Educare all'assertività
Parte prima: caratteristiche e utilità dello stile autoaffermativo

Prof. A. Forcarelli - Dip. di Psicologia - Università La Sapienza di Roma -  Psicologia e scuola n° 101

Educare all'assertività - Parte seconda: individuare le potenzialità e i deficit comunicativi nell'allievo
Educare all'assertività - Parte terza: preparare l'intervento.  Obiettivi e strategie





Psicologia e scuola - n°101 - 102 - 103
ottobre-novembre 2000 - febbraio-marzo 2001

Educare all'assertività
Parte prima: caratteristiche e utilità dello stile autoaffermativo

Prof. Alessio Folcarelli

Dipartimento di Psicologia - Università La Sapienza di Roma
 

Gli articoli sono interessanti poiché focalizzano un importante problema  legato agli stili comunicativi da privilegiare  tra docenti ed alunni, nell'interazione verbale, nei gruppi di lavoro e nei rapporti di insegnamento.


 
Il concetto di assertività è di derivazione statunitense; in Italia, e nel mondo latino in generale, ha avuto ed ha alterne fortune. I motivi di questo misconoscimento vanno ricercati, a nostro avviso, a) nelle diversità tra le due culture - da una parte quella anglosassone col suo bagaglio pragmatico, dall'altra quella latina con la sua secolare tradizione introspettiva  e b) nel fatto che la psicologia accademica italiana è stata, ed è in parte ancora oggi, dominata da modelli teorici avversi a quello che propugna l'assertività.  L'orientamento al risultato, tipicamente americano, è stato guardato con diffidenza dai nostri umanisti: per costoro, infatti, al fine di comprendere un fenomeno e influire significativamente su di esso non basta descrivere i suoi elementi osservabili, ma bisogna risalire a un meccanismo causale universale.

Se a quest'ultimo sistema va riconosciuto il merito di rivalutare la complessità dell'oggetto di studio, non si può fare a meno di pensare ai rischi di una sua esasperazione: ci sembra di rivedere ancora oggi, in molte situazioni, quei dotti pitagorici seduti intorno a un tavolo che disquisiscono sul numero dei denti di un cavallo senza nemmeno sognarsi di andarli a contare.  L'altro punto di vista, invece, presenta il vantaggio di permettere un'immediata applicazione operativa dei risultati della ricerca scientifica, ma non è esente neanch'esso da gravi rischi, primo fra tutti quello di banalizzare i fenomeni e svuotarli di ogni significato.

Con questa premessa abbiamo voluto esplicitare le difficoltà che si incontrano nell'applicare una metodologia innovativa nel contesto della scuola italiana, istituzione che, inevitabilmente, risente delle tendenze culturali e scientifiche dominanti nella società del nostro paese.  In questi cinque articoli, oltre a illustrare alcune procedure per promuovere l'assertività nell'allievo, cercheremo di mettere in risalto quanto sia importante compiere questi sforzi di innovazione, che vanno finalizzati a mantenere il sistema formativo italiano al passo con la continua evoluzione del contesto sociale.

  Cosa intendiamo per assertività?

  L'assertività può essere definita come lo stile comunicativo che caratterizza un individuo socievole, sicuro di sé e aperto al confronto.  La condotta assertivo rimuove gli ostacoli che impediscono il contatto con gli altri e minimizza i rischi di in comprensione.  La persona assertivo, infatti, sa innanzitutto comprendere gli altri e rispettarli; allo stesso modo, però, è in grado di salvaguardare i propri diritti.  Alberti e Emmons (1999) propongono questa definizione: «Un comportamento assertivo promuove l'uguaglianza nei rapporti umani, mettendoci in grado di agire nel nostro migliore interesse, di difenderci senza ansia, di esprimere con facilità e onestà le nostre sensazioni, di esercitare i nostri diritti senza negare quelli degli altri».

A volte il concetto di assertività, o autoaffermatività, è stato distorto o frainteso: c'è chi l'ha considerato, infatti, alla stregua di un metodo per influenzare gli altri o, peggio, assoggettarli al proprio volere.  Questa, naturalmente, è un'interpretazione che travisa nel modo più assoluto lo spirito metateorico di questo costrutto. Al contrario, gli autori che si sono occupati della formazione all'assertività hanno sempre inteso promuovere la parità fra gli individui, a prescindere da qualsiasi loro caratteristica.  Ne è riprova il fatto che qualsiasi training per l'assertività mira per prima cosa a sfatare l'idea secondo cui alcune persone sarebbero più importanti di altre, ad esempio:
a) gli adulti sono più importanti dei bambini;
b)
i datori di lavoro sono più importanti dei dipendenti;
c) gli uomini sono più importanti delle donne;
d)
i bianchi sono più importanti delle persone di colore;
e)
i medici sono più importanti degli idraulici;
f) gli insegnanti sono più importanti degli studenti;
g) i politici sono più importanti degli elettori;
h) le questioni generali sono più importanti di quelle private;
i) i vincitori sono più importanti degli sconfitti;
l) i connazionali sono più importanti degli stranieri.

Questo è solo un elenco parziale dei condizionamenti culturali che talvolta nella nostra società vengono inflitti e perpetuati più o meno automaticamente, facendo sì che le persone che si trovano a ricoprire certi ruoli possano essere trattate come se valessero meno di altre.

La tab. 1 riporta alcune caratteristiche dell'individuo assertivo.










Tab.1 - Caratteristiche della persona assertiva

Livello

cognitivo- verbale

Livello

comportamentale

Livello

fisiologico

Comunicazione chiara e diretta.

Postura eretta

Assenza di segnali d'ansia, quali battito cardiaco accelerato, sudorazione, tremori ecc

Esprime onestamente le sue opinioni e sensazioni.

Il corpo è rivolto verso l'interlocutore

Non teme di esprimere dubbi e di fare richieste.

 

Non è manipolativo.

Si comporta in modo da rispettare l'altro

Rimane tranquillo anche in situazioni ansiogene

 

Cerca di comprendere il messaggio dell'interiocutore.

 

 

Se non comprende chiede chiarimenti

 

 

Perché l'assertività a scuola?

  E quindi evidente quanto l'ambiente scolastico sia importante per correggere alcuni squilibri che la nostra società continua a mantenere; a volte si tratta di un'occasione di crescita irripetibile per allievi che provengono da particolari contesti socioculturali.  Scegliendo di educare all'assertività si può favorire il benessere dell'allievo, ma si può anche incidere, indirettamente, sul tessuto sociale.

Il XXI secolo ci pone, per di più, la sfida della convivenza tra razze e stili di vita diversi.  Potremo vivere tutti assieme?  Quale rispetto e valore diamo l'uno all'altro?  Ci sentiamo minacciati da ogni nuovo arrivo, da ogni "straniero", da ogni persona "diversa"?  Quanto più saremo in grado di comprenderci l'un l'altro e saremo stimolati nella ricerca di canali comunicativi condivisi, tanto più determinati obiettivi di convivenza diverranno verosimili.

I cardini di questa missione sono individuabili nel concetti di discriminazione, empatia ed espressività. 
-
La discriminazione è la capacità di discernere gli stati mentali, sia propri, sia altrui
-
l'empatia è la capacità di capire i messaggi emotivi e razionali che l'altro ci invia
- l'espressività
, infine, è la capacità di rendere comprensibili agli altri le emozioni e i significati dei quali siamo portatori. 
Quest'ultima è forse l'abilità più importante, cruciale per il successo di questo approccio: la persona espressiva, infatti, non solo rende gli altri consapevoli e partecipi dei propri pensieri e delle proprie sensazioni ed emozioni, ma sa rispecchiare le emozioni e i pensieri che gli sono stati inviati dall'altro, riuscendo così a dirgli nel modo più efficace: «lo ti comprendo».

  Stimolare al cambiamento

  Tempo fa, nell'ambiente scolastico, veniva premiato l'allievo che si faceva recettore passivo del sapere trasmesso dall'insegnante, poiché qualunque tentativo di rielaborazione era considerato un ostacolo alla corretta assimilazione dei contenuti.  Il professore doveva essere un trami te impersonale nella comunicazione del sapere (chi non ricorda il bellissimo ed emblematico film L'attimo fuggente?).  Oggi crediamo, invece, che l'insegnante sia un importantissimo agente di cambiamento, tra i cui compiti spicca quello di favorire l'emergere della personalità specifica di ciascun allievo. Ma come arrivare a questo obiettivo se non agendo sulla comunicazione e sulla trasmissione di nuovi modelli di rapporto tramite l'esempio e la sperimentazione?  Si impone così al docente il compito di acquisire e approfondire nuovi e complessi strumenti educativi che vanno oltre la padronanza della sua disciplina.  Questa esigenza, pur potendo rivelarsi per il professore fonte di disorientamento, ove non di ansia, gli fornisce anche occasioni di crescita personale e di soddisfazione mai possibili prima d'ora.  Diviene così essenziale un coinvolgimento personale nel pro cesso d'insegnamento: non solo l'allievo diventa meno passivo nell'apprendere, ma lo stesso professore è sempre più protagonista. Così arriviamo alla domanda cruciale: come può agire il docente per attivare questo nuovo processo?  Innanzitutto può attingere alle sue risorse personali, divenendo consapevole della sua funzione di modello per gli allievi: comprendere il nostro stile comunicativo ci aiuta a cogliere l'effetto che esso ha sugli altri e, se necessario, ad agire per adeguarlo agli obiettivi.  In secondo luogo è necessario stabilire, appunto, gli obiettivi e le modalità da adottare per raggiungerli.
Per compiere questi passi è necessario conoscere sia il proprio stile di comunicazione, sia quello dei nostri interlocutori.  A tale scopo occorre servirsi di strumenti appropriati che rendano conto della complessità e dell'entità dei fenomeni studiati.

Bibliograria

ALBERTI R., EMMONS M. (1999), Ne hai il diritto, Calderini Editore, Bologna.
MEAZZINI P. (2000), L'insegnante di qualità, Giunti, Firenze.

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