La presidenza Magrassi
Pietro Magrassi (Sale, Alessandria 1912 – Vercelli 1996)Oggi c’è da immaginarselo Pietro Magrassi, per tutti Piero, nascondersi nella mantellina nera di piccolo collegiale - per intenerire il padre - dopo qualche monelleria delle sue, insofferente com’era alla disciplina troppo dura del collegio: purtroppo necessaria perché il padre, rimasto vedovo presto, era impegnato lontano da casa, nel lavoro di geometra nella costruzione di strade in Sardegna. Notizie e immagini di carattere familiare queste, forse inedite, che saltano fuori dai colloqui con le figlie Maria Pia e Rosaria che - a ragione - non esitano a tratteggiare anche il ritratto informale di un uomo autorevole, dal curriculum di prim’ordine: laurea in Lingua e letterature straniere presso l’Università di Torino, studi di tedesco a Monaco di Baviera, docenza lunghissima al«Cavour» (ancora oggi indimenticabili nel ricordo degli ex allievi le sue lezioni su Dante), seguirono quindi incarichi di presidenza all’Istituto per l’anno scolastico 1964-’65, alla morte del preside Cuppini, poi all’Ipsia, in seguito al Liceo Linguistico «Ugo Foscolo»; né va trascurata la sua direzione del Liceo musicale Viotti, e l’organizzazione delle manifestazioni internazionali della Società del Quartetto. Per qualche tempo fu impegnato nell’attività di consigliere e assessore comunale e come membro di varie associazioni, tra cui la Società operaia di Vercelli. Da tutte le testimonianze emergono le sue doti di decisionismo e di umanità. Nell’esperienza didattica partiva dalla convinzione che chiunque sul posto di lavoro dovesse sentirsi un collaboratore necessario alla realizzazione di un progetto: in tale ottica riusciva a valorizzare le risorse umane di ciascuno a vantaggio di tutti. Guglielmo Ivaldi, che lo affiancò nel lavoro di biblioteca ci ha lasciato un ricordo straordinario di Magrassi; e la bidella Gisella Roselli, detta da Magrassi “il Gisellino”, creatura bistrattata dalla sorte, unica, della sua famiglia, scampata alle foibe (e piovuta come per caso a Vercelli, dove rimase definitivamente) sviluppò nei confronti dell’Istituto, soprattutto per merito di Magrassi, allora vice preside, un sentimento di affezione così devota da meritare oggi, anche lei, a buon diritto, un posto nell’album di famiglia del «Cavour».
Occorre ricordare anche l’impegno sociale di Magrassi
nell’immediato dopoguerra; in qualità di presidente della Gioventù italiana
organizzò campeggi estivi in montagna, soggiorni nelle colonie marine ed
elioterapiche. Era interessato a conciliare vita sociale e cultura: per
esempio al «Cavour» già negli anni Cinquanta si realizzarono viaggi
d’istruzione nelle principali capitali e città europee: Vienna, Monaco,
Norimberga, Barcellona, Parigi. Ma fu all’insegnamento che dedicò gran parte della sua vita, praticandolo con una vocazione mai venuta meno soprattutto all’Istituto, come ebbe modo di ricordare nell’intervento dell’ottobre 1982 comparso sulla pubblicazione dell’Associazione degli ex allievi 1941-42 e 1942-43, in occasione del quarantennio del loro diploma: «Nella mia vita non mancano certo altri ricordi, quelli bellici, ma significano internamento nei campi di concentramento, violenza, fame e morte: non sono belli e non li voglio ricordare né rivivere. Ben altro significato assumono i ricordi della scuola, in essi trionfano la giovinezza, la vita, la serenità ed una forse immodesta sicurezza di avere fatto qualcosa di buono. Sento di avere contribuito alla formazione culturale e perché no anche di un certo carattere di tanti ragazzi, allora mi chiedo, cosa potevo fare di meglio?». |