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La città di Gino Severini: il futurismo, il tema della danza e l'unanimismo

● Il futurismo: la molteplicità delle sensazioni nella visione simultanea e multiprospettica

Il Manifesto tecnico della pittura futurista del 1910, sottoscritto da Severini, Carrà, Balla, Russolo e Boccioni ben sintetizza il nuovo clima culturale in cui si inquadra la nuova fase dell'opera dell'autore, reduce dalle esperienze parigine, dove nel 1909 era stato pubblicato dal Figaro il Manifesto del futurismo di Tommaso Marinetti.


 Manifesto tecnico della pittura futurista ( 1910 )

Nel primo manifesto da noi lanciato l'8 marzo 1910 dalla ribalta del Politeama Chiarella di Torino, esprimemmo le nostre profonde nausee i nostri fieri disprezzi, le nostre allegre ribellioni contro la volgarità, contro il mediocrismo, contro il culto fanatico e snobistico dell'antico, che soffocano l'Arte nel nostro Paese.
Noi ci occupavamo allora delle relazioni che esistono fra noi e la società. Oggi invece, con questo secondo manifesto, ci stacchiamo risolutamente da ogni considerazione relativa e assurgiamo alle più alte espressioni dell'assoluto pittorico.
La nostra brama di verità non può più essere appagata dalla Forma né dal Colore tradizionali. Il gesto per noi, non sarà più un momento fermato dal dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale.

Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per persistenza della immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo in corsa non ha quattro zampe: ne ha venti e i loro movimenti sono triangolari.
Tutto in arte è convenzione, e le verità di ieri sono oggi, per noi, pure menzogne.
Affermiamo ancora una volta che il ritratto, per essere un'opera d'arte, non può, né deve assomigliare al suo modello, e che il pittore ha in sé i paesaggi che vuol produrre. Per dipingere una figura non bisogna farla; bisogna farne l'atmosfera.

Lo spazio non esiste più: una strada bagnata dalla pioggia e illuminata da globi elettrici s'inabissa fino al centro della terra. Il Sole dista da noi migliaia di chilometri; ma la casa che ci sta davanti non ci appare forse incastonata dal disco solare? Chi può credere ancora all'opacità dei corpi, mentre la nostra acuita e moltiplicata sensibilità ci fa intuire le oscure manifestazioni dei fenomeni medianici? Perché si deve continuare a creare senza tener conto della nostra potenza visiva che può dare risultati analoghi a quelli dei raggi X?
Innumerevoli sono gli esempi che danno una sanzione positiva alle nostre affermazioni.

Le sedici persone che avete intorno a voi in un tram che corre, sono una, dieci, quattro, tre; stanno ferme e si muovono; vanno e vengono, rimbalzano sulla strada, divorate da una zona di sole, indi tornano a sedersi, simboli persistenti della vibrazione universale.
E, talvolta sulla guancia della persona con cui parliamo nella via noi vediamo il cavallo che passa lontano, I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, così come il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano.

La costruzione dei quadri è stupidamente tradizionale. I pittori ci hanno sempre mostrato cose e persone poste davanti a noi. Noi porremo lo spettatore nel centro del quadro.

Come in tutti i campi del pensiero umano, alle immobili oscurità del dogma è subentrata la illuminata ricerca individuale, così bisogna che nell'arte nostra sia sostituita alla tradizione accademica una vivificante corrente di libertà individuale. Noi vogliamo rientrare nella vita.
La scienza d'oggi, negando il suo passato, risponde ai bisogni materiali nostro tempo; ugualmente, l'arte negando il suo passato, deve rispondere ai bisogni intellettuali del nostro tempo.

La nostra nuova coscienza non ci fa più considerare l'uomo come centro della vita universale. Il dolore di un uomo è interessante, per noi, quanto quello di una lampada elettrica, che soffre, e spasima, e grida con le più strazianti espressioni di dolore; e la musicalità della linea e delle pieghe di un vestito moderno ha per noi una potenza emotiva e simbolica uguale a quella che il nudo ebbe per antichi.
Per concepire e comprendere le bellezze nuove di un quadro moderno bisogna che l'anima ridiventi pura; che l'occhio si liberi dal velo di cui l'hanno coperto l'atavismo e la cultura e consideri come solo contro la Natura, non già il Museo!

Allora, tutti si accorgeranno che sotto la nostra epidermide non serpeggia il bruno, ma che vi splende il giallo, che il rosso vi fiammeggia e che il verde, l'azzurro e il violetto vi danzano voluttuosi e carezzevoli!
Come si può ancora vedere roseo un volto umano, mentre la nostra vita si è innegabilmente sdoppiata nel nottambulismo?
Il volto umano è giallo, è rosso, è verde, è azzurro, è violetto. Il pallore di una donna che guarda la vetrina di un gioielliere è più iridescente tutti i prismi dei gioielli che l'affascinano.

Le nostre sensazioni pittoriche non possono essere mormorate. Noi facciamo cantare e urlare nelle nostre tele che squillano fanfare assordanti e trionfali.
I nostri occhi abituati alla penombra si apriranno alle più radiose visioni di luce. Le ombre che dipingeremo saranno più luminose delle luci dei nostri predecessori, e i nostri quadri, a confronto di quelli immagazzinati nei musei, saranno il giorno più fulgido contrapposto alla notte più cupa.
Questo naturalmente ci porta a concludere che
non può sussistere pittura senza divisionismo.
Il divisionismo, tuttavia, non è nel nostro concetto un mezzo tecnico che si possa metodicamente imparare ed applicare. Il divisionismo, nel pittore moderno, deve essere un complementarismo congenito da noi giudicato essenziale e fatale.
E infine respingiamo fin d'ora la facile accusa di barocchismo, con la quale ci si vorrà colpire. Le idee che abbiamo esposte qui derivano unicamente dalla nostra sensibilità acuita. Mentre barocchismo significa artificio, virtuosismo maniaco e smidollato, l'Arte, che noi preconizziamo è tutta di spontaneità e di potenza.

NOI PROCLAMIAMO:

1. CHE IL COMPLEMENTARISMO CONGENITO È UNA NECESSITÀ ASSOLUTA NELLA PITTURA, COME IL VERSO LIBERO NELLA POESIA E COME LA POLIFONIA NELLA MUSICA
2. CHE IL DINAMISMO UNIVERSALE DEVE ESSERE RESO COME SENSAZIONE DINAMICA

3. CHE NELL'INTERPRETAZIONE DELLA NATURA OCCORRONO SINCERITÀ E VERGINITÀ

4. CHE IL MOTO E LA LUCE DISTRUGGONO LA MATERIALITÀ DEI CORPI.

NOI PROCLAMIAMO:

1. CONTRO IL PATINUME E LA VELATURA DA FALSI ANTICHI
2. CONTRO L'ARCAISMO SUPERFICIALE ED ELEMENTARE A BASE DI TINTE PIATTE, CHE RIDUCE LA PITTURA AD UNA IMPOTENTE SINTESI INFANTILE E GROTTESCA
3. CONTRO IL FALSO AVVENIRISMO DEI SECESSIONISTI E DEGLI INDIPENDENTI, NUOVI ACCADEMICI D'OGNI PAESE
4. CONTRO IL NUDO IN PITTURA, ALTRETTANTO STUCCHEVOLE ED OPPRIMENTE QUANTO L'ADULTERIO NELLA LETTERATURA.

Voi ci credete pazzi. Noi siamo invece i Primitivi di una nuova sensibilità completamente trasformata.
Fuori dall'atmosfera in cui viviamo noi, non sono che tenebre. Noi Futuristi ascendiamo verso le vette più eccelse e più radiose, e ci proclamiamo Signori della Luce, poiché già beviamo alle vive fonti del sole.
 


Nonostante le premesse teoriche del Manifesto, saranno indispensabili le esperienze parigine del 1911 e del 1912 perché  Severini metta a punto un suo maturo linguaggio futurista. In alcune opere come La danza del pan pan al Manico, Il Boulevard, Ballerina ossessiva si trova maggiormente l'influenza di alcune poetiche non pittoriche,  come quelle dei poeti francesi post-simbolisti che esordiscono nel primo decennio del secolo - piuttosto che quella del "macchinismo" e della "modernolatria" tipiche dei manifesti futuristi. Già nel 1906, tre anni prima di Marinetti, il Manifesto della Lega degli artisti indipendenti ( dei poeti Duhamel, Vildrac, Mahn, Romains e del pittore Gleizes ) parlava di lotta e di rivoluzione, per connotare l'esperienza letteraria e umana di una generazione di intellettuali che si sentono «crociati del moderno», concretamente impegnati a incidere nella società.
Dall'esperienza collettivista dei poeti dell'Abbazia di Créteil muove la poetica unanimista di Jules Romains, certamente la più ricca e feconda di stimoli figurativi. Nella sua poesia la città - per il verismo tardottocentesco nodo di tutti i vizi e di tutte le deviazioni sociali - riacquista una valenza tutta positiva. E il luogo privilegiato degli "unanimi", dove l'Io individuale giunge a percepire la sua intima essenza e si realizza nella comunione con gli altri; è la "folla" quella che sola giustifica l'azione (e la stessa esistenza) dell'intellettuale, del poeta, dell'artista, dell'uomo.


Il boulevard ( 1911 ) - L'opera appartiene al periodo in cui  ormai è ampiamente superata la fase divisionista. A Parigi Severini conosce i maggiori pittori cubisti ( Picasso, Braque ) e si misura con la filosofia di Bergson, l'intuizionismo. Egli crede che spazio e tempo nella memoria abbiano una loro continuità, per cui ogni oggetto che cade sotto i nostri occhi viene non tanto guardato esteriormente quanto "ri-conosciuto" per le molte esperienze precedenti e quindi "ri-vissuto" in tutti molteplici rapporti che hanno permesso di vederlo in unione a tanti altri soggetti e ambienti.
E' questa la teoria delle analogie. L'immagine del boulevard anticipa le ricerche cubiste di Severini: la simultaneità delle percezioni e la scomposizione e compenetrazione dei piani prospettici diventano soluzioni espressive nuove, il colore più vivo, radioso e sereno anticipa le tecniche libere del collage che Severini  sperimenterà nel 1915.
Egli studia e rappresenta la città in una «costruzione arabescale, ritmica, volontariamente ordinata in vista di una nuova architettura qualitativa".

Ricordi di viaggio, ( 1911 ) - Realizzata a Parigi,  la composizione è strutturata secondo il principio della visione multiprospettica e simultanea e si regge sulle dinamiche della memoria, che  traduce in espressione figurativa l'emozione nostalgica del richiamo del passato.  Ambizione dell'autore è quella di " distruggere l'unità di tempo e di luogo nel soggetto" in un'immagine simultanea che dia l'idea di luoghi, volti, e figure unificati nello spazio nello spazio della tela come lo sono nella memoria.. Un ritmo centripeto della scena, ancora infarcita di dettagli figurativi, vuole raccontare il viaggio dalla sua Pienza, simbolicamente evocata dal medievale pozzo, dalla chiesa, dal campanile, a Parigi attraverso il metallico treno, oramai icona della modernità. Il pittore non ricorre alla compenetrazione cubista dei piani, ma adotta una spazialità sferica, dilatata e distorta, che richiama le esperienze del cubismo analitico di Delaunay.

I toni della simultaneità ad un passo dall'astrazione dinamica si ritrovano anche in altre opere del periodo quali Il treno fra le case, Paesaggio urbano, Terrazza a un caffè di Montmartre, tutte creazioni emotivamente nate dal credo futurista e che segnano oramai il tramonto della visione impressionista della realtà urbana.




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G. Severini, Il boulevard, 1911





G. Severini, Ricordi di viaggio, 1911

 

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G. Severini, Paesaggio Urbano ( Omaggio ad Apollinaire ),
pastello su carta, 1912-1913,
 








G. Severini, Terrazza a un caffè a Montmartre, 1913


 

● Il futurismo e il tema della danza

 Le prime opere legate al tema della danza, sono dipinti ancora neoimpressionisti che lasciano supporre una fonte di ispirazione letteraria più che pittorica. Nonostante l'attenzione per l'aspetto dinamico sia tipica della poetica futurista -  non a caso il termine dinamismo è impiegato più volte dai futuristi nei titoli delle loro opere - la rappresentazione dei diversi momenti psicologico-percettivi attivati nello spettatore da una ballerina in movimento sembra piuttosto da ricollegarsi alle tematiche unanimiste.  «La vita unanime e collettiva» si svolge freneticamente nei luoghi di incontro e di passaggio dove gli individui in continuo movimento si ritrovano solidali e in comunione proprio attraverso la dimensione dello scambio ininterrotto. Di questo perenne e concitato ritmo la  Ballerina ossessiva  di Severini sarebbe dunque l'incarnazione, il simbolo seducente al quale non è possibile sottrarsi.

La danza del pan pan al Monico  
( 1911 ) riassume tutti i temi urbani di Severini  portandoli ad un alto livello di figuratività. Come l'autobus, il teatro, il boulevard, anche il café chantant è un topos dell'esperienza unanimista.  La grande folla che si agita e si mescola, annullando la propria distinta individualità, esprime un fermento sconosciuto di comunicazione che si manifesta nella danza frenetica, come gesto simbolico della modernità. Viene ancora utilizzata come ne
Il boulevard  il metodo della scomposizione delle forme in tasselli colorati, ma con un effetto dinamico moltiplicato dal continuo zigzagare dei profili, da un metodo prospettico che allontana ed avvicina repentinamente i punti di vista plurimi.

 Nasce nel 1912 un gran numero di opere su tela e su carta, spesso organizzate per cicli tematici, che rendono Severini ben riconoscibile all'interno della "koinè" futurista, che ora si apre ad interessi cubisti.
Ballerine spagnole al Monico ( 1913 ) può considerarsi la sintesi di modi espressivi che procedono sempre più sensibilmente verso forme di astrazione. L'astrazione nelle sue opere è ormai richiesta dalla complessità dei processi psicologico-visivi che danno origine alle immagini. Si ha cioè la percezione di uno spazio che viene avvertito come "ambiente" ( e dunque dotato di suoni, rumori, persino odori ), rivissuto nella memoria, trasfigurato dall'emozione particolare ( l' «emozione plastica»). Le forme di persone e cose, sottoposte a un processo di scomposizione in volumi solidi e di rotazione-traslazione, assumono sempre di più un valore di diagramma senza tuttavia smarrire del tutto i propri rapporti con la realtà.

Mare = Ballerina   ( 1913 - 1914 ) - E tra le prime opere appartenenti a un nucleo di dipinti nato sulla base del processo analogico, spiegato da Severini in un manifesto teorico scritto alla fine del 1913 e inviato a Marinetti col titolo Le analogie plastiche del dinamismo, che però allora non venne pubblicato. Nel ricorso al metodo analogico è chiaro l'intento di Severini di collegarsi a quanto già espresso da Marinetti nel Manifesto tecnico della letteratura futurista del 1912:
«L'analogia non è altro che l'amore profonde che collega le cose distanti, apparentemente diverse e ostili. Solo per mezzo di analogie vastissime uno stile orchestrale, a un tempo policromo, polifono, e polimorfo, può abbracciare la vita della materia».
E fino a che punto debbano essere distanti i soggetti collegati dall'analogia è detto subito prima: «Gli scrittori si sono abbandonati finora all'analogia immediata. Hanno paragonato per esempio l'animale all'uomo, il che equivale ancora, press'a poco, a una specie di fotografia. Hanno paragonato per esempio un fox-terrier a un piccolissimo puro-sangue. Altri più avanzati potrebbero paragonare quello stesso  fox-terrier a una piccola macchina Morse. Io lo paragono invece ad un'acqua ribollente. V'è in ciò una gradazione di analogie sempre più vaste, vi sono rapporti sempre più profondi e solidi, quantunque lontanissimi".
 

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G. Severini, Ballerina ossessiva, 1911

 





 


G. Severini, La danza del pan pan al Monico, 1911-1912

 

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G. Severini, Ballerine spagnole al Monico, 1913




G. Severini, Mare = Ballerina, 1913 - 1914

 

● L'intrecciarsi delle sensazioni all'interno di autobus, treni e tram.

Oltre alla danza, che riassume simbolicamente l'animazione urbana, altre serie tematiche si ricollegano all'unanimismo. Le scene di folla ad esempio ambientate in treni, tram, autobus o pubblici divertimenti diventano oggetto di ricorrenti studi dei pittori futuristi, preparatori per Severini di una fase di astrazione sempre più spinta,  testimoniata dall'opera fondamentale Luce+velocità+rumore del 1913.

Il treno Nord-Sud  e L'autobus , opere del 1912, testimoniano il
furore iconoclasta dei futuristi, proiettati verso il futuro e in rotta con il passatismo delle tradizioni. Essi fanno della macchina uno dei miti più celebrati dalla loro arte. Marinetti, dopo aver inneggiato all'automobile come fonte della nuova, meccanica bellezza della velocità. nell'introduzione al Manifesto del futurismo, coglie la poesia degli «enormi tramvai a due piani, che passano sobbalzando, risplendenti di luci multicolori».
Queste  immagini e soggetti ripresi nei dipinti di Severini come nelle opere di Carrà, o di Russolo, cantori su tela di quell'inedito materiale poetico.

La concezione dell'universo come "continuum", flusso energetico, progettualità senza fine, luogo dell'interagire universale (derivata dall'intuizionismo del filosofo Henri Bergson) caratterizza chiaramente il ciclo dedicato agli autobus e alla ferrovia Nord-Sud che attraversa Parigi.
Tram e treni
avevano già trovato i loro cantori futuristi ( Ciò che mi ha detto il tram, di Carrà; Dinamismo di un treno di Russolo), come strumenti privilegiati per l'esaltazione del dinamismo e la percezione simultanea della velocità («le sedici persone che avete intorno a voi in un tram che corre», si legge nel Manifesto tecnico della pittura futurista, «sono una, dieci, quattro, tré; stanno ferme è sì muovono, vanno e vengono, rimbalzano sulla strada»).

A Severini tuttavia interessano altri aspetti del tema: l'autobus non è solo un veicolo in movimento ma il luogo di interferenza delle psicologie individuali e collettive; queste interagiscono fra di loro e con il ritmo vitale della città, proiettando i loro stati d'animo al di fuori dell'involucro vetrato che attraversa lo spazio urbano. Così l'autore, più che insistere sugli aspetti plastici derivanti dalla compenetrazione dei corpi con gli oggetti dell'ambiente, pensa all'autobus come a un tunnel spaziale percorso da fasci di energia, onde di empatia che pongono l'interno in rapporto con l'esterno. Restano chiare e leggibili le insegne dei negozi a testimoniare l'origine reale e non puramente immaginaria della visione ricostruita dal pittore.

 

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G. Severini, Il treno Nord-Sud, 1912
 



G. Severini, L'autobus, 1912

 

Festa a Montmartre ( 1913 ). Il vorticoso ritmo rotatorio della scena è dato dalla giostra illuminata nel buio di una sera parigina. L'osservatore è trascinato dalla stessa forza centripeta dell'oggetto in movimento e rivive la sensazione di dinamica animazione legata al divertimento ampiamente condiviso.

Luce+velocità+rumore ( 1913 ), scomparso nel 1915 e ritrovato dopo 90 anni. E' un quadro eccezionale di Gino Severini eseguito nel 1913, e che viene esposto per la prima volta all'Auditorium di Roma insieme ad altre opere inedite. E' uno spettacolare saggio di ricerca pittorica intorno al tema più volte sollecitato dal leader del Futurismo Marinetti sull'evocazione del panorama simultaneo della metropoli moderna, l'unica e vera fonte d'ispirazione per l'artista del nuovo secolo. Severini escludendo ogni scrupolo descrittivo interpreta il tema approdando a forme astratte. L'opera appare un caleidoscopio dinamico di colori e forme geometriche, che evocano con ritmo vertiginoso la visione simultanea di Parigi, città moderna per eccellenza. Severini la sceglierà come sue seconda patria, ci vivrà dal 1906 al 1913 e dal 1914 agli anni Trenta, e spingerà gli illustri colleghi Boccioni e Carrà a lasciarsi sedurre dalloa sperimentazione e dalla ricerca figurativa che aveva la sua sede nella capitale francese.
Tutto è orchestrato in un gioco di prismi multicolori dall'effetto baluginante e vibrante dovuto alla tecnica pittorica del puntinismo, tipica di Severini. Gli alberi dei boulevard parigini diventano cerchi verdi, i palazzi sono rettangoli grigi, le finestre cavità nere, e lo sfrecciare del treno appena percepibile si traduce in un bagliore metallico costruito attraverso angoli acuti intersecati che danno la sensazione di una velocità in scena da sinistra verso destra. Dal paesaggio urbano Severini mantiene solo la scritta leggibile della ferrovia di Montrouge Gar de l'est e le cifre romane delle carrozze.

 


G. Severini, Festa a Montmartre, 1913

 

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G. Severini, Luce+velocità+rumore, Interpretazione simultanea, 1913

 

 

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