Giuseppe Battista
Bugie dei poeti d’amore
Scrivo talor che m'avviluppa un laccio,
narro talor che mi saetta un guardo;
ma favoloso è del mio sen lo 'mpaccio
e dell'anima mia mentito il dardo.
Crede altri già ch'io ne' martir mi sfaccio,
e che di fiamme in un torrente io ardo;
ma quel foco ch'io mostro è tutto ghiaccio,
e 'l martir che paleso anco è bugiardo.
Tra gli scherzi acidali onesto ho il core,
ed al garrir di questa penna giace
sordo il pensier, che non conosce amore.
Cantò Pale Marone e 'l dio del Trace,
né vincastro trattò, rozzo pastore,
né brando fulminò, guerriere audace.
Il poeta confessa: nulla di ciò che scrive è vero, nulla corrisponde realmente ai suoi sentimenti. Il suo amore, espresso in immagini stereotipate (il laccio, il dardo, le fiamme) è favoloso, mentito, bugiardo; il suo animo è sordo, incapace di provare un sentimento autentico. Ma non per questo la sua poesia ha minor valore. Anche Virgilio, indiscusso maestro, cantò della vita bucolica e della guerra senza essere mai stato pastore né soldato…La finzione è la natura stessa dell’arte, in un certo senso anche dell’arte di amare.