● Un gusto eclettico all'insegna della
modernità
La grande Esposizione di
arti decorative tenuta a Parigi nel 1925
è all'origine di termini come Art
déco (abbreviazione appunto di
arts décoratifs ) o
stile 1925, con i quali si
indica il particolare gusto diffuso nell'arredo, nella grafica, nella
moda in Europa ( soprattutto in Francia e in Austria ) e negli
Stati Uniti a partire dal primo
dopoguerra fino al 1930 circa. Qualche critico estende anche agli
anni Trenta l'ambito d'azione dell'Art Déco, includendo in essa gli sviluppi
del futurismo, dell'architettura razionalista, del Bauhaus e di De
Stijl.
Si tratta innanzitutto di una nuova fioritura delle arti applicate,
che non deve intendersi come
continuità — né teorica né formale — nel
modernismo dell'Art Nouveau, anche se alcuni
spunti ne sono derivati, soprattutto dal repertorio decorativo secco e
geometrizzato, ma insieme sontuoso, della
Secessione viennese. Il gusto Art déco —
poiché è meglio parlare di «gusto» piuttosto che di «stile» —
respinge in generale la fluidità, la simmetria, il dinamismo dell'Art Nouveau
a favore di forme geometrizzate e
simmetriche,
che assumeranno sempre maggiore stabilità negli anni Trenta.
● Alcune immagini emblematiche
A conferma dell'eterogeneità
dei modelli e dell'ecclettismo da cui è caratterizzata l'Art Déco,
in assenza di una teorizzazione omogenea di questa tendenza internazionale
del gusto artistico tra le due guerre, si possono affiancare le opere di
tre autori che incarnano emblematicamente tre sue diverse anime: il
solido decorativismo di questo gusto che guarda comunque all'arte
nella modernità.
Tamara de Lempicka, pittrice di origini polacche, allieva del
cubista André Lothe,
incarna senza dubbio
l'aspetto più sottile ed
intellettuale della modernità mondana, nel suo linguaggio
pittorico spinto
verso un'ardita deformazione
decorativa, che coesiste con sofisticati echi del ritorno all'ordine
classico. ( Ritratto della
duchessa de la Salle,1925 e Donna in blu con
chitarra,1929 ). Alle spalle delle sue scultoree immagini
femminili, quasi araldiche, compaiono
grigi sfondi di
architetture metropolitane.
Questi spazi esterni penetrano gli interni quasi ad attualizzare il
valore ieratico di soggetti densi di echi classici (
Pontormo,
Bronzino )
ed ottocenteschi (
Ingres )
L'opera di
Mario Sironi,
L'architetto ( 1922 ) e quella di
Nicolay Diulgheroff,
L'uomo
razionale fanno riferimento - in modo indiretto - a due altri
elementi di fondo del gusto déco, che guarda alla
modernità sull'onda del
progresso delle tecniche industriali e dei nuovi materiali di produzione .
Il quadro di
Sironi
richiama il ritorno ad un'idea di ordine e di stabilità, di
solidità e semplificazione della progettazione architettonica, che negli
anni Trenta evolverà nel
razionalismo e nel recupero del
classicismo
celebrativo
della romanità.
L'opera del pittore bulgaro
Diulgheroff ,
entrato in contatto con il
gruppo futurista torinese, fondato nel 1923 da
Fillia,
Ugo Pozzo e
Bracci,
testimonia simbolicamente un'altra anima del Deco: quella
meccanica.
E' infatti la macchina il nuovo emblema della modernità, che l'arte deve
celebrare, abbandonando come modello il mondo della
natura, con i suoi stilemi decorativi, ancora impiegati dall'Art Nouveau.
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0
Tamara de Lempicka, Donna in blu con chitarra,1929 |
Tamara de Lempicka, Ritratto della duchessa de la Salle, 1925 |
ar
M.Sironi, L'architetto, 1922
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1
N. Diulgheroff, L'uomo razionale, 1928
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● Oggetti ed ambienti dell'art déco
L'Art déco rifiuta in genere il presupposto teorico del
Modernismo, di una produzione qualificata ma diffusa a tutti gli
strati sociali, rilanciando l'oggetto di lusso, il pezzo unico,
in materiali preziosi e rari, di forme ricercate, con la conseguente
negazione del prodotto di serie.
Erano oggetti indirizzati a un'elite sociale,
formata dall'alta borghesia arricchita dalla guerra; si spiega quindi
come il tracollo di questa produzione, e di questo gusto, sia
avvenuto in coincidenza con la grande crisi economica mondiale del 1929.
Non sono estranei al mondo Arts déco spunti derivati dalle
avanguardie artistiche, dal
Futurismo al Cubismo,
riconoscibili nei giochi a
incastro di forme geometriche, nel gusto dei colori vivi e
dissonanti.
Per l'Italia gli esempi più notevoli sono in questo senso i mobili e gli
oggetti progettati da
Balla e
Depero,
presenti, con Prampolini,
all'Esposizione parigina del 1925. Il contributo dell'Italia allo sviluppo
della produzione Arts déco non fu infatti marginale: a Parigi erano
presenti i ferri battuti di
Alessandro Mazzucotelli, le stoffe di seta di
Guido Ravasi,
i gioielli di Giacomo
e Alfredo Ravasco, le
ceramiche di Ponti per
la Richard-Ginori
e di Francesco
Nonni per la Faenza, i vetri soffiati di
Zecchin per le
vetrerie Venini di
Murano. Sviluppi interessanti si ebbero nel campo della
grafica, dal manifesto
all'illustrazione, dalla vignetta al figurino di moda.
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Gio Ponti , Vaso di porecllana Ginori con
cavalli stilizzati, 1925
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Jeanne Lanvin, Lampada per tavolo da disegno,
1928
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G. Pagano, Arredamento di un ufficio di Palazzo Gualino a
Torino, 1928
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Lo studio
di Jacques Doucet a Neuilly (Parigi),
foto pubblicata su "L'Illustration" (1930). |
R. Paul Chambellan, cancellata per
il Chanin Building di New York (1928) |
Cinema Cartlon, Londra, 1930 |
● In Italia: dal futurismo al razionalismo
degli anni Trenta
Attività di sostegno e promozione delle arti decorative svolsero le
Biennali di Monza, avviate nel 1923 da
Guido Marangoni su una
formula ambigua che affiancava qualificati e aggiornati pezzi d'autore a una
produzione artigianale impostata su mistificanti recuperi folkloristici
delle tradizioni locali. Significativa è pure la nascita di alcune
riviste, come nel 1928 «La casa bella» di
Marangoni e
«Domus» di Ponti.
Ma a questa data i fasti frivoli ed evasivi del gusto Arts déco
stanno già declinando anche in Italia, mentre si affacciano nuove proposte:
da un lato gli arredi funzionali
e semplificati progettati dagli architetti razionalisti;
dall'altro quella mobilia di linea compatta, severa, spesso
massiccia, che avrà larga diffusione negli anni '30 e per la
quale si parla di «stile
Novecento» in rapporto agli sviluppi dell'architettura e
della pittura.
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H. Ferris, Studi per edifici, 1922
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E. Prampolini, Architettura nello spazio, 1920 |
E. Prampolini, Padiglione dei Futuristi a Torino, 1928
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A. Terragni, Monumento per i caduti in guerra a Como, 1933 |
M.G. Terragni. Edificio per appartamenti
detto Novocomum, Como 1927-28
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G. Mattè-Trucco, Le officine FIAT al Lingotto a Torino, 1916
- 1926
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