La mostra del centenario ( 1954 )
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La Mostra ebbe il sostegno e la partecipazione di tutte le autorità cittadine, dei deputati vercellesi, di associazioni culturali ed enti italiani ed esteri; tennero discorsi l’arcivescovo Mons. Francesco Imberti, varie personalità della politica e della imprenditoria: l’allora onorevole Oscar Luigi Scalfaro, in rappresentanza del Governo, e il commendator geometra Vaglio Rubens, all’epoca presidente dell’Associazione ex allievi. Nel suo discorso il biellese Vaglio Rubens con orgoglio ricordò che «l’Istituto “Camillo Cavour” era stato la colonna vertebrale della struttura economica vercellese […] il primo forgiatore di uomini tecnici, uomini pratici, di uomini che hanno realizzato nella vita quotidiana con il lavoro assiduo, quotidiano, il benessere vero, il benessere del popolo». Il DOCUMENTO «[…] da queste aule uscirono i tecnici agricoli che consigliarono i primi agricoltori orientati a seguire i sistemi di coltivazione razionale, furono loro maestri, furono loro i costruttori dei primi impianti di irrigazione, costruirono la rete di canalizzazione, le strade poderali, i fabbricati rurali e tutto ciò che poteva servire per lo sviluppo della nostra agricoltura. Da queste aule uscirono i ragionieri che portarono assetto alle amministrazioni delle nostre aziende, che valorizzarono i nostri prodotti e li divulgarono e impostarono il commercio estero e interno che tanto profitto ebbe ed ha tuttora per la nostra regione. E uscirono di qua tanti costruttori, di strade, di ponti, di ferrovie, di dighe, di tanti edifici in Patria e fuori dove portarono sempre dovunque alto il nome di questo Istituto, che li ha preparati, che li ha indirizzati, che ha dato loro i mezzi per costruire le grandi opere che hanno eseguito» (dall’intervento di Vaglio Rubens per la Cerimonia di inaugurazione del Centenario dell’Istituto, Vercelli, 1954). La Scuola è tenuta in grande considerazione: inviano auguri per il centenario l’allora ministro della Pubblica istruzione Martino, il Ministro dell’Education nazionale française Berthoin, il Provveditore agli Studi di Milano Schettini, l’Ambasciata britannica di Roma, l’Organizzazione turistica irlandese di Dublino. All’esposizione, allestita in Istituto, fece seguito, nel 1958, una pubblicazione-annuario, una sorta di catalogo della Mostra. Basterebbe quest’ultimo a darci un’idea della fisionomia che l’Istituto andava assumendo nel periodo immediatamente post bellico.
Le foto documentano i famosi corredi didattici, le
attrezzature, l’imponenza dell’edificio. |
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Sicuramente tirato a lucido per l’occasione - in bella vista “i gioielli di famiglia”- nondimeno il «Cavour» era ben consapevole di essere stato per un secolo una delle scuole più importanti della città e dell’intera provincia, per l’ampia rosa di proposte culturali e di qualificazione professionale offerte. In quel 1954 l’elenco dei docenti, ancora una volta, ne è prova sicura: troviamo nomi conosciutissimi non solo nell’Istituto, ma in tutta la città; sono quei professori che all’epoca furono i protagonisti, naturalmente insieme a molti altri colleghi dei vari Istituti cittadini, di un mondo scolastico che si imponeva e debordava anche fuori delle aule per la sua autorevolezza, ma anche per i suoi aneddoti, costituendo un unicum in cui l’intera comunità si riconosceva. Ecco almeno qualche nome: Eusebio Buffa, “Bebo” (Agronomia, Estimo) autore di pubblicazioni importanti di agronomia, Giovanni Cuzzotti “l’ingegnere” (Costruzioni), Clelia Schilke - di cui si innamoravano anche gli allievi che odiavano la Chimica - , le due formidabili Rosa Paola Sanguineti, il terrore delle Materie letterarie e Maria Prella il terrore della Lingua francese. Seppure molto miope Madame Prella scopriva anche la minima traccia di un filo di trucco sui volti delle sue allieve e le spediva a lavarsi la faccia, anzi le accompagnava di persona. Luigi Ferraris (Diritto, Economia), Giovanni Mazzeri (Matematica, Fisica), Giovanni Lucca (Ragioneria, Computisteria), vicepreside della sezione commerciale. All’epoca già ordinari, docenti che rimasero a lungo in Istituto e vi lasciarono un’impronta, come del resto, ormai vicino al pensionamento, il vicepreside della sezione Geometri, Eugenio Treves, reintegrato immediatamente dopo al guerra, un pozzo di scienza, e forse proprio in ragione di ciò, antico gentiluomo, saggiamente schivo. E’ emozionante sfogliare le sue ultime carte, messe a disposizione dal nipote Alberto (la terza generazione di Treves docenti all’Istituto, dopo il nonno Eugenio e il padre Mario). Scoprire così che Eugenio Treves nell’anno finale del suo incarico custodì gelosamente gli elenchi con i nomi degli ultimi allievi: ultimi solo in ordine di tempo, sintesi ideale di tutte le precedenti generazioni che aveva magistralmente concorso a formare. |