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L’ascesa della piccola proprietà nella prima metà dell’'800
 

Lo sviluppo della domanda interna di derrate alimentari per il cospicuo aumento della popolazione ( cresciuta tra il 1819 e il 1848 nelle sole province piemontesi da 2 220 000 a 2 787 000 abitanti ) e la buona tenuta dei prezzi aveva rinnovato l’interesse per la terra. Tuttavia solo dopo l’adozione del liberismo economico la media proprietà e le imprese contadine ebbero modo di espandersi e rafforzarsi.
La notevole espansione del credito ipotecario aveva favorito la formazione di piccoli poderi ed andava di pari passo con il progressivo sfaldamento delle proprietà, un tempo vincolate, degli ordini cavallereschi, dei beni ecclesiastici e dei grossi patrimoni delle Opere pie e di altri corpi morali. Fin dal 1852 , al tempo degli accertamenti per la riforma del catasto, il numero delle proprietà fondiarie nelle sei divisioni piemontesi
( Torino, Ivrea, Cuneo, Alessandria, Vercelli e Novara ) era aumentato a più di 600 000 unità.

Le caratteristiche ambientali della regione piemontese di tipo collinare e le difficoltà nella regolare irrigazione avevano favorito l’ulteriore espansione della vite, una coltivazione che richiedeva più intenso lavoro individuale e ben si adattava ai mezzi delle piccole imprese coltivatrici.
 


Terrazzamenti collinari a vite.
 

Inoltre, le misure amministrative adottate di temporanea esenzione fiscale avevano favorito lo sviluppo della piccola proprietà. La consuetudine di dividere i fondi tra tutti i figli maschi aveva fatto sì che le proprietà fossero ulteriormente frammentate.  

D’altra parte le riduzioni delle tariffe doganali, che colpirono pesantemente la produzione cerealicola ( facendo affidamento sulle capacità di adattamento dell’affittanza capitalistica e sulla grande proprietà terriera, sorrette da grandi stanziamenti in opere di  migliorìa fondiaria ), favorirono lo sviluppo e una maggiore redditività interna degli ordinamenti agrari legati ai sistemi di conduzione diretta della piccola proprietà: l’allevamento del baco, l’impianto della vite e la coltivazione della frutta. Erano, questi, prodotti primari che non richiedevano un rafforzamento della dotazione attrezzatura-capitale o un’integrale trasformazione delle tecniche agrarie.

 

In seguito, con lo sviluppo di correnti commerciali più ampie, si crearono numerosi piccoli e medi possedimenti agricoli orientati verso l’esportazione del vino specialmente in Francia, Belgio, Svizzera e Inghilterra. In Italia, invece, le piccole aziende s’inserirono in un sistema di prezzi sia per il vino sia per i bozzoli in costante ascesa, in modo da poter intensificare o estendere le colture tradizionali e far crescere il valore fondiario dei piccoli appezzamenti terrieri.

Il reddito famigliare ebbe dei miglioramenti anche in seguito all’offerta di impieghi parziali nella trattura di seta greggia e per l’avvento di contatti commerciali più diretti con il mercato, grazie anche allo sviluppo stradale e delle vie di comunicazione.
 


Fonti bibliografiche:
-  Valerio Castronovo, Storia delle regioni - Il Piemonte, Einaudi 1977;  pp. 17 - 22
 


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