Il viaggio di non-ritorno di 'Ntoni 
G. Verga - I Malavoglia

i Trezza


Una sera, tardi, il cane si mise ad abbaiare dietro l’uscio del cortile, e lo stesso Alessi, che andò ad aprire, non riconobbe ’Ntoni il quale tornava colla sporta sotto il braccio, tanto era mutato, coperto di polvere, e colla barba lunga. Come fu entrato e si fu messo a sedere in un cantuccio, non osavano quasi fargli festa. Ei non sembrava più quello e andava guardando in giro le pareti, come non le avesse mai viste; fino il cane gli abbaiava, ché non l’aveva conosciuto mai. Gli misero fra le gambe la scodella, perché aveva fame e sete, ed egli mangiò in silenzio la minestra che gli diedero, come non avesse visto grazia di Dio da otto giorni, col naso nel piatto; ma gli altri non avevano fame, tanto avevano il cuore serrato. Poi ’Ntoni, quando si fu sfamato e riposato alquanto, prese la sua sporta e si alzò per andarsene.
Alessi non osava dirgli nulla, tanto suo fratello era mutato. Ma al vedergli riprendere la sporta, si sentì balzare il cuore in petto, e Mena gli disse tutta smarrita: -Te ne vai?
-Sì, - rispose ‘Ntoni.
-E dove vai?- chiese Alessi.
-Non lo so. Venni per vedervi. Ma dacché son qui la minestra mi è andata tutta in veleno. Per altro qui non posso starci, ché tutti mi conoscono, e perciò son venuto di sera. Andrò lontano, dove troverò da buscarmi il pane, e nessuno saprà chi sono.
Gli altri non osavano fiatare, perché ci avevano il cuore stretto in una morsa, e capivano che egli faceva bene a dir così. ‘Ntoni continuava a guardare dappertutto, e stava sulla porta, e non sapeva risolversi ad andarsene. – Ve lo farò sapere dove sarò – disse infine, e come fu nel cortile, sotto il nespolo, che era scuro, disse anche:
- E il nonno?
Alessi non rispose; ‘Ntoni tacque anche lui, e dopo un pezzetto:
- E la Lia, che non l’ho vista?
E siccome aspettava inutilmente la risposta, aggiunse colla voce tremante, quasi avesse freddo:
- E’ morta anche lei?
- Alessi non rispose nemmeno: allora ‘Ntoni che era sotto il nespolo, colla sporta in mano, fece per sedersi, poiché le gambe gli tremavano, ma si rizzò di botto, balbettando:
- Addio addio! Lo vedete che devo andarmene?
Prima d’andarsene voleva fare un giro per la casa, onde vedere se ogni cosa fosse al suo posto come prima; ma adesso, a lui che gli era bastato l’animo di lasciarla, e di dare una coltellata a don Michele e di starsene nei guai, non gli bastava l’animo di passare da una camera all’altra se non glielo dicevano. [..]
- Addio -  ripeté ‘Ntoni. – Vedi che avevo ragione d’andarmene! Qui non posso starci. Addio, perdonatemi tutti.
E se andò colla sporta sotto il braccio; poi quando fu lontano in mezzo alla piazza scura e deserta, che tutti gli usci erano chiusi, si fermò ad ascoltare se chiudessero la porta della casa e del nespolo, mentre il cane gli abbaiava dietro, e gli diceva col suo abbaiare che era solo in mezzo al paese. Soltanto il mare gli brontolava la solita storia lì sotto, in mezzo ai faraglioni, perché il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole, anzi ad Aci-Trezza ha un modo tutto suo di brontolare, e si riconosce subito al gorgogliare che fa tra quegli scogli nei quali si rompe, e par la voce di un amico.
Allora ‘Ntoni si fermo in mezzo alla strada a guardare il paese tutto nero, come non gli bastasse il cuore di staccarsene, adesso che sapeva ogni cosa, e sedette sul muricciuolo della vigna di massaro Filippo.
Cosi stette un gran pezzo pensando a tante cose, guardando il paese nero, e ascoltando il mare che gli brontolava lì sotto. E ci stette fino a quando cominciarono ad udirsi certi rumori ch’ei conosceva e delle voci che si chiamavano dietro gli usci, e sbatter d’imposte, e dei passi per le strade buie. Sulla riva, in fondo alla piazza, cominciavano a formulare dei lumi. Egli levò il capo a guardare i Tre re che luccicavano e la Puddara che annunziava l’alba, come l’aveva vista tante volte. Allora tornò a chinare il capo sul petto, e a pensare a tutta la sua storia. A poco a poco il mare cominciò a farsi bianco, e i Tre re ad impallidire, e le case spuntavano ad una ad una nelle vie scure, cogli usci chiusi, che si conoscevano tutte, e solo davanti alla bottega di Pizzuto c’era il lumicino, e Rocco Spatu colle mani nelle tasche che tossiva e sputacchiava. “Fra poco lo zio Santoro aprirà la porta”, pensò ‘Ntoni “ e si accoccolerà sull’uscio a cominciare la sua giornata anche lui”. Tornò a guardare il mare, che s’era fatto amaranto tutto seminato di barche che avevano cominciato la loro giornata anche loro, riprese la sua sporta, e disse: - Ora è tempo d’andarmene, perché tra poco comincerà a passare gente. Ma il primo di tutti a cominciare la sua giornata è stato Rocco Spatu.

Nel passo conclusivo dei Malavoglia si può intuire lo stato d'animo di 'Ntoni di fronte alla scelta  di allontanarsi definitivamente dalla casa del Nespolo e da Alessi e Mena, gli unici componenti della sua antica famiglia, sopravvissuti tenacemente alle avversità del destino.
Scelta difficile quella di Ntoni, resa tale non solo dalle emozioni contrastanti sollecitate dalla visita alla vecchia casa e dall'incontro con i due famigliari, ma anche dall'atmosfera fredda e quasi  indifferente che gli si presenta davanti agli occhi quando arriva alla vecchia casa, da poco riscattata.

L'ambiente di Aci Trezza è sempre lo stesso, immutato nel tempo, quasi non segnato dal progresso che altrove ha fatto sentire potentemente i suoi effetti. 'Ntoni è reduce dal periodo di carcerazione a Pantelleria per contrabbando, ritornando a casa, avrebbe forse sperato di integrarsi nuovamente nel vecchio nucleo famigliare. Egli intuisce invece che tutta quella vecchia realtà ora è per lui profondamente mutata ed è del tutto inconciliabile con la sua visione del vivere. Egli ad esempio capisce di non riuscire a riadattarsi alla vita di fatiche e di miserie a cui lo costringerebbe la permanenza nell'isola. Ma soprattutto è il senso di estraneità e l'implicito e sordo rifiuto della famiglia e dell'intera comunità ( che dovrebbe invece accoglierlo ) a costringerlo a ripartire.

La partenza , il viaggio di allontanamento definitivo dalla sua terra è preceduto da un muto colloquio con il mare, unico interlocutore vicino al dramma di 'Ntoni.

Il mare si ripresenta come l'eterna metafora del confidente, del muto naturale interlocutore dell'esule, del partente che non ha, nel momento dell'allontanamento, nessuno  da interrogare, se non se stesso, circa il senso del suo gesto < la partenza appunto > e della sua intera esistenza. Il mare con la sua vastità ed il suo cupo brontolio diventa specchio della mancanza di orientamento dell'infelice 'Ntoni. Il personaggio non ha infatti un progetto di vita, se non quello della fuga dal nucleo prezioso degli antichi affetti ora negati dalle sventure o sfaldati dal tempo.

Il momento dell'inizio del viaggio che si regge sempre sulla tensione tra attesa del nuovo e speranza del ritorno, tra spinta alla conoscenza e riconferma delle antiche certezze, manca in questo caso di uno dei due riferimenti essenziali. Si tratta di un viaggio senza ritorno, che chiude definitivamente nel personaggio la prospettiva di radicamento nel positivo mondo delle antiche tradizioni di laboriosità isolana. Tale mancata adesione per Verga è sinonimo di fallimento, di sconfitta, di pericolo certo in quanto coincide con lo smarrimento del senso dell'esistere, con il rinnegamento dei valori della comunità di appartenenza.
 

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