Educare all'assertività
Parte terza: preparare l'intervento.  Obiettivi e strategie
Prof. Alessio Folcarelli - Dip. di Psicologia - Università La Sapienza di Roma - Psicologia e scuola - n°102

Educare all'assertività - Parte prima: caratteristiche e utilità dello stile autoaffermativo
Educare all'assertività - Parte seconda: individuare le potenzialità e i deficit comunicativi nell'allievo


Per preparare un intervento che favorisca la comunicazione assertiva in un gruppo, occorre innanzitutto conoscere lo stile comunicativo dei suoi vari membriL'intervento sulle abilità comunicative ( training di assertività ), infatti, non può essere ridotto ad un percorso standard nel quale ci si possa limitare ad illustrare una tecnica facendola poi applicare. Nei precedenti articoli abbiamo indicato alcuni strumenti per indagare la modalità comunicativa prevalente di ogni componente del gruppo sul quale intervenire e mantenerne una traccia che sarà utile per tutto il percorso formativo.  Questo, però, non è che un punto di partenza per facilitare la pianificazione di un percorso di crescita interpersonale, percorso che dovrà essere comunque indivi
duale, basato perciò sulla personalità specifica e sulle inclinazioni del singolo discente.

Gli obiettivi: insegnare a capire quello che si vuole

Saper determinare quello che si vuole è un'abilità tra le più preziose e spesso la più difficile da conseguire. Forse nessuno, osiamo dire, ha acquisito questa capacità una volta per tutte. In realtà non si può parlare della scelta come di un "saper fare" unitario, ma appare più corretto vederla come un processo, molto complesso, suddiviso in diverse fasi e in più sottoabilità. Cosa ci serve per determinare un nostro percorso personale?  Dobbiamo sapere dove siamo, dove vogliamo andare, e, infine, come arrivare dal punto in cui siamo al punto in cui vogliamo andare.  Dal punto di vista del problem solving, troviamo delle differenze sostanziali tra la soluzione di un problema di questo tipo e quella di un problema squisitamente cognitivo. Un problema cognitivo, quale ad esempio la soluzione di un quesito matematico, infatti, ci pone fin dall'inizio in possesso di determinate, sostanziali, informazioni.  Conosciamo già a priori due delle fasi di soluzione: dove siamo e come dobbiamo procedere.  Se il nostro compito è quello di sommare due numeri, ad esempio 2 e 3, abbiamo in partenza gli elementi su cui operare (il dove siamo), e il modo in cui farlo (il come dobbiamo procedere), in questo caso l'addizione.  L'unica incognita è il risultato, ma sappiamo che per arrivare alla soluzione possiamo e dobbiamo operare attraverso quella, e soltanto quella, procedura codificata e logicamente universale.  Soprattutto sappiamo che il luogo di arrivo è uno e uno soltanto.
Completamente diverso è il caso della soluzione di un problema personale.  Spesso ci troviamo nella condizione di non conoscere nessuno dei tre elementi fondamentali di risoluzione.  A complicare enormemente le cose interviene il fatto che non esistono procedure codificate, né una logica assolutamente valida sia caso per caso, sia, a maggior ragione, a livello universale.  Di un problema personale esistono tante soluzioni quante sono le persone che si trovano ad affrontarlo e, ancora, quella che per uno può essere una soluzione, per un altro può rappresentare un aggravamento del problema.
L'educazione all'assertività trae la sua ragione di esistere dall'assunto che possiamo migliorare la qualità della nostra vita se ci troviamo nella condizione di manifestare i nostri desideri e le nostre aspirazioni. 
Molte persone, però, in particolare quelle anassertive, hanno serie difficoltà nel determinare cosa vogliono dalla loro vita.  La causa di questa situazione può essere ravvisata nel fatto che spesso chi manca di assertività dimentica i propri desideri e si dedica a soddisfare quasi esclusivamente quelli altrui.
Ora, applicando allo studente questo assunto, troviamo che l'educazione assertiva può rappresentare un potente mezzo per far maturare il suo atteggiamento riguardo alla scuola.  Molti allievi, è inutile nasconderlo, traggono la motivazione allo studio o dalla volontà di compiacere i propri genitori, o semplicemente da una sorta di conformismo.  Non viene attuata una riflessione sul significato personale dello stare a scuola.  Spesso l'impegno formativo viene addirittura vissuto come una costrizione esterna da subire passivamente.  Noi crediamo che una seria riflessione sui propri obiettivi di vita possa aiutare l'allievo a collegare quello che fa a scuola con le sue personali, reali aspirazioni.  Pensiamo anche che un'attività di questo genere possa contribuire non poco alla lotta contro la dispersione scolastica, un fenomeno che origina spesso dallo scollamento tra
obiettivi personali del discente e attività formativa seguita.   Alcune persone, al contrario, appaiono sicure nelle proprie scelte riuscendo a stabilire i propri obiettivi e a capire le sensazioni relative a un problema specifico.  Differentemente dagli "indecisi", per loro è facile essere consapevoli e puntare alla meta.  Basta una breve riflessione e riescono a sbrogliare la matassa.

Ma come si fa a sapere quello che si vuole?  Tanto per iniziare si può provare ad etichettare le sensazioni che si provano: interesse, paura, rabbia, repulsione... sono molto comuni, ma possono essere occultate o distorte dall'ansia o da altri fattori che impediscono quell'autoconsapevolezza necessaria a sapere dove siamo rispetto al problema.  Dare un nome, verbalizzare questi stati d'animo può aiutare a riappropriarci del potere decisionale e dell'autodeterminazione. Ancora più incisiva può essere l'azione del comunicare il proprio smarrimento a coloro che ci sono vicini: esprimere il disagio agli altri può rivelarsi spesso una preziosa quanto insperata fonte di ispirazione. Parlare degli obiettivi in generale aiuta a chiarire le sensazioni che si provano rispetto ai contesti particolari con i quali bisogna confrontarsi. 
E qui che si gioca il cambiamento: se non si arriva a definire degli obiettivi o, meglio, dei sotto-obiettivi particolari, il ricorso alle tecniche assertive può rivelarsi un effimero esercizio intellettuale. Quando si cerca di definire gli obiettivi può accadere che alcuni di questi siano in contrasto tra di loro. Ad esempio, il desiderio di essere i buoni i rapporti con tutti i compagni può rivelarsi incompatibile con la volontà di esprimere un'opinione impopolare.  Esplorare a fondo i propri obiettivi sarà il passo decisivo per determinare cosa esprimere e come esprimerlo.

Una procedura per favorire la crescita personale 

Il concetto di crescita personale trae origine dal lavoro di Carl Rogers, ritenuto il padre della psicologia umanistica. Secondo Rogers (1978), lo ricordiamo, l'uomo è intrinsecamente indirizzato all'autosviluppo: possiede già gli strumenti per utilizzare l'ambiente come fonte di crescita.  Di conseguenza, secondo questa premessa, i problemi psicologici e/o esistenziali traggono la loro origine da fattori che deviano o bloccano il normale percorso di crescita personale dell'individuo. La conclusione operativa che ne risulta è che l'intervento dello psicologo, dell'educatore, o, più genericamente, "dell'helper " deve consistere nel facilitare quei processi che riporteranno la persona a riprendere il suo naturale cammino di crescita. Benché l'approccio umanistico di Rogers abbia dimostrato e dimostri tuttora un indubbio fascino, suscitando grandi entusiasmi, i critici, e gli stessi neorogersiani, hanno avvertito una certa mancanza di concretezza nel modello.

Per soddisfare questa esigenza di strumenti, autori di matrice comportamentista come Alberti e Emmons (1999) hanno elaborato delle procedure che permettessero di coniugare i principi rogersiani di facilitazione allo sviluppo umano con la concretezza e la verificabilità del loro approccio. Attraverso questo metodo è possibile crearsi una serie di obiettivi a breve, medio e lungo termine che accompagnano il percorso verso l'assertività considerandolo come un insieme di obiettivi da tradurre in azioni che porteranno la persona a scoprire le proprie vere aspirazioni e a realizzarle gradualmente. Il metodo che presentiamo si basa su sei passi, ovvero sei fattori da esaminare: 1) fattori personali, 2) ideali, 3) fattibilità, 4) flessibilità, 5) tempo e 6) priorità.

Le aree che compongono i fattori personali sono essenzialmente cinque: le situazioni che si ritengono facili o difficili da affrontare, i rapporti con le persone importanti della propria vita, gli atteggiamenti, i pensieri e le convinzioni riguardo all'esprimere se stessi, gli ostacoli alla propria assertività, le abilità in riferimento al comportamento assertivo come, ad esempio, essere capaci di sostenere lo sguardo altrui, il controllo del volume della voce e della gestualità (per aiutarsi in questo compito si può utilizzare la tabella 1).

Tab. 1 - Repertorio dell'assertività a scuola.

Contrassegnare con una x le situazioni problematiche sulle quali si intende lavorare.
 

1. Quando una persona si comporta male con te, lo fai notare?

ٱ

2.  Se non capisci una spiegazione in classe, chiedi chiarimenti all'insegnante? ٱ
3.  Nelle discussioni in classe, dici la tua opinione anche se è diversa da quella dei tuoi compagni? ٱ
4.  Se non ti trovi d'accordo con un compagno, tendi ad arrabbiarti cercando di avere ragione a tutti i
     costi?
ٱ
5.  Sei capace di chiedere aiuto ai tuoi compagni se ti trovi in difficoltà? ٱ
6.  Riesci a fare complimenti o a congratularti con i tuoi compagni? ٱ
7.  Sai dire di no quando gli altri ti chiedono un favore che non vuoi concedere? ٱ
8.  Ti capita di urlare o di fare il prepotente per ottenere una cosa dagli altri? ٱ
9.  Riesci a guardare negli occhi gli altri, quando parli con loro? ٱ
10. Se durante la lezione qualcuno dà dei colpi alla tua sedia, gli chiedi di smettere? ٱ

Attraverso questi parametri si possono stabilire già degli obiettivi personali, specialmente se si sostituiscono alle varie voci elencate le esperienze personali che ci sono accadute e che ci accadono tuttora.  Risulterà, ad esempio, molto più efficace riportare tra gli obiettivi, non riferimenti generici quali "devo esprimere di più le mie emozioni", ma piuttosto formulazioni quali "devo dire a Gino quanto apprezzo la sua amicizia".
Gli ideali
rappresentano una spinta all'azione importante per chiunque, ma ancor più per gli studenti.  Capire quali sono i nostri modelli ci aiuta a capire noi stessi e cosa vogliamo.  Rispetto al cammino verso l'assertività è importante scegliere dei modelli adeguati che possano rappresentare ideali verso i quali tendere.
La fattibilità è un fattore cruciale per il progetto di cambiamento: fissare obiettivi troppo alti vorrebbe dire aumentare la frustrazione, ridurre la motivazione e bloccare l'azione produttiva che ci siamo ripromessi di compiere.  E importante andare per gradi e dividere gli obiettivi più ambiziosi in tanti sotto-obiettivi.
Flessibilità significa riconoscere l'aspetto dinamico del processo di cambiamento che ci proponiamo: può accadere di dover cambiare uno o più obiettivi in itinere perché sono cambiate le condizioni ambientali o siamo cambiati noi e il nostro modo di vedere le cose.  Dobbiamo in questo caso accettare l'idea che gli obiettivi non sono fissi e immutabili, ma che evolveranno con noi e con il progredire della nostra maturità.
TempoDistribuire gli obiettivi nel tempo aiuta a stimare la durata del processo di cambiamento e a non creare aspettative erronee.  Si può definire un elenco nel quale riportare le nostre mete a breve, medio e lungo termine.  Queste, come già affermato, dovranno essere formulate in termini molto concreti (ad esempio: " riuscire ad esprimere il mio disappunto davanti ad uno sgarbo").
L'assegnazione di priorità porta ancora una volta a renderci conto delle nostre aspirazioni più importanti.  Possiamo elencare le mete più urgenti e inderogabili assegnando ad esse degli stretti tempi di realizzazione, così come possiamo riconoscere che non tutti i problemi da affrontare sono di importanza vitale: qualcuno può essere anche rimandato se ci accorgiamo, come spesso accade in questa fase, che non crea tutti i disagi che pensavamo. Infine possiamo riesaminare attentamente tutti gli obiettivi e i sottoobiettivi, eliminare quelli troppo ambiziosi e stabilire una prima data al termine della quale verificarne il raggiungimento. 

Bibliografía

ALBERTI R., EMMONS M. (1999), Ne hai il diritto, Calderini Editore, Bologna.
ROGERS C. R. (1 97 8), Potere personale.  La
forza interiore e il suo effetto rivoluzionario, Astrolabio, Roma.

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