Anton Giulio Brignole Sale        

Consigli all’innamorato              

 

   Chi nel regno almo d'Amore

         brama l'ore - trar serene

         fuor di pene,

         d'una sola amante stolto

         non si chiami;

6            molte n'ami, - ma non molto.

 

          Finga pene per ciascuna,

        ma nessuna - abbia la palma

        d'arder l'alma;

        talor esca in mezzo al viso

        breve pianto,

12    ma fra tanto - in cor sia riso.

     

          La modesta, se ti scaccia,

        tu procaccia - che l'audace

        ti dia pace;

        se la bianca ti beffeggia,

        la brunetta

18    per vendetta - e tu vagheggia.

 

         Quando vede donna bella

        che sol ella - nel tuo petto

        ha ricetto;

        in trofeo, meschin, ti mena,

        flagellato,

24    condannato - a vil catena.     

 

  Ma se scorge che tu scaltro,

        tosto ad altro - amabil volto

        sarai vòlto,

        non si mostra più severa,

        ma pietosa,

30    amorosa, - lusinghiera.

    

         Quel van titolo di fede,

       che ognun chiede - e ognun desia,

       è pazzia.

       A vestirsi è fede avezza

       di candore,

       ch'è il colore - di sciocchezza

 

La finzione diventa regola d’amore: l’innamorato dovrà dissimulare i suoi sentimenti fingendo il contrario di ciò che prova e usando la gelosia come arma di seduzione. La metrica ricercata della sestina, con il verso spezzato dalla rima interna, accentua l’impressione di artificio e paradosso. Colpisce la “sentenza” finale, di sapore dissacrante, che gioca sull’ambivalenza della parola candore: la fedeltà, la sincerità in amore – che ognuno, nonostante tutto, desidera - è pazzia; la pretesa di purezza simboleggiata dal bianco è solo vana stoltezza. Nel divertissement del poeta spunta una vena amara.

 

Anton Giulio Brignole-Sale (1605-1662) appartenne a una famiglia tra le più illustri della nobiltà genovese (era figlio del doge Gian Francesco). Ambasciatore alla corte di Spagna per diversi anni, fu letterato e mecenate, amico del pittore Van Dyck a cui commissionò un celebre ritratto equestre (conservato nel museo di Palazzo Rosso a Genova).  Nel 1647 attraversò una grave crisi dovuta alla morte della moglie; ne uscì soltanto quando fu ordinato sacerdote (1649). Nel 1652 entrò nell'Ordine dei Gesuiti rivelandosi un ottimo e dotto predicatore. La sua ampia produzione letteraria tocca generi diversi, dalla lirica alla commedia, alle traduzioni di epigrammi dal greco; nell’ultima fase della vita si dedicò all’agiografia, con un particolare interesse per le conversioni (la più nota è quella di Maria Maddalena).

 

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