La parodia
delle debolezze umane nel personaggio di
Don Abbondio - A. Manzoni,
I promessi sposi, capitolo I
Perpetua tenta di consigliare Don Abbondio
Di che cosa è fatta la comicità manzoniana attorno alla figura di Don Abbondio?
La comicità si sviluppa
sempre dall'evidenza di una certa
contraddizione rispetto a quanto
ci si attende dall'osservazione della realtà.
La forza di tale contraddizione può produrre effetti diversi: può
orientare verso la critica di un
vizio o di una passione ( satira ),
può evidenziare una
debolezza abitualmente diffusa ( ironia )
e talora spostare la nostra attenzione sui
risvolti amari della
contraddizione stessa ( umorismo pirandelliano ). |
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L'incontro con i bravi | |
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- Signor curato, - disse un di que' due, piantandogli gli occhi in faccia. - Cosa comanda? - rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo. - Lei ha intenzione, - proseguì l'altro, con l'atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull'intraprendere una ribalderia, - lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella! - Cioè... - rispose, con voce tremolante, don Abbondio: - cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c'entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s'anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune.
- Or bene, -
gli disse il bravo, all'orecchio, ma in tono solenne di comando, - questo
matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai. |
I dubbi e le incertezze sulla condotta da tenere. I consigli di Perpetua. | |
- Ma! io l'avrei bene il mio povero parere da darle; ma poi... - Ma poi, sentiamo. - Il mio parere sarebbe che, siccome tutti dicono che il nostro arcivescovo è un sant'uomo, e un uomo di polso, e che non ha paura di nessuno, e, quando può fare star a dovere un di questi prepotenti, per sostenere un curato, ci gongola; io direi, e dico che lei gli scrivesse una bella lettera, per informarlo come qualmente... - Volete tacere? volete tacere? Son pareri codesti da dare a un pover'uomo? Quando mi fosse toccata una schioppettata nella schiena, Dio liberi! l'arcivescovo me la leverebbe? - Eh! le schioppettate non si dànno via come confetti: e guai se questi cani dovessero mordere tutte le volte che abbaiano! E io ho sempre veduto che a chi sa mostrare i denti, e farsi stimare, gli si porta rispetto; e, appunto perché lei non vuol mai dir la sua ragione, siam ridotti a segno che tutti vengono, con licenza, a... - Volete tacere? |
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La solitudine di Don Abbondio |
- Io taccio subito; ma è però certo che, quando il mondo s'accorge che uno, sempre, in ogni incontro, è pronto a calar le... - Volete tacere? È tempo ora di dir codeste baggianate? - Basta: ci penserà questa notte; ma intanto non cominci a farsi male da sé, a rovinarsi la salute; mangi un boccone. - Ci penserò io, - rispose, brontolando, don Abbondio: - sicuro; io ci penserò, io ci ho da pensare - E s'alzò, continuando: - non voglio prender niente; niente: ho altra voglia: lo so anch'io che tocca a pensarci a me. Ma! la doveva accader per l'appunto a me. - Mandi almen giù quest'altro gocciolo, - disse Perpetua, mescendo. - Lei sa che questo le rimette sempre lo stomaco. - Eh! ci vuol altro, ci vuol altro, ci vuol altro. Così dicendo prese il lume, e, brontolando sempre: - una piccola bagattella! a un galantuomo par mio! e domani com'andrà? - e altre simili lamentazioni, s'avviò per salire in camera. Giunto su la soglia, si voltò indietro verso Perpetua, mise il dito sulla bocca, disse, con tono lento e solenne : - per amor del cielo! -, e disparve. |
Comico è soprattutto il dialogo tra Perpetua ( la domestica ) e Don Abbondio, in cui si rivela ancora il carattere schivo e pauroso del prete, che è esattamente l' opposto di quello della sua domestica. Perpetua era dotata di una dose di determinazione, dote che certo mancava al curato. Anche in altri due capitoli viene messo in evidenza il carattere vile di Don Abbondio: nel primo si descrive il ritorno di Lucia a casa, accompagnata dal prete che è costantemente in preda della paura che la mula su cui viaggiava cadesse in un burrone; oltre a questo c'è la paura dei bravi dell' Innominato che si potessero vendicare sul curato per l' improvvisa conversione del loro signore. Paura anche di Don Rodrigo perché la sua malvagia impresa era fallita.
Nel XXIX capitolo si
descrive il terrore di Don Abbondio all' arrivo dei Lanzichenecchi:
anche in questo caso, il prete vede in ogni avvenimento un motivo di terrore:
terrore dei soldati, terrore verso i bravi dell' Innominato, terrore per il
fatto che si era radunata tanta gente. Anche in questo caso si nota il
solito litigio tra Don Abbondio e
Perpetua che come al solito
si dimostra più coraggiosa e decisa del sacerdote. |