La perequazione
generale del Piemonte ( 1710 )
ed il problema dei catasti comunali
La necessità della Perequazione derivava dall'ormai ineludibile cambiamento del sistema fiscale per le imposte fondiarie. Fino ad allora le imposte fondiarie nei diversi comuni piemontesi prevedevano due diversi prelievi, uno a favore della finanza locale e della finanza statale, che confluivano entrambi nella taglia in carico ai possessori di terre non immuni ( allodiali ). La quota statale era fissa e prevedeva un contributo totale di 200.000 scudi, suddivisi tra le Comunità sulla base di quote fisse dovute da ognuna di loro e calcolate secondo parametri differenziati, derivati da una stima sulle capacità di contribuzione. Dopo oltre un secolo dalla sua istituzione questo metodo di parametrazione dei carichi fiscali (che era stato introdotto da Emanuele Filiberto ) non corrispondeva più alla realtà dei fatti ed era necessario determinare un quadro aggiornato delle terre e dei loro redditi per rivedere le quote di imposta, che avrebbero dovuto appunto pagare le Comunità. Era cioè necessario procedere ad una corretta distribuzione dell'imposta fondiaria operando una perequazione.
Il Vercellese fu una delle ultime province
oggetto della misurazione. Il territorio, diviso in zone circoscritte; per
ognuna erano stati nominati appositi delegati a
sopraintendere il lavoro di squadre di agrimensori ed estimatori in modo che
ogni comune potesse essere valutato in pochi giorni. Si definiva la linea
perimetrale del territorio di ogni comune, si determinavano le proprietà ed
il titolo di possesso, la produttività ed il reddito, si stabilivano altresì
le condizioni economiche delle amministrazioni comunali ( libri catastali ed
eventuali debiti pubblici ) ed il carico fiscale in essere. Tutte le notizie
erano raccolte in un fascicolo. |
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Si sono spesso confuse le operazioni di perequazione generale del Piemonte con quelle di un catasto geometrico particellare generale del Piemonte, che invece non è mai stato compiuto. I catasti piemontesi di età moderna furono documenti di competenza comunale e fino al '700 si presentano con caratteristiche molto varie, tipiche di ogni comunità, soprattutto per quanto riguarda i metodi utilizzati per giungere agli estimi. Soltanto i catasti comunali compilati dopo il 1739 - e non tutti i Comuni li fecero - furono geometrici particellari a seguito di apposite norme.
In
occasione della Perequazione generale
furono compilate solo quindici mappe nei comuni di
Asigliano, Balocco e Bastia, Carezzana,e Belotto, Casalrosso, Monformoso,
Montonaro, Olcenengo, Pertengo, Pezana, Quinto, Ronsecco, Salasco, Sale e
Vianzino. Per ognuno di questi comuni il segretario generale
disegnò una mappa, che può essere apparsa come uno dei classici componenti
dei catasti geometrici. Purtroppo queste quindici mappe paiono essere le
sole compilate in occasione della Perequazione generale. |
Le
descrizioni degli uomini dei campi, che resero possibile la definizione
agronomica delle terre dei Comuni, fornirono alcune importanti indicazioni
sul tipo di rotazioni adottato, molto elementare,
che denuncia i problemi di fondo dell'agricoltura di antico regime legati
alla bassa produttività. Un rapporto di uno a quattro e di uno a
cinque, fra quantità seminata e quantità raccolta, contrassegnava frumento e
segala, il doppio le melighe, ( marzaschi e saggina e non ancora granturco,
indicato in vernacolo come meliga ). Frumento e sagale sono definiti grani di S.Giovanni
con riferimento alla data tradizionale del raccolto, il 24 giugno.
Più complicato il calcolo per i risi,
dove il seme è espresso come risone e il risultato del
raccolto come riso bianco,
nulla essendo detto sul coefficiente di estrazione dell'uno o dell'altro. |
Le rotazioni agrarie nel
Settecento:
un confronto con l'area parmigiana |
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Il disegno qui riprodotto è tratto da un anonimo
trattato di agronomia pratica, che si ispira sia ad agronomi settecenteschi sia
a scrittori di cose agrarie dei secoli precedenti. Nell'illustrare "il
tempo e stagione di coltivare ( le terre ) da granaglie, da paglia e da marzatici" l'anonimo estensore del testo ripropone le norme già
suggerite da agronomi precedenti come
Agostino Gallo e
Camillo Tarello,
entrambi del secolo XVI.
Per avere una buona produzione di cereali ( granaglie ), di paglia ( che
serviva per fare il letto del bestiame e come foraggio ) di frutti delle
piante seminate in primavera ( marzatici ) erano necessarie numerose
lavorazioni. Sei secondo l'anonimo autore del manoscritto, di cui cinque
necessarie per le semine autunnali e una in più per quelle della primavera a
venire. Le operazioni raccomandate sono: |
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