Troia e Firenze: le città delle grandi memorie per U. Foscolo.

Firenze e le tombe dei grandi in Santa Croce.
Dei sepolcri ( vv .154 - 185 )






Io quando il monumento
vidi ove posa il corpo di quel grande
che temprando lo scettro a' regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue;
e l'arca di colui che nuovo Olimpo
alzò in Roma a' Celesti; e di chi vide
sotto l'etereo padiglion rotarsi
piú mondi, e il Sole irradïarli immoto,
onde all'Anglo che tanta ala vi stese
sgombrò primo le vie del firmamento:
 

 





Io quando vidi le tombe di Santa Croce
dove riposa Machiavelli, quel grande
che, fingendo di rinsaldare il potere dei regnanti
ne mostra i limiti, e rivela ai popoli quanto il potere
si fondi sulle sofferenze e sul sangue;
e il sepolcro di Michelangelo che innalzò
a Roma la cupola di San Pietro;e la tomba di Galileo,
che mediante il telescopio vide più pianeti ruotare
nella volta celeste, e il sole illuminarli immobile,
aprendo le vie della ricerca astronomica a Newton,
che vi fece straordinari progressi;

- Te beata, gridai, per le felici
aure pregne di vita, e pe' lavacri
che da' suoi gioghi a te versa Apennino!

Lieta dell'aer tuo veste la Luna
di luce limpidissima i tuoi colli
per vendemmia festanti, e le convalli
popolate di case e d'oliveti
mille di fiori al ciel mandano incensi:
e tu prima, Firenze, udivi il carme
che allegrò l'ira al Ghibellin fuggiasco,
e tu i cari parenti e l'idïoma
désti a quel dolce di Calliope labbro

che Amore in Grecia nudo e nudo in Roma
d'un velo candidissimo adornando,
rendea nel grembo a Venere Celeste


- Beata te - gridai - Firenze,  per la tua aria generatrice
di vita, e per le acque pure dei fiumi e dei ruscelli
che la catena appenninica manda verso di te! 

Lieta del tuo cielo terso, la luna riveste 
con la sua luce limpidissima i tuoi colli
in festa per la vendemmia,
e le vallate popolate di case e uliveti
mandando al cielo mille profumi di fiori:
tu per prima udisti il poema che alleviò
lo sdegno a Dante esule,
tu, Firenze per prima desti i genitori e la lingua 
a Petrarca,
attraverso i cui versi sembrava parlare 
la dolce voce della musa Calliope, quando il poeta
spiritualizzò  l'amore, che pagano nel mondo classico
era restituito alla Venere celeste.

 





Ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l'itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l'alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t' invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto

 





Ma soprattutto Firenze sei felice perché
conservi riunite in un luogo sacro le glorie italiane,
uniche forse rimaste all'Italia da quando i confini
delle Alpi mal difesi e la legge ineluttabile delle sorti umane ti privarono di eserciti, di ricchezze, di culti

della stesso concetto di patria e, tranne che della memoria di ogni altra cosa.

 

 

Il mito della città di Troia e la memoria di Elettra, Cassandra, Omero ed Ettore
Dei sepolcri ( vv. 235 - 295 )


Ed oggi nella Troade inseminata
eterno splende a' peregrini un loco,
eterno per la Ninfa a cui fu sposo
Giove, ed a Giove diè Dàrdano figlio,
onde fur Troia e Assàraco e i cinquanta
talami e il regno della giulia gente.

Però che quando Elettra udí la Parca
che lei dalle vitali aure del giorno
chiamava a' cori dell'Eliso, a Giove
mandò il voto supremo: - E se, diceva,
a te fur care le mie chiome e il viso
e le dolci vigilie, e non mi assente
premio miglior la volontà de' fati,
la morta amica almen guarda dal cielo
onde d'Elettra tua resti la fama. -
Cosí orando moriva. E ne gemea
l'Olimpio: e l'immortal capo accennando
piovea dai crini ambrosia su la Ninfa,
e fe' sacro quel corpo e la sua tomba.

Ivi posò Erittonio, e dorme il giusto
cenere d'Ilo; ivi l'iliache donne
sciogliean le chiome, indarno ahi! deprecando
da' lor mariti l'imminente fato;

Nella regione di Troia, oggi disabitata, 
eterno nella memoria risplende un luogo agli stranieri,
grazie alla ninfa Elettra, amata da Giove,
a cui diede per figlio Dardano,
dal quale nacquero Troia ed Assaraco, i cinquanta 
figli ed il regno della strirpe Giulia ( i Romani ).
Quando Elettra udì Atropo, la Parca della morte, 
che la chiamava lontano dalla vita terrena
all'Eliso, il regno dell'oltretomba. A Giove
rivolse la sua ultima preghiera.- E se - diceva -
a te furono cari miei capelli ed il mio viso
e le dolci veglie d'amore, e non mi è concesso
dal volere divino un premio migliore, almeno
guarda benevolmente dal cielo la tua amata morta,
cosicché della tua Elettra rimanga almeno il ricordo.-
Così pregando Elettra moriva. E ne piangea la morte
tutto il monte Olimpo: Giove, piegando il capo in segno di consenso faceva cadere l'ambrosia < che rende immortali > sulla Ninfa;
e rese sacro quel corpo e il suo sepolcro.
Quivi fu sepolto Erittonio, e ivi riposano 
i resti del giusto Ilo: ivi le donne troiane
scioglievano le loro chiome, inutilmente, ahimè tentando di tener lontana la morte imminente dei loro cari.

ivi Cassandra, allor che il Nume in petto
le fea parlar di Troia il dí mortale,
venne; e all'ombre cantò carme amoroso,
e guidava i nepoti, e l'amoroso
apprendeva lamento a' giovinetti.
E dicea sospirando: - Oh se mai d'Argo,
ove al Tidíde e di Läerte al figlio
pascerete i cavalli, a voi permetta
ritorno il cielo, invan la patria vostra
cercherete! Le mura, opra di Febo,
sotto le lor reliquie fumeranno.

Ma i Penati di Troia avranno stanza
in queste tombe; ché de' Numi è dono
servar nelle miserie altero nome.

E voi, palme e cipressi che le nuore
piantan di Priamo, e crescerete ahi presto
di vedovili lagrime innaffiati,
proteggete i miei padri: e chi la scure
asterrà pio dalle devote frondi
men si dorrà di consanguinei lutti,
e santamente toccherà l'altare.
Proteggete i miei padri.
Ivi venne Cassandra, quando un dio in petto
le face profetizzare il giorno fatale per la città di Troia,
e ai defunti rivolse un canto denso d'affetti;
insegnava ai giovani troiani il culto dei morti, 
con un canto funebre e amoroso. 
E diceva sospirando: . Oh se mai
a voi il destino consentirà di ritornare da Argo, 
dove come schiavi porterete al pascolo i cavalli di Diomede e di Ulisse, invano cercherete la patria! 
Le mura di Troia, opera di Febo Apollo fumeranno sotto i loro resti.
Ma gli dei protettori di Troia continueranno a risiedere in questi sepolcri; poiché è dono degli dei 
conservare anche nella rovina la loro fama gloriosa.
E voi palme e cipressi, che crescerete ben presto.
nutriti dalle lacrime delle vedove troiane,
proteggete i miei padri; chi la scure 
terrà lontana  pietoso dalle sacre foglie
meno avrà da dolersi della morte dei congiunti,
e potrà toccare gli altari degli dei con mano pura:
< palme e cipressi > proteggete i miei padri
 

                                   Un dí vedrete
mendico un cieco errar sotto le vostre
antichissime ombre, e brancolando
penetrar negli avelli, e abbracciar l'urne,
e interrogarle. Gemeranno gli antri
secreti, e tutta narrerà la tomba
Ilio raso due volte e due risorto
splendidamente su le mute vie
per far piú bello l'ultimo trofeo
ai fatati Pelídi. Il sacro vate,
placando quelle afflitte alme col canto,
i prenci argivi eternerà per quante
abbraccia terre il gran padre Oceàno.
E tu onore di pianti, Ettore, avrai,
ove fia santo e lagrimato il sangue
per la patria versato, e finché il Sole
risplenderà su le sciagure umane.

                    
                                  Un giorno vedrete
mendico e cieco un poeta vagare
sotto le vostre antichissime ombre, e brancolando
entrare nei sepolcri, abbracciare le urne, 
e interrogarle: Gemeranno le tombe
nelle parti più interne, e narreranno la vicenda
di Troia rasa al suolo due volte e due volte ricostruita
splendidamente sui suoi resti
per fare più bello e grande l'ultima vittoria
dei Greci baciati dal destino. Il sacro poeta Omero
placando quelle anime con i suoi versi,
renderà eterno il ricordo dei Greci vincitori
per tutte le terre che abbraccia il grande oceano.
Anche tu avrai l'onore del ricorso; Ettore,
ovunque sia consacrato e compianto il sangue 
versato per la propria patria, per sempre
finché il sole risplenda sulle sciagure umane.

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