo-fanciullo, metafora dell'animo del musicista, che si staglia sullo sfondo costituito da una casa fuori dalla quale si trova una coppia abbracciata. Il fanciullo tende un berretto per chiedere l'elemosina mentre la figura accanto a lui suona una melodia al violino. |
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Proclamando la libertà assoluta dell'espressione
Chagall si serviva di questa per essere meglio accolto dalla istanza divina
e quindi riconosceva nella sua opera visionaria e irrazionale una solida
struttura nascosta («è libero soltanto quel cuore che ha una sua
logica e ragione»). Lo dimostrano tra l'altro Alla
Russia, agli asini e agli altri (1911-1912), Il
violinista verde (1920 ). Ossessionato dalle allucinazioni
nostalgiche, il pittore le riproduceva in questi quadri cosi come si
formavano nella sua mente: irrazionali e fantasmagoriche, con una
rappresentazione della realtà nei suoi assi d'orientamento (alto e
basso, destra e sinistra, lontano e vicino), assolutamente contraria alla
classica visione del mondo. Una figura umana può essere più grande degli
edifici, le isbe russe vengono dipinte all'inverso, nelle pance delle
cavalle gravide si vedono gli embrioni comodamente addormentati, le mucche
naturalmente volano nell'aria e i violinisti suonano sui tetti. Eppure una
certa logica è ben presente in queste immagini cosi eccentriche: una logica
specifica, ma severamente rigida. E basta rileggere le favole russe,
per capire che si tratta della logica della favola. E opportuno
ricordare che proprio in questo periodo, scoprendo il mondo folcloristico
e mitologico, la cultura moderna gli riconosceva una propria e sovrana
struttura mentale. La Russia in particolare era uno dei centri più
importanti delle nuove scoperte di carattere strutturalista e
antropologico. |
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● Vitebsk e il ritorno felice alla terra russa
Dopo il soggiorno parigino, allo scoppio della guerra
fece ritorno in Russia, dove partecipò all'azione culturale
rivoluzionaria, fondando a Vitebsk un'accademia aperta a tutte le nuove
tendenze, anche se il dissenso
politico e artistico con il suprematismo di Malevic lo
indurrà nel 1922, a tornare in Francia, per
stabilirvisi definitivamente . |
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● Un villaggio contadino devastato accanto alla visione fiabesca della rivoluzione " Chagall richiama le sue esperienze della rivoluzione di ottobre in un'opera del 1937 quando, ritornato dall'Italia, iniziò a lavorare al quadro La rivoluzione, che aveva ideato come una composizione complessa, di formato orizzontale, divisa in diversi gruppi. Nella enorme tela, a sinistra egli raffigurò una insurrezione popolare caotica, animata e irrazionale; a destra una isba russa con un contadino che si dispera per la casa devastata; vi è anche il solito ebreo errante, che scappa Impaurito per proseguire il suo eterno cammino. Ma più lo sguardo si sposta verso l'alto del quadro, più la rappresentazione cambia, e già sul tetto della isba devastata compare una coppia di innamorati sdraiati che si abbracciano, e vicino a loro il solito violinista che suona incantato, accompagnato da una orchestrina vitebskiana. Ed è li che si ritrovano anche le figure più care a Chagall: le capre e le vacche, l'artista al cavalletto, la giovane sposa e lui stesso, il musico del flauto magico, che vola suonando intorno al sole raggiante. Cosi la rivoluzione viene rappresentata nelle sue diverse dimensioni: quella storica e oggettiva, dolorosa e drammatica, e quella fantastica, lirica, intima. Il motivo più sorprendente è raffigurato al centro, dove si vede Lenin che miracolosamente mantiene l'equilibrio in aria appoggiandosi a un tavolo con la mano tesa. Questa immagine di un Lenin-saltimbanco era collegata alle memorie personali, dato che l'artista associava il tempo della rivoluzione al Teatro ebraico e ai suoi istrioni. L'immagine del leader bolscevico capovolto è una metafora puramente chagalliana: il Lenin-saltimbanco rappresenta la rivoluzione vista come arte, come teatro (che per Chagall era sempre stato il folcloristico baraccone ebraico). Capovolgere il mondo significava per lui accettare la realtà della favola, perché in Russia il mondo fiabesco veniva da sempre definito "il mondo capovolto", "il mondo alla rovescia". La rivoluzione vera e giusta, secondo il pittore vitebskiano, non era una insurrezione popolare, ma la cultura popolare al potere." ( da V. Misiano, Chagall, Arte e Dossier, 1989, op.cit, p.31-32 )
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La città devastata, vittima della ferocia
nazista, illustrata da narrazioni sintetiche e simboliche
"Nel giugno del 1941 Chagall è rifugiato in America
mentre avviene l'invasione tedesca nel suo paese natale. Le visioni
spaventose che continuavano a turbarlo trovarono adesso una nuova
giustificazione e forza. La sua
Vitebsk era effettivamente
occupata dall'esercito hitleriano, le sinagoghe incendiate, i suoi
concittadini repressi: gli incubi si erano realizzati. |
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● Una fantasia lirica di San Pietroburgo |
● L'omaggio alla città natale ormai confusa
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● Gerusalemme, Vitebsk, Saint Paul de Vence nel Cantico dell'amore
Le cinque tele
che illustrano il Cantico dei Cantici
offrono cinque variazioni sull'unico tema dell'amore.
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Il Cantico dei Cantici II ha un unico motivo ingrandito: l'albero inclinato appare come una palma sulla quale riposa l’amata (che per la posa ricorda la Venere di Giorgione). Sulla città di Gerusalemme uno spicchio di luna suggerisce la notte . Vicino al re David, alato come un angelo, sopra al trono di Salomone, un albero rovesciato sottolinea il carattere onirico del quadro. La sfumatura di colore scelta è il rosa sensuale della carne, che tende al bianco per illuminare il corpo dell’amata . Le linee sinuose del quadro evocano il letto di foglie sul quale essa riposa, leggera e vaporosa per suggerire l’aria nella quale l’albero sembra ondeggiare. |
Questo quadro ha una trama di cerchi che si intersecano e sono attraversati da linee oblique ed orizzontali, il tutto a raccontare una coppia di sposi. Nel cielo in cui sono celebrate le nozze due personaggi sorreggono un baldacchino, secondo la tradizione ebraica, mentre un angelo reca un cadeliere acceso. Nel quadro è possibile trovare anche l’itinerario personale di Chagall nel momento in cui dipinge il messaggio biblico: sono infatti presenti sia Vence, dentro alle mura di cinta, raccolta attorno alla cattedrale, e Vitebsk con la chiesa ortodossa e le sue casette. L'acrobata che cammina sulle mani, in alto a destra, evoca il circo, tema ricorrente nella pittura di Chagall. |
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