U. Foscolo - Dei sepolcri ( 1806 )
Nuclei concettuali del carme
Il grafo sintetizza le varie sezioni del carme,
da cui è possibile accedere direttamente al testo, operando sui link
attivati nelle aree colorate. L'area
viola individua le prime sezioni argomentative, che
contrappongono alle tesi
materialistiche (1) l'illusione che il sepolcro possa operare la
corrispondenza di amorosi sensi
tra vivi e defunti (2). |
DEORUM MANIUM IURA SANCTA
SUNTO. |
I DIRITTI DEGLI DEI MANI SIANO SACRI DODICI TAVOLE |
All'ombra de' cipressi e dentro l'urne |
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Ma perché pria del
tempo a sé il mortale |
Ma perché l'uomo, prima che
sia il tempo di morire dovrà privarsi dell'illusione ( di poter sopravvivere ) che lo trattiene al di qua della soglia della morte? Non continua vivere anche sottoterra, quando non potrà più parlargli l'armonia delle cose, se può suscitare l'illusione della sua vita nella mente dei suoi attraverso una'affettuosa condivisione di sentimenti? Dote divina è questa corrispondenza affettiva tra vivi e defunti; e spesso grazie ad essa si vive con l'amico che non è più; e l'estinto con noi, a patto che la terra, che appena nato lo accolse e lo nutrì, offrendogli pietosamente l'ultimo rifugio nel suo grembo materno, renda sacri i suoi resti, dall'azione distruttrice della natura e dal piede profanatore del volgo, e a patto che una pietra tombale conservi il suo nome, ed un albero amico, profumato di fiori, consoli le ceneri con le sue gradevoli ombre. |
Sol chi non lascia
eredità d'affetti |
Solo chi non lascia dietro di sè eredità d'affetti non ricava conforto dal sepolcro; e se anche guarda dopo le esequie, vede vagare la sua anima fra i lamenti dei dannati nelle regioni infernali; o rifugiarsi sotto le ali del perdono di Dio: ma lascia i suoi resti alle ortiche di una terra dimenticata; dove non viene a pregare una donna che lo ami; né il passante solitario può sentire il sospiro cher la natura ci manda dalla tomba. |
Pur nuova legge impone oggi i sepolcri |
Nonostante ciò
una nuova legge impone di seppellire i morti in cimiteri comuni fuori delle città, e sottrae ad essi la possibilità di avere una lapide con il loro nome. E privo di un suo sepolcro resta Parini, il tuo sacerdote o Talia ( musa della poesia satirica), che, cantando in tuo onore, coltivò nella sua povera casa un alloro e ne appendeva corone in segno di devozione; e tu o Musa, gli ispiravi col tuo sorriso la satira del canto ( il Giorno ) con cui il poeta colpiva i giovani nobili lombardi, oziosi e corrotti ( come Sardanapalo ), a cui stavano a cuore solo le proprietà, il muggito dei buoi, che dalle stalle del lodigiano e del Ticino li rendevano felici, procurando loro ozio e cibi pregiati. O bella Musa, dove sei ora? Fra questi tigli dove siedo sospirando la mia patria, non sento diffondersi nell'aria il profumo d'ambrosia, segno della tua presenza immortale. E tu venivi e sorridevi a Parini, sotto quel tiglio che ora, come intristito, freme perché non copre il sepolcro del vecchio, a cui aveva offerto generosamente, in vita, tranquillità e ombra. Forse, tu, o Musa, vaghi tra le ombre plebee dei cimiteri suburbani, cercando la tomba del tuo Parini? La corrotta città di Milano, che attira e compensa con fama e successo i cantati evirati, a lui non ha dedicato una tomba, cipressi che la ombreggiassero, un'epigrafe che lo ricordasse; e forse il corpo di Parini è insanguinato dal capo di un ladro, reciso sul patibolo a causa dei suoi delitti. Tra le macerie di tombe in rovina e tra gli sterpi che crescono fra di esse senti venire la cagna randagia,che vaga tra le fosse ed ulula famelica e vedi un'upupa uscire dal teschio, dove si era rifugiata per fuggire alla luce lunare, e svolazzare tra le croci sparse per il campo del cimitero, e (senti) l'immondo uccello lanciare il suo lugubre verso, con cui sembra rimproverare le stelle perché illuminano con il loro raggio pietoso le sepolture dimenticate. Invano Invochi dalla notte arida delle rugiade sulla tomba del poeta. Sui morti purtroppo non spuntano fiori, se l'estinto non sia onorato dai vivi con lodi e lacrime, segno d'affetto. |
Dal dí che nozze e
tribunali ed are |
Dal giorno in cui le istituzioni
della famiglia, della giustizia e della religione, consentirono agli uomini,
un tempo allo stato di barbarie, di essere pietosi di se stessi e dei propri
simili, i vivi sottraevano all'azione distruttrice dell'aria ed alle belve i poveri resti umani che la Natura, con un'azione di continua trasformazione della materia, destina ad altri scopi. I sepolcri erano testimonianza delle glorie del passato e altari per i figli; dalle tombe venivano i responsi dei Lari ( divinità dei defunti ), e fu temuto il giuramento pronunciato sulle ceneri degli antenati: le virtù patrie, congiunte con la pietà, tramandarono per una lunga serie di anni il culto religioso dei morti in varie forme. |
Non sempre i sassi sepolcrali a' templi |
Non sempre le pietre tombali facevano da pavimento alle chiese; né il puzzo dei cadaveri, mescolato al profumo dell'incenso contaminò i fedeli che pregavano: e neppure le città erano rattristate da raffigurazioni di scheletri: le madri balzano terrorizzate dal sonno e tendono le braccia nude a proteggere il figlio lattante, affinché non lo destino i lunghi gemiti di un defunto che chiede agli eredi di far celebrare a pagamento in chiesa delle messe a suffragio della sua anima. Ma cipressi e cedri impregnando l'aria primaverile di puri profumi protendevano sulle tombe i loro verdi rami, simbolo del perenne ricordo e preziosi vasi raccoglievano le lacrime votive. Gli amici sottraevano una favilla al sole per illuminare l'oscurità delle tombe, perché l'uomo, morendo, cerca la luce del Sole; e tutti mandano un'estremo sospiro di rimpianto alla luce che li abbandona. Le sorgenti versando acque purificatrici facevano crescere amaranti e viole sulla terra delle tombe; e chi sedeva presso il sepolcro a spargervi latte o a raccontare le sue pene ai cari defunti, sentiva intorno un profumo come se fosse nei Campi Elisi, tra i beati. Illusione pietosa per i morti è quella che rende cari alle fanciulle inglesi i giardini dei cimiteri suburbani, dove spinge l'amore per la madre perduta, ma dove pregano anche i Geni protettori della patria, affinché concedano il ritorno dell'eroe Nelson, che dopo la vittoria contro Napoleone, si scavò la bara nell'albero maestro della nave francese sconfitta. |
Ma ove dorme il furor d'inclite gesta |
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A egregie cose il
forte animo accendono |
Le tombe dei grandi
uomini infiammano gli animi nobili a compiere grandi azioni Io quando vidi le tombe di Santa Croce dove riposa Machiavelli, quel grande che, fingendo di rinsaldare il potere dei regnanti ne mostra i limiti, e rivela ai popoli quanto il potere si fondi sulle sofferenze e sul sangue; e il sepolcro di Michelangelo che innalzò a Roma la cupola di San Pietro;e la tomba di Galileo, che, mediante il telescopio, vide più pianeti ruotare nella volta celeste, e il sole illuminarli immobile, aprendo le vie della ricerca astronomica a Newton, che vi fece straordinari progressi; - Beata te - gridai - Firenze, per la tua aria generatrice di vita, e per le acque pure dei fiumi e dei ruscelli che la catena appenninica manda verso di te! Lieta del tuo cielo terso, la luna riveste con la sua luce limpidissima i tuoi colli in festa per la vendemmia, e le vallate popolate di case e uliveti mandando al cielo mille profumi di fiori: tu per prima udisti il poema che alleviò lo sdegno a Dante esule, tu, Firenze per prima desti i genitori e la lingua a Petrarca, attraverso i cui versi sembrava parlare la dolce voce della musa Calliope, quando il poeta spiritualizzò l'amore, che pagano nel mondo classico era restituito alla Venere celeste. Ma soprattutto Firenze sei felice perché conservi, riunite in un luogo sacro, le glorie italiane, uniche forse rimaste all'Italia, da quando i confini delle Alpi mal difesi e la legge ineluttabile delle sorti umane ti privarono di eserciti, di ricchezze, di culti dello stesso concetto di patria e, tranne che della memoria, di ogni altra cosa. Se un giorno tornerà a risplendere una speranza di gloria per gli animi generosi e per l'Italia; di qui verremo a trarre ispirazione ed agire. Alle tombe di S. Croce venne spesso Vittorio Alfieri ad ispirarsi. Irato contro gli dei protettori della patria, ( indifferenti alla sua degradazione ),vagava in silenzio in riva all'Arno, dove ci sono luoghi più deserti, guardando i campi ed il cielo, desideroso di trovarvi un conforto alle proprie delusioni politiche, e poiché nessun aspetto del mondo dei vivi alleviava la sua pena, quell'uomo austero veniva a fermarsi tra le tombe dei morti di S.Croce, ed aveva sul volto il pallore della morte e la speranza della rinascita italiana. Con questi grandi uomini riposa per sempre ed i suoi resti sembrano fremere per amore della patria. |
Ah sí! da quella |
Ah sì! Da quella pace sacra parla una divinità: e alimentava la virtù greca e l’ira contro i Persiani a Maratona dove Atene consacrò delle tombe ai suoi guerrieri. Il navigante che fece rotta lungo l’isola di Eubea, vedeva attraverso l’oscurità balenare le scintille degli elmi e del cozzare delle spade, i roghi dei cadaveri emanare fumo, vedeva fantasmi di guerrieri luccicanti di armi ferree cercare la battaglia; e all’orrore del silenzio notturno si spandeva nel campo di battaglia il tumulto ed il suono delle trombe di guerra, ed un incalzare di cavalli scalpitanti sugli elmi dei moribondi ed il pianto dei vinti e gli inni dei vincitori ed il canto delle divinità della morte |
Felice te che il
regno ampio de' venti, |
Fortunato Ippolito (
Pindemonte ) che attraversavi il ventoso mare greco nei tuoi anni giovanili! E se il timoniere indirizzò la nave oltre le isole egee, certo udisti le rive dell'Ellesponto risuonare delle antiche gesta, e la marea rumoreggiare riportando sul promontorio retèo le armi di Achille sopra i resti di Aiace: agli animi generosi la morte distribuisce equamente la gloria; né l'astuzia, né il favore dei re Agamennone e Menelao consentirono ad Ulisse di conservare le spoglie di Achille, difficile da ottenere, poiché il mare, sconvolto dagli dei infernali, le tolse alla nave di Ulisse, che vagava durante il ritorno in patria. |
E me che i tempi
ed il desio d'onore |
Le Muse, animatrici della vita dello spirito umano, chiamino me, che le circostanze storiche ed il desiderio di fama fanno peregrinare tra varie genti, a celebrare gli eroi. Esse siedono a custodia delle tombe e quando il tempo, con le sue fredde ali, le distrugge e ne cancella persino le rovine, esse, nate sul monte Pimpla, ( conservano le memorie ) rasserenando i luoghi abbandonati con i loro canti, e la loro armonia vince il silenzio di mille secoli. |
Ed oggi nella Troade inseminata eterno splende a' peregrini un loco, eterno per la Ninfa a cui fu sposo Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio, onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta talami e il regno della giulia gente. Però che quando Elettra udí la Parca che lei dalle vitali aure del giorno chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove mandò il voto supremo: - E se, diceva, a te fur care le mie chiome e il viso e le dolci vigilie, e non mi assente premio miglior la volontà de' fati, la morta amica almen guarda dal cielo onde d'Elettra tua resti la fama. - Cosí orando moriva. E ne gemea l'Olimpio: e l'immortal capo accennando piovea dai crini ambrosia su la Ninfa, e fe' sacro quel corpo e la sua tomba. Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando da' lor mariti l'imminente fato; ivi Cassandra, allor che il Nume in petto le fea parlar di Troia il dí mortale, venne; e all'ombre cantò carme amoroso, e guidava i nepoti, e l'amoroso apprendeva lamento a' giovinetti. E dicea sospiranda: - Oh se mai d'Argo, ove al Tidíde e di Läerte al figlio pascerete i cavalli, a voi permetta ritorno il cielo, invan la patria vostra cercherete! Le mura, opra di Febo, sotto le lor reliquie fumeranno. Ma i Penati di Troia avranno stanza in queste tombe; ché de' Numi è dono servar nelle miserie altero nome. E voi, palme e cipressi che le nuore piantan di Priamo, e crescerete ahi presto di vedovili lagrime innaffiati, proteggete i miei padri: e chi la scure asterrà pio dalle devote frondi men si dorrà di consanguinei lutti, e santamente toccherà l'altare. Proteggete i miei padri. Un dí vedrete mendico un cieco errar sotto le vostre antichissime ombre, e brancolando penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne, e interrogarle. Gemeranno gli antri secreti, e tutta narrerà la tomba Ilio raso due volte e due risorto splendidamente su le mute vie per far piú bello l'ultimo trofeo ai fatati Pelídi. Il sacro vate, placando quelle afflitte alme col canto, i prenci argivi eternerà per quante abbraccia terre il gran padre Oceàno. E tu onore di pianti, Ettore, avrai, ove fia santo e lagrimato il sangue per la patria versato, e finché il Sole risplenderà su le sciagure umane. |
Ed oggi nella
Troade
disabitata, eterno nella memoria risplende un luogo agli stranieri, grazie alla ninfa Elettra, amata da Giove, a cui diede per figlio Dardano, dal quale nacquero Troia ed Assaraco, i cinquanta figli ed il regno della strirpe Giulia ( i Romani ). Quando Elettra udì Atropo, la Parca della morte, che la chiamava lontano dalla vita terrena all'Eliso, il regno dell'oltretomba. A Giove rivolse la sua ultima preghiera.- E se - diceva - a te furono cari miei capelli ed il mio viso e le dolci veglie d'amore, e non mi è concesso dal volere divino un premio migliore, almeno guarda benevolmente dal cielo la tua amata morta, cosicché della tua Elettra rimanga almeno il ricordo.- Così pregando Elettra moriva. E ne piangea la morte tutto il monte Olimpo: Giove, piegando il capo in segno di consenso faceva cadere l'ambrosia sulla Ninfa; e rese sacro quel corpo e il suo sepolcro. Quivi fu sepolto Erittonio, e ivi riposano i resti del giusto Ilo: ivi le donne troiane scioglievano le loro chiome, inutilmente, tentando di tener lontana la morte imminente dei loro cari. Ivi venne Cassandra, quando un dio in petto le face profetizzare il giorno fatale per la città di Troia, e ai defunti rivolse un canto denso d'affetti; insegnava ai giovani troiani il culto dei morti, con un canto funebre e amoroso. E diceva sospirando: Oh se mai da Argo a voi il destino consentirà di ritornare, dove come schiavi porterete al pascolo i cavalli di Diomede e di Ulisse, invano cercherete la vostra patria! Le mura di Troia, opera di Febo Apollo fumeranno sotto i loro resti. Ma gli dei protettori di Troia continueranno a risiedere in questi sepolcri; poiché è dono degli dei conservare anche nella rovina la loro fama gloriosa. E voi palme e cipressi, che crescerete ben presto. nutriti dalle lacrime delle vedove troiane, proteggete i miei padri; chi la scure terrà lontana pietoso dalle sacre foglie meno avrà da dolersi della morte dei congiunti, e potrà toccare gli altari degli dei con mano pura: < palme e cipressi > proteggete i miei padri Un giorno vedrete mendico e cieco un poeta vagare sotto le vostre antichissime ombre, e brancolando entrare nei sepolcri, abbracciare le urne, e interrogarle: Gemeranno le tombe nelle parti più interne, e narreranno la vicenda di Troia rasa al suolo due volte e due volte ricostruita splendidamente sui suoi resti per fare più bello e grande l'ultima vittoria dei Greci baciati dal destino. Il sacro poeta Omero placando quelle anime con i suoi versi, renderà eterno il ricordo dei Greci vincitori per tutte le terre che abbraccia il grande oceano. Anche tu avrai l'onore del ricorso; Ettore, ovunque sia consacrato e compianto il sangue versato per la propria patria, per sempre finché il sole risplenda sulle sciagure uman |