La storia e la vita dell’uomo si intendono come un
continuo eterno ritorno, un' ininterrotta ripetizione di
momenti prevedibili che si
inseguono sempre simili gli uni agli altri: nascita, adolescenza,
maturità, vecchiaia, morte < per quanto concerne la vita
umana > inverno, primavera, estate, autunno, inverno < nella
vita della natura > / riposo del seme invernale,
aratura, semina, germinazione delle messi, vegetazione, maturazione, raccolto,
riposo della terra < per quanto riguarda i ritmi del lavoro
contadino >.
Nella mentalità del contadino medievale tutto era basato sull'ordinata
e ricorrente ripresa della vita della natura, mentre la
giornata è percepita variamente a seconda della durata del giorno e della
notte e soprattutto in base alla quantità del lavoro svolto, non
servendosi di intervalli predefiniti misurati oggettivamente ( come
siamo soliti fare noi oggi con l'aiuto di orologi e calendari ). Il
lavoro contadino era segnato dal suono delle campane, dalla
durata dell’illuminazione delle giornate nelle diverse stagioni.
I monaci si orientavano - per rapportarsi al tempo - sulla base della scansione
delle concrete attività svolte; ad esempio la regola
benedettina parlava indirettamente di tempo facendo riferimento al
numero di documenti copiati nello scriptorium od al numero
delle candele consumate per leggere un'orazione.
Il senso della storia mancava,
poiché era assente la ricerca dell'evoluzione e del mutamento. Si pensava
ad un eterno presente, continuamente riproponibile nelle stesse forme.Nelle società barbariche questo
senso dell’eterna ripetizione arrivava fino al punto di perdere il senso
della distinzione tra il passato e il presente, tanto più che gli
antenati -secondo il loro culti - potevano reincarnarsi e la storia poteva, in
sostanza, presentarsi come un ciclo di eterni ritorni.
|