Ugo Foscolo
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David. La morte di Socrate |
La
dimensione tragica di Jacopo e l'abbandono al suicidio.
Nelle
"Ultime lettere di Jacopo Ortis", si nota come Foscolo voglia
individuare nel protagonista una sostanziale incapacità a sostenere le
prove dell’esistenza. Come se il personaggio - fin dall'inizio -
soccombesse al suo destino di morte, già chiaramente profilato.
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Il sacrificio della
patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà
concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure e la nostra
infamia. Il mio nome è
nella lista di proscrizione, lo so: ma voiu tu ch'io per salvarmi da chi
m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle
sue lacrime le ho ubbidito e ho lasciato Venezia per evitare le rprime
persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia
solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese
, posso ancora sperare qualche giorno di pace ? Tu mi fai raccapricciare,
Lorenzo: quanti sono dunque gli sventurati? E noi, pur troppo, noi stessi
Italiani ci laviamo le mani nel sangue degli Italiani. Per
me segua che può. Poichè ho disperato e della mia patria e di me,
aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non
cadrà fra braccia straniere:
il mio nome sarà sommessamente compianto da pochi uomini buoni, compagni
delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno sulla terra de' miei padri.
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Jacopo Ortis incarna una particolare forma di inettitudine,
quella appunto che porta al suicidio.
Egli appare incapace di sostenere la difficile situazione in cui vive e
soprattutto non può accettare il destino di sottomissione che tocca
Venezia e l’Italia. Si sente "l´ eroe senza patria",
in esilio sui colli Euganei, perseguitato dagli Austriaci e lontano dagli
affetti più cari. Nell’Ortis l’esilio non è abbandono eroico ad un
destino virilmente sopportato, ma dolore per la lontananza, per
l’assenza di rapporti con i suoi cari.
Jacopo
è estraneo a qualsiasi contesto politico, è lontano dalla sua famiglia e
inoltre è respinto dalla donna amata perché promessa sposa ad un altro
uomo (Odoardo). L’estrema negatività del presente e l’impossibilità
di agire politicamente e militarmente fanno venir meno la sua tensione
eroica, che si rivolge infine – distruttivamente – contro se stesso.
Nelle lettere il protagonista dice di sentirsi perseguitato da avversi
numi e incapace di affrontare le sventure che lo colpiscono
insieme alla sua patria. Il
dolore e la morte finiscono per essere accettati come leggi naturali della
storia e del mondo ( pessimismo materialistico ). Ad un certo
punto, l’unica liberazione possibile si profila nel suicidio. La fine
volontaria di un'esistenza dolorosa ha un che di grande e nasconde
un’intenzione coraggiosa; ma la
morte, in sé, è vista come il nulla
totale, come pura assenza,
anche se azzera angosce e sofferenze. Quindi
il suicidio è in qualche modo inettitudine,
cioè cedimento volontario al nulla, alle leggi distruttive della
natura. E' l'amore per Teresa, impossibile da condividere, che fa
precipitare il dramma.
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E fra poco! Tutto è apparecchiato;
la notte è già troppo avanzata - addio -
fra poco saremo disgiunti dal nulla, o dalla incomprensibile
eternità. Nel nulla? Sì, - Sì, sì; poiché sarò senza di te,
io prego il sommo Iddio, se non ci riserba alcun luogo ov'io possa
riunirmi teco per sempre, lo prego dalle *viscere* dell'anima mia, e in
questa tremenda ora della morte, perché egli
m'abbandoni soltanto nel nulla. Ma io moro
incontaminato, e padrone di me stesso, e pieno di te, e certo del tuo
pianto! Perdonami, Teresa, se mai - ah consolati, e vivi per la felicità
de' nostri miseri genitori; la tua
morte farebbe maledire le mie ceneri.
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Diverso
è il suicidio dipinto da David e
riferito al filosofo greco Socrate.
Qui il suicidio è sentito davvero solo come un atto eroico, circondato
com'è dalla dolorosa costernazione dei discepoli che vivono il dramma del
maestro di verità.
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Un
altro aspetto della personalità foscoliana. Il Didimo Chierico. La
passione calore di fiamma lontana.
C'è
d'altra parte la tendenza ad
appoggiarsi su modelli di azione consolidati, ritenuti ricchi di
positività e quindi degni di ammirazione e di imitazione. Ugo Foscolo è forse il primo esempio di letterato che tenta di
offrire un repertorio di tali modelli d'azione tratti per lo più
dalla leggenda o dalla mitologia classica. Ettore modello di eroe che si
sacrifica per la patria, Omero il modello del poeta vate che tramanda le
glorie e le sofferenze umane e divine, Ulisse l'esule tenace che lotta per
il ritorno nella sua terra natale, Socrate il suicida che difende la
purezza della sua virtù. Eppure anche nella personalità del poeta -
soldato, apparentemente ancorato alla forza degli ideali e delle
illusioni, si fa strada un suo doppio: Didimo
Chierico. il letterato disincantato per il quale gli antichi
entusiasmi sono "calore di fiamma lontana"
Questa sorta di nuova
inettitudine non è abbandono di responsabilità storiche, ma
rifugio nello studio e nell'erudizione, trasferimento ad altre forme
espressive più pacate, capaci di esprimere ugualmente la sua indole grave
e dignitosa, ma nel distacco dell'intellettuale maturo e disincantato.
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Dissi che teneva chiuse le sue passioni; e quel poco che ne traspariva,
pareva calore di fiamma lontana. A chi gli offeriva amicizia,
lasciava intendere che la colla cordiale per cui l'uomo s'attacca
all'altro, l'aveva già data a quei poche ch'erano giunti innanzi. —
Rammentava volentieri la sua vita passata, ma non m'accorsi mai ch'egli
avesse fiducia nei giorni avvenire o che ne temesse
Insomma,
pareva uomo che essendosi in gioventù
lasciato governare dall'indole sua naturale, s'accomodasse, ma senza
fidarsene, alla prudenza mondana. E forse aveva più amore che
stima per gli uomini; però non era orgoglioso, né umile. Pareva
verecondo, perché non era né ricco né povero. ........
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