Il concetto di
assertività è di derivazione statunitense; in Italia, e nel mondo latino
in generale, ha avuto ed ha alterne fortune. I motivi di questo
misconoscimento vanno ricercati, a nostro avviso, a) nelle diversità tra le
due culture - da una parte quella anglosassone col suo bagaglio pragmatico,
dall'altra quella latina con la sua secolare tradizione introspettiva
e b) nel fatto che la psicologia accademica italiana è stata, ed è in
parte ancora oggi, dominata da modelli teorici avversi a quello che propugna
l'assertività. L'orientamento al risultato, tipicamente americano, è stato
guardato con diffidenza dai nostri umanisti: per costoro, infatti, al
fine di comprendere un fenomeno e influire significativamente su di esso non
basta descrivere i suoi elementi osservabili, ma bisogna risalire a un
meccanismo causale universale.
Se a quest'ultimo sistema va
riconosciuto il merito di rivalutare la complessità dell'oggetto di
studio, non si può fare a meno di pensare ai rischi di una sua
esasperazione: ci sembra di rivedere ancora oggi, in molte situazioni, quei
dotti pitagorici seduti intorno a un tavolo che disquisiscono sul numero dei
denti di un cavallo senza nemmeno sognarsi di andarli a contare. L'altro
punto di vista, invece, presenta il vantaggio di permettere un'immediata
applicazione operativa dei risultati della ricerca scientifica, ma non è
esente neanch'esso da gravi rischi, primo fra tutti quello di banalizzare i
fenomeni e svuotarli di ogni significato.
Con questa premessa abbiamo
voluto esplicitare le difficoltà che si incontrano nell'applicare una
metodologia innovativa nel contesto della scuola italiana, istituzione che,
inevitabilmente, risente delle tendenze culturali e scientifiche dominanti
nella società del nostro paese. In questi cinque articoli, oltre a
illustrare alcune procedure per promuovere l'assertività nell'allievo,
cercheremo di mettere in risalto quanto sia importante compiere questi
sforzi di innovazione, che vanno finalizzati a mantenere il sistema
formativo italiano al passo con la continua evoluzione del contesto sociale.
Cosa
intendiamo per assertività?
L'assertività può essere definita come lo stile
comunicativo che caratterizza un individuo socievole, sicuro di sé e aperto
al confronto. La condotta assertivo rimuove gli ostacoli che
impediscono il contatto con gli altri e minimizza i rischi di in
comprensione. La persona assertivo, infatti, sa innanzitutto comprendere
gli altri e rispettarli; allo stesso modo, però, è in grado di salvaguardare
i propri diritti. Alberti e Emmons (1999)
propongono questa definizione: «Un
comportamento assertivo promuove l'uguaglianza nei rapporti umani,
mettendoci in grado di agire nel nostro migliore interesse, di difenderci
senza ansia, di esprimere con facilità e onestà le nostre sensazioni, di
esercitare i nostri diritti senza negare quelli degli altri».
A volte il concetto di
assertività, o autoaffermatività, è stato distorto o frainteso:
c'è chi l'ha considerato, infatti, alla stregua di un metodo per influenzare
gli altri o, peggio, assoggettarli al proprio volere. Questa, naturalmente,
è un'interpretazione che travisa nel modo più assoluto lo spirito
metateorico di questo costrutto. Al contrario, gli autori che si sono
occupati della formazione all'assertività hanno sempre inteso promuovere
la parità fra gli individui, a prescindere da qualsiasi loro caratteristica.
Ne è riprova il fatto che qualsiasi training per l'assertività mira per
prima cosa a sfatare l'idea secondo cui alcune persone sarebbero più
importanti di altre, ad esempio:
a) gli adulti sono più importanti dei bambini;
b) i datori di lavoro sono più importanti dei dipendenti;
c) gli uomini sono più importanti delle donne;
d) i bianchi sono più importanti delle persone di colore;
e) i medici sono più importanti degli idraulici;
f) gli insegnanti sono più importanti degli studenti;
g) i politici sono più importanti degli elettori;
h) le questioni generali sono più importanti di quelle private;
i) i vincitori sono più importanti degli sconfitti;
l) i connazionali sono più importanti degli stranieri.
Questo è solo un elenco
parziale dei condizionamenti culturali che talvolta nella nostra
società vengono inflitti e perpetuati più o meno automaticamente, facendo sì
che le persone che si trovano a ricoprire certi ruoli possano essere
trattate come se valessero meno di altre.
La tab. 1 riporta alcune
caratteristiche dell'individuo assertivo.
Tab.1 - Caratteristiche della persona assertiva
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Livello
cognitivo-
verbale
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Livello
comportamentale
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Livello
fisiologico
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Comunicazione chiara e diretta.
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Postura eretta
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Assenza di segnali
d'ansia, quali battito cardiaco accelerato, sudorazione, tremori ecc
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Esprime onestamente
le sue opinioni e sensazioni.
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Il corpo è rivolto
verso l'interlocutore
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Non teme di
esprimere dubbi e di fare richieste.
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Non è manipolativo.
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Si comporta in modo
da rispettare l'altro
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Rimane
tranquillo anche in situazioni ansiogene
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Cerca di comprendere il messaggio dell'interiocutore.
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Se non comprende chiede chiarimenti
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Perché l'assertività a
scuola?
E quindi evidente quanto l'ambiente scolastico sia
importante per correggere alcuni squilibri che la nostra società continua a
mantenere; a volte si tratta di un'occasione di crescita irripetibile per
allievi che provengono da particolari contesti socioculturali. Scegliendo
di educare all'assertività si può favorire il benessere dell'allievo, ma si
può anche incidere, indirettamente, sul tessuto sociale.
Il XXI secolo ci pone, per
di più, la sfida della convivenza tra razze e stili di vita diversi.
Potremo vivere tutti assieme? Quale rispetto e valore diamo l'uno
all'altro? Ci sentiamo minacciati da ogni nuovo arrivo, da ogni
"straniero", da ogni persona "diversa"? Quanto più saremo in grado
di comprenderci l'un l'altro e saremo stimolati nella ricerca di canali
comunicativi condivisi, tanto più determinati obiettivi di convivenza
diverranno verosimili.
I cardini di questa missione
sono individuabili nel concetti di discriminazione,
empatia ed espressività.
- La
discriminazione è la capacità di discernere gli stati mentali, sia
propri, sia altrui
- l'empatia è la capacità di capire i
messaggi emotivi e razionali che l'altro ci invia
- l'espressività, infine, è la capacità
di rendere comprensibili agli altri le emozioni e i significati dei quali
siamo portatori.
Quest'ultima è forse l'abilità più importante, cruciale per il successo di
questo approccio: la persona espressiva, infatti, non solo rende gli altri
consapevoli e partecipi dei propri pensieri e delle proprie sensazioni ed
emozioni, ma sa rispecchiare le emozioni e i pensieri che gli sono stati
inviati dall'altro, riuscendo così a dirgli nel modo più efficace: «lo
ti comprendo».
Stimolare al
cambiamento
Tempo
fa, nell'ambiente scolastico, veniva premiato l'allievo che si faceva
recettore passivo del sapere trasmesso dall'insegnante, poiché qualunque
tentativo di rielaborazione era considerato un ostacolo alla corretta
assimilazione dei contenuti. Il professore doveva essere un trami te
impersonale nella comunicazione del sapere (chi non ricorda il bellissimo ed
emblematico film L'attimo fuggente?). Oggi crediamo,
invece, che l'insegnante sia un importantissimo agente di cambiamento, tra i
cui compiti spicca quello di favorire l'emergere della personalità specifica
di ciascun allievo. Ma come arrivare a questo obiettivo se non agendo
sulla comunicazione e sulla trasmissione di nuovi modelli di rapporto
tramite l'esempio e la sperimentazione? Si impone
così al docente il compito di acquisire e approfondire nuovi e complessi
strumenti educativi che vanno oltre la padronanza della sua disciplina.
Questa esigenza, pur potendo rivelarsi per il professore fonte di
disorientamento, ove non di ansia, gli fornisce anche occasioni di crescita
personale e di soddisfazione mai possibili prima d'ora. Diviene così
essenziale un coinvolgimento personale nel pro cesso d'insegnamento: non
solo l'allievo diventa meno passivo nell'apprendere, ma lo stesso professore
è sempre più protagonista.
Così arriviamo alla domanda cruciale: come può agire il docente per
attivare questo nuovo processo? Innanzitutto può attingere alle sue risorse
personali, divenendo consapevole della sua funzione di modello per gli
allievi: comprendere il nostro stile comunicativo ci aiuta a cogliere
l'effetto che esso ha sugli altri e, se necessario, ad agire per
adeguarlo agli obiettivi. In secondo luogo è necessario stabilire, appunto,
gli obiettivi e le modalità da adottare per raggiungerli.
Per compiere questi passi è necessario conoscere sia
il proprio stile di comunicazione, sia quello dei nostri interlocutori.
A tale scopo occorre servirsi di strumenti appropriati che rendano conto
della complessità e dell'entità dei fenomeni studiati.
Bibliograria
ALBERTI R., EMMONS M.
(1999), Ne hai il diritto, Calderini Editore, Bologna.
MEAZZINI P. (2000),
L'insegnante di qualità, Giunti, Firenze.
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