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La perequazione generale del Piemonte ( 1710 )
ed il problema dei catasti comunali


Fra il 1710 e il 1711 quasi tutto il territorio della provincia di Vercelli fu visitato, Comune per Comune, dagli uomini incaricati di procedere alle azioni necessarie per giungere alla nuova ripartizione delle imposte fondiarie, con quella che fu definita come Perequazione generale di Piemonte.  L'operazione era stata intrapresa da Vittorio Amedeo II per tutto il vecchio Piemonte, a partire dal 1689, anno in cui erano state elaborate le prime indicazioni sul modo di procedere. Dopo le prime esperienze condotte nelle province di Cuneo e Mondovì, nel 1700 erano state emanate le disposizioni definitive che stabilivano che tutti i territori dei Comuni fossero misurati, secondo il metodo delle colture di massa, cioè individuando per i terreni allodiali, quanta superficie fosse occupata singolarmente dalle diverse destinazioni colturali ( campi, parti, risaie, boschi e gerbidi o incolti ). Per i terreni feudali, comuni ed ecclesiastici doveva anche essere individuato il titolare del possesso, per recuperare eventuali abusi che si fossero verificati nel tempo. Dopo la misurazione i terreni dovevano essere valutati, cioè stimati, con parametri che si riferivano soltanto alla quota domenicale del reddito agrario.

La necessità della Perequazione derivava dall'ormai ineludibile cambiamento del sistema fiscale per le imposte fondiarie. Fino ad allora le imposte fondiarie nei diversi comuni piemontesi prevedevano due diversi prelievi, uno a favore della finanza locale e della finanza statale, che confluivano entrambi nella taglia in carico ai possessori di terre non immuni ( allodiali ). La quota statale era fissa e prevedeva un contributo totale di 200.000 scudi, suddivisi tra le Comunità sulla base di quote fisse dovute da ognuna di loro e calcolate secondo parametri differenziati, derivati da una stima sulle capacità di contribuzione.

Dopo oltre un secolo dalla sua istituzione questo metodo di parametrazione dei carichi fiscali (che era stato introdotto da Emanuele Filiberto ) non corrispondeva più alla realtà dei fatti ed era necessario determinare un quadro aggiornato delle terre e dei loro redditi per rivedere le quote di imposta, che avrebbero dovuto appunto pagare le Comunità. Era cioè necessario procedere ad una corretta distribuzione dell'imposta fondiaria operando una perequazione.

Il Vercellese fu una delle ultime province oggetto della misurazione. Il territorio, diviso in zone circoscritte; per ognuna erano stati nominati appositi delegati a sopraintendere il lavoro di squadre di agrimensori ed estimatori in modo che ogni comune potesse essere valutato in pochi giorni. Si definiva la linea perimetrale del territorio di ogni comune, si determinavano le proprietà ed il titolo di possesso, la produttività ed il reddito, si stabilivano altresì le condizioni economiche delle amministrazioni comunali ( libri catastali ed eventuali debiti pubblici ) ed il carico fiscale in essere. Tutte le notizie erano raccolte in un fascicolo.
 



Mappa del Comune di Sale ( Sali Vercellese ) - Perequazione del 1710
Fonte iconografica tratta da Giuseppe Bracco, Uomini, campi e risaie nell'agricoltura del Vercellese fra età moderna e contemporanea,  2002

 


Mappa del Comune di Salasco - Perequazione del 1710
Fonte iconografica tratta da Giuseppe Bracco, Uomini, campi e risaie nell'agricoltura del Vercellese fra età moderna e contemporanea,  2002
 

Si sono spesso confuse le operazioni di perequazione generale del Piemonte con quelle di un catasto geometrico particellare generale del Piemonte, che invece non è mai stato compiuto. I catasti piemontesi di età moderna furono documenti di competenza comunale e fino al '700 si presentano con caratteristiche molto varie, tipiche  di ogni comunità, soprattutto per quanto riguarda i metodi utilizzati per giungere agli estimi. Soltanto i catasti comunali compilati dopo il 1739 - e non tutti i Comuni li fecero - furono geometrici particellari a seguito di apposite norme.

In occasione della Perequazione generale furono compilate solo quindici mappe nei comuni di Asigliano, Balocco e Bastia, Carezzana,e Belotto, Casalrosso, Monformoso, Montonaro, Olcenengo, Pertengo, Pezana, Quinto, Ronsecco, Salasco, Sale e Vianzino. Per ognuno di questi comuni il segretario generale disegnò una mappa, che può essere apparsa come uno dei classici componenti dei catasti geometrici. Purtroppo queste quindici mappe paiono essere le sole compilate in occasione della Perequazione generale.
 

Le descrizioni degli uomini dei campi, che resero possibile la definizione agronomica delle terre dei Comuni, fornirono alcune importanti indicazioni sul tipo di rotazioni adottato, molto elementare, che denuncia i problemi di fondo dell'agricoltura di antico regime legati alla bassa produttività. Un rapporto di uno a quattro e di uno a cinque, fra quantità seminata e quantità raccolta, contrassegnava frumento e segala, il doppio le melighe, ( marzaschi e saggina e non ancora granturco, indicato in vernacolo come meliga ). Frumento e sagale sono definiti grani di S.Giovanni con riferimento alla data tradizionale del raccolto, il 24 giugno. Più complicato il calcolo per i risi, dove il seme è espresso come risone e il risultato del raccolto come riso bianco, nulla essendo detto sul coefficiente di estrazione dell'uno o dell'altro.
 

Le rotazioni agrarie nel Settecento: un confronto  con l'area parmigiana
 



"Tempo e stagione di coltivare le terre da granaglie, da paglia e marzaschi" -  Disegno di fine secolo XVIII - inizio XIX da un manoscritto conservato presso l'Archivio di Stato di Parma edito a cura di P.L. Spaggiari con il titolo:  Insegnamenti di agricoltura parmigiana del secolo XVIII, Parma 1964 - L'illustrazione è stata liberamente riprodotta nel testo R. Finzi, Storia 2 , Zanichelli, che contiene copia del documento
 

Il disegno qui riprodotto è tratto da un anonimo trattato di agronomia pratica, che si ispira sia ad agronomi settecenteschi sia a scrittori di cose agrarie dei secoli precedenti. Nell'illustrare "il tempo e stagione di coltivare ( le terre ) da granaglie, da paglia e da marzatici" l'anonimo estensore del testo ripropone le norme già suggerite da agronomi precedenti come Agostino Gallo e Camillo Tarello, entrambi del secolo XVI. Per avere una buona produzione di cereali ( granaglie ), di paglia ( che serviva per fare il letto del bestiame e come foraggio ) di frutti delle piante seminate in primavera ( marzatici ) erano necessarie numerose lavorazioni. Sei secondo l'anonimo autore del manoscritto, di cui cinque necessarie per le semine autunnali e una in più per quelle della primavera a venire.  Le operazioni raccomandate sono:
- Due arature < riquadri 1 e 3 >
- Una spianatura con l'erpice da spiano, preoccupandosi di dare al campo una forma convessa in modo che le acque piovane scolino e non ristagnino < riquadro 2>
- Un'erpicatura con l'erpice dagli denti di ferro < riquadro 4 >, perché la terra sia ben sbriciolata
- La semina con solchi distanziati e bene ricoperti < riquadro 5 >
- La preparazione con la vanga delle porche, ( spazio di terra lavorata a forma convessa che sta tra solco e solco) per la semina dei marzatici < riquadro 6 >
Le operazioni descritte coprono un arco temporale notevole nell'annata agraria ( da giugno a novembre ) mentre le attrezzature richieste sono molteplici ( aratro, due erpici, zappe e vanghe, più il bestiame per trainare sia l'aratro che gli erpici.

( Il commento all'illustrazione è tratto dal manuale di storia  R. Finzi, Storia 2 , Zanichelli, )
 


Fonti bibliografiche:-
- Giuseppe Bracco, Uomini, campi e risaie nell'agricoltura del Vercellese fra età moderna e contemporanea, Unione agricoltori di  Vercelli e di Biella, 2002
 

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