La Bufera
Les princes n'ont point d'yeux pour voir grand's merveilles,
leurs mains ne servent plus qu'à nous persécuter....
Agrippa d'Aubigné, A Dieu
La bufera che sgronda sulle foglie
dure della magnolia i lunghi tuoni
marzolini e la grandine,
(i suoni di cristallo nel tuo nido
notturno ti sorprendono, dell'oro
che s'è spento sui mogani, sul taglio
dei libri rilegati, brucia ancora
una grana di zucchero nel guscio
delle tue palpebre)
il lampo che candisce
alberi e muro e li sorprende in quella
eternità d'istante - marmo manna
e distruzione - ch'entro te scolpita
porti per tua condanna e che ti lega
più che l'amore a me, strana sorella, -
e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere
dei tamburelli sulla fossa fuia,
lo scalpicciare del fandango, e sopra
qualche gesto che annaspa...
Come quando
ti rivolgesti e con la mano, sgombra
la fronte dalla nube dei capelli,
mi salutasti - per entrar nel buio. |
La Bufera ( la guerra )
I
principi non hanno occhi per vedere queste grandi meraviglie, le loro mani
non servono che a perseguitarci
Agrippa d'Aubigné ( 1552 - 1630 )
La bufera diventa metafora della guerra;
le si attribuisce tutta la violenza della pioggia e della grandine che
colpisce violentemente le foglie dure della magnolia.
( la grandine crea un suono di cristallo
percosso - è l'eco della guerra che scoppia improvvisa - e sorprende Clizia
nel suo nido sicuro in America, dove può non temere le persecuzioni
razziali - un barlume luminoso si spegne sui mobili dell'interno, sulle
coste dei libri rilegati....appare un rapido baleno che si ritrae ma pare
anche persistere nei tuoi occhi, come grana di zucchero che brucia )
il lampo che proietta la sua luce bianca
illumina alberi, muri e li sorprende in un chiarore che sembra
contrassegnarli per l'eternità - freddo, dolce e vivificante, distruttivo -
...diventa in te, Clizia, luce salvifica, anche condanna nel tempo del
sacrificio, che ti lega a me più che l'amore, in uno strana fraterna
rivelazione e condivisione nella negatività del vivere.
e poi lo schianto violento, sordo, i
sistri, il fremere dei tamburelli sulla fossa sterminatrice, il
muoversi del passo di danza dai toni trionfali, mentre qualcuno cerca
di scampare allo sterminio......
Proprio come quando tu, Clizia,
cercasti di scampare alla persecuzione e con la mano, sgombrata la fronte
dalla frangia dei capelli, mi salutasti, nell'addio, per entrare
nello spazio buio della memoria.
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La poesia vive di una sua complessa trama di rimandi
analogici, che ci permettono di cogliere la specificità con la quale
il poeta rivive poeticamente l'evento bellico.
"La bufera è quella guerra dopo quella
dittatura...; ma è anche guerra cosmica, di sempre e di tutti ". Come al
solito Montale risolve in significati esistenziali e
metafisici anche gli eventi oggettivi, come, in questo caso, il
secondo conflitto mondiale e la persecuzione antisemita. Per riproporre
l'intensità del duplice scacco storico ed esistenziale
( il devastante scoppio del conflitto e l'allontanamento definitivo di
Irma Brandeis, Clizia, la donna - angelo portatrice di salvezza )
il poeta sceglie, come al solito, alcuni correlativi oggettivi.
Una serie di immagini ha il compito di ricostruire, in una penetrante
successione di significanti, la contraddittorietà del
reale, che si manifesta ora con la violenta
intensità di una bufera, ora con la luce
sorprendente di un lampo. Quest'ultimo è capace di connotare gli
oggetti in modo ambiguo e straniato, tanto da evidenziare nell'eternità
di un istante la condanna dell'uomo
alla sua dolorosa necessaria sofferenza.
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Dapprima c'é la facile
analogia bufera=guerra emblematizzata dallo sgrondare
violento sulle foglie della magnolia di pioggia e grandine crepitante,
come rumore di cristalli infranti. Irma / Clizia, la donna-angelo, fuggita
in America per salvarsi dalle persecuzioni razziali è sorpresa nel suo
interno dagli echi della bufera e il suo sguardo
sembra trattenere l'effetto di una luce che persiste, simbolo per
il poeta di una presenza che continua enigmaticamente a riproporsi,
come lontano ma tangibile effetto quando una nuova minaccia - la guerra
appunto - incombe sull'uomo.
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C'è poi la luce del
lampo che candisce alberi e muri, imbianca di
luce indifferente, freddamente stabile, ma
anche dolce ed evanescente come manna
eppure devastante per la distruzione
che accompagna. Questo correlativo ha una profondità straordinaria proprio
nella sua interna contraddittorietà. Il lampo è sì devastante come i
bagliori di guerra, ma acquista anche una sua positività perché è
luce di potenziale salvezza, incarnata da Irma /
Clizia. Questa luce non è tuttavia operante; è simbolo piuttosto di
dolore, sofferenza ( condanna ) comune
che connota l'esistenza di tutti gli uomini e
che rende per Montale strana sorella di
condivisione negativa della vita proprio Clizia . Questo legame
di negatività, di estraneità connota
tutti gli esseri umani ed
è quello
che lega più profondamente il poeta alla donna. Esso è più forte che
non il rapporto d'amore.
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Dopo la pregnanza dei correlativi visivi ecco
le metafore a prevalente valenza uditiva: la bufera come
schianto, come
metallico ondeggiare di funerei sistri - eco pascoliano de "L'assiuolo"
- il ritmo dei tamburelli sulla fossa di morte, le
movenze rumorose del fandango, trionfante marciare degli
eserciti in parate e scenari di guerra.....ma anche
gesto disperato di chi annaspa per
sfuggire ai massacri.
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Ed è proprio questa l'ultima
analogia concettuale. Il gesto di chi annaspa per salvarsi è
il gesto dell'ultimo definitivo saluto di Clizia,
che si allontana per sempre dalla vita del poeta. E' un addio irrevocabile
ed assoluto, che sanziona una definitiva assenza, la privazione di ogni
speranza di salvezza futura per l'uomo Montale. Il gesto d'addio è
preceduto e segnato da un atto lieve e quasi
sacrale: quello di allontanare dalla fronte la nube dei capelli.
Clizia diventa dea o angelo salvatore, che tuttavia manca al suo
compito e diviene vittima anch'essa di una negatività oggettiva, assunta -
proprio attraverso la realtà della guerra - come legge storica oltre che
esistenziale.
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