La città nell'immaginario letterario

Il grafo visualizza cinque dimensioni fondamentali dell'immaginario letterario legato al tema della città:

1) Le città storiche della memoria che incarnano valori e divengono emblemi anche nella loro rivisitazione decadente ( in alto a sinistra )
2) La città ricordata, evocata o ricreata in una dimensione inconscia, surreale , intesa come legame profondo alla terra di nascita, come simbolo lontano delle proprie matrici culturali ( in basso a sinistra )
3) La città industriale con i suoi luoghi della produzione industriale, degli scambi, della folla che anima piazze e strade, con la solitudine dell'artista che canta le sublimi abiezioni della realtà più squallida, pure capaci di produrre la più pura ispirazione ( in alto a destra )
4) La città futurista, tutta dinamismo, velocità ed animazione enfatizzata.( estrema destra )
5) La città vecchia nella moderna città: densa di atmosfere, di ricordi, di intimità sconosciute ai più. Ma anche la periferia degradata che ospita un'umanità dinamica e vitale, capace di esprimersi originalmente ( in basso a destra )

Mappa semantica
Esplorando le aree calde del grafo si può accedere ad una spiegazione più dettagliata dei vari ambiti di analisi
 


 


1) Esistono i grandi modelli delle città classiche, rese leggendarie dalle eroiche imprese di eroi combattenti come Ettore ed Enea. Troia dalle gloriose rovine ( Foscolo ) e Roma emblema di civiltà nascente popolano la memoria classica e neoclassica. Il concetto di rovina, ma anche quello di monumento architettonico, testimonianza di antichi fasti, rimane nella memoria storica a lungo, ad idealizzare un passato di forti valori militari e civili. Anche la civiltà medioevale - con la vitale virtù del popolo comunale - si lega a tale modello ( Carducci ).
In età decadente sorge poi il topos della città morta ( D'Annunzio ) o della città emblema di morte ed insieme di ambigua bellezza ( la Venezia di Mann ). Si tratta nel primo caso dell'estrema trasfigurazione simbolica del mito della città greca di Micene, sede regale degli Atridi, vincitori di Troia, colpita dalla maledizione di un destino di morte, che ancora si avvera nell'omicidio perpetrato dall'archeologo Leonardo sulla sorella. Nel romanzo "La morte a Venezia" di Thomas Mann invece si costruiscono le struggenti fisionomie della Venezia lagunare e statica, impreziosita da una bellezza ormai sfuggente e malata, incarnata dal giovane Tadzio, che si confonde con l'epidemia di colera che la attraversa.




C. Monet, Palazzo ducale a Venezia



Veduta di Venezia al tramonto
 


2) Le città ricondotte a lontane atmosfere, solo evocate, ormai sfuggite a troppo nitide testimonianze, e penetrate nelle ansie più sottili dell'artista parlano attraverso i loro silenzi, attraverso il loro grande passato culturale  rimosso dal presente ( Le città del silenzio di D'Annunzio ), ma popolano anche di turbamenti la sensibilità decadente ( Il fuoco di D'Annunzio e Morte a Venezia di T. Mann ). Oppure alimentano l'immaginazione e la pura fantasia delle utopie ( Le città invisibili di Calvino ) oppure  connotano le misteriose pulsioni che portano alla creazione  poetica
( Ungaretti - Il porto sepolto ). In pittura sono gli espressionistici cromatismi di Van Gogh o le prospettive sfuggenti delle piazze d'Italia di De Chirico, che definiscono la straniata percezione della città. Gli scenari metafisici di de Chirico traducono le architetture urbane in metafore del silenzio e della solitudine, in un'atmosfera di  sospesa meditazione  che richiama alcune poesie di Montale.

 



Van Gogh, Arles
 





G. De Chirico, Piazze d'Italia

 


3) La città industriale popola lentamente il panorama europeo con i suoi luoghi emblematici: la fabbrica, la stazione, la piazza, i boulevard, le grandi mostre, i café chantants....ma anche gli interni solitari degli artisti, i balconi e le finestre che si aprono avidi su maree di folle anonime, ora plaudenti, ora angosciosamente incombenti.
In questa città, dove i dolori e le bassezze più angosciose si confondono con i più alti ideali artistici, la solitudine disperata dell'intellettuale si affianca alla solitudine del singolo, immerso nel ritmo convulso delle relazioni quotidiane.
Degradazione, vizio, miseria assumono un'emblematica dignità: anche le più basse testimonianze di vita possono divenire materia artistica, perché parlano di un'autenticità che non può essere perduta o trascurata dall'artista.

 



C. Monet, Boulevard de Capucins

 


P.A. Renoir, Le Moulin de la Galette

 


4) La città futurista del primo '900 enfatizza la dimensione dinamica e impersonale della città neoindustriale. Le forze umane e materiali che popolano la nuova città futurista non sono più solo attraenti spettacoli di colori e  gioiose resse festanti. Nella "Città che sale" c'è vera tensione, esasperato sforzo per dare propulsione ad un nuovo ambiente di vita. Sono quasi potenze invisibili quelle che cavalcano con i cavalli imbizzarriti - bestie inferocite - scatenanti un turbine, che, con furia travolgente, crea vortici, dislocando e infiammando corpi e criniere. E' uno stato di angoscia gioiosa quella dei Futuristi. La nuova città che sale trasformando il suo volto ordinario, scatena anch'essa forze nascoste, quelle di un lavoro febbrile che non dà più spazio alla falsa quiete della contemplazione.
 


Boccioni, La città che sale



Sant'Elia, la città futurista
 

 

5) Nella città segnata dalla velocità e dal danaro, dallo sfruttamento e dai consumi, si ritaglia uno spazio la città vecchia, quella dei quartieri popolari, dove gli antichi mestieri ricreano un'atmosfera vitale, intima e privata, immune dal tempo delle macchine. Una città che non è confusa con la campagna ma è immersa nelle case del popolo e caratterizzata dalla vita che in esse pulsa. E' la città dei popolani di Pratolini, è la città segreta di Saba o quella provocatoria dei ragazzi di vita di Pasolini.

 



Vicolo della vecchia Trieste
 



R. Guttuso, la Vucciria
 

Intertestualità e tematizzazioni - Prima pagina