G. Leopardi - Lettera a Pietro
Giordani del 30 Aprile 1817
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Recanati 30 Aprile 1817 Oh quante volte, carissimo e desideratissimo Signor Giordani mio, ho supplicato il cielo che mi facesse trovare un uomo di cuore d'ingegno e di dottrina straordinario, il quale trovato potessi pregare che si degnasse di concedermi l'amicizia sua. E in verità credeva che non sarei stato esaudito, perché queste tre cose, tanto rare a trovarsi ciascuna da sé, appena stimava possibile che fossero tutte insieme. O sia benedetto Iddio (e con pieno spargimento di cuore lo dico) che mi ha conceduto quello che domandava, e fatto conoscere l'error mio. E però sia stretta, la prego, fin da ora tra noi interissima confidenza, rispettosa per altro in me come si conviene a minore, e liberissima in Lei. Ella mi raccomanda la temperanza nello studio con tanto calore e come cosa che le prema tanto, che io vorrei poterle mostrare il cuor mio perché vedesse gli affetti che v'ha destati la lettura delle sue parole, i quali se 'l cuore non muta forma e materia, non periranno mai, certo non mai. E per rispondere come posso a tanta amorevolezza, dirolle che veramente la mia complessione non è debole ma debolissima, e non istarò a negarle che ella si sia un po' risentita delle fatiche che le ho fatto portare per sei anni. Ora però le ho moderate assaissimo; non istudio più di sei ore il giorno, spessissimo meno, non iscrivo quasi niente, fo la mia lettura regolata dei Classici delle tre lingue in volumi di piccola forma, che si portano in mano agevolmente, sì che studio quasi sempre all'uso de' Peripatetici, e, quod maximum dictu est, sopporto spesso per molte e molte ore l'orribile supplizio di stare colle mani alla cintola.
O chi avrebbe mai pensato che il Giordani
dovesse pigliar le difese di Recanati? O carissimo Sig. Giordani mio,
questo mi fa ricordare il si Pergama dextrà. La causa è tanto
disperata che non le basta il buono avvocato né le ne basterebbero cento.
È un bel dire: Plutarco, l'Alfieri amavano Cheronea ed Asti. Le amavano
e non vi stavano. Del luogo dove s'è passata l'infanzia è bellissima e dolcissima cosa il ricordarsi. È un bellissimo dire, qui sei nato, qui ti vuole la provvidenza; dite a un malato: se tu cerchi di guarire, la pigli colla provvidenza; dite a un povero: se tu cerchi d'avvantaggiarti, fai testa alla provvidenza; dite a un Turco: non ti salti in capo di pigliare il battesimo, che la provvidenza t'ha fatto Turco. Questa massima è sorella carnale del Fatalismo. Ma qui tu sei dei primi, in città più grande saresti dei quarti e dei quinti. Questa mi par superbia vilissima e indegnissima d'animo grande. Colla virtù e coll'ingegno si vuoi primeggiare, e questi chi negherà che nelle città grandi risplendano infinitamente più che nelle piccole? Voler primeggiare colle fortune, e contentarsi di far senza infiniti piaceri, non dirò del corpo del quale non mi preme, ma dell'animo, per amore di comando e per non istare a manca, questa mi par cosa da tempi barbari e da farmi ruggire e inferocire. Ma qui puoi esser utile più che altrove. La prima cosa, a me non va di dar la vita per questi pochissimi, né di rinunziare a tutto per vivere e morire a prò loro in una tana. Non credo che la natura m'abbia fatto per questo, ne che la virtù voglia da me un sacrifizio tanto spaventoso. In secondo luogo, ma che crede Ella mai? Che la Marca e 'l mezzogiorno dello Stato Romano sia come la Romagna e 'l settentrione d'Italia? Costì il nome di letteratura si sente spessissimo: costì giornali accademie conversazioni librai in grandissimo numero. I Signori leggono un poco. L'ignoranza è nel volgo, il quale se no, non sarebbe più volgo: ma moltissimi s'ingegnano di studiare, moltissimi si credono poeti filosofi che so io. Sono tutt'altro, ma pure vorrebbero esserlo. Quasi tutti si tengono buoni a dar giudizio sopra le cose di letteratura. Le matte sentenze che profferiscono svegliano l'emulazione, fanno disputare parlare ridere sopra gli studi. Un grand'ingegno si fa largo: v'è chi l'ammira e lo stima, v'è chi l'invidia e vorrebbe deprimerlo, v'è una turba che da loco e conosce di darlo. Costì il promuovere la letteratura è opera utile, il regnare coll'ingegno è scopo di bella ambizione. Qui, amabilissimo Signore mio, tutto è morte, tutto è insensataggine e stupidità. Si meravigliano i forestieri di questo silenzio, di questo sonno universale. Letteratura è vocabolo inudito. I nomi del Panni dell'Alfieri del Monti, e del Tasso, e dell'Ariosto e di tutti gli altri han bisogno di commento. Non c'è uno che si curi d'essere qualche cosa, non c'è uno a cui il nome d'ignorante paia strano. Se lo danno da loro sinceramente e sanno di dire il vero. Crede Ella che un grande ingegno qui sarebbe apprezzato? Come la gemma nel letamaio. Ella ha detto benissimo (e saprà ben dove) che gli studi come più sono rari meno si stimano, perché meno se ne conosce il valore. Così appuntino accade in Recanati e in queste provincie dove l'ingegno non si conta fra i doni della natura. Io non sono certo una gran cosa: ma tuttavia ho qualche amico in Milano, fo venire i Giornali, ordino libri, fo stampare qualche mia cosa: tutto questo non ha fatto mai altro recanatese a Recineto condito. Parrebbe che molti dovessero essermi intorno, domandarmi i giornali, voler leggere le mie coserelle, chiedermi notizia dei letterati della età nostra. Per appunto. I Giornali come sono stati letti nella mia famiglia, vanno a dormire nelle scansie. Delle mie cose nessuno si cura e questo va bene; degli altri libri molto meno: anzi le dirò senza superbia che la libreria nostra non ha eguale nella provincia, e due sole inferiori. Sulla porta ci sta scritto ch'ella è fatta anche per li cittadini e sarebbe aperta a tutti. Ora quanti pensa Ella che la frequentino? Nessuno mai. Oh veda Ella se questo è terreno da seminarci. Ma e gli studi, le pare che qui si possano far bene?
Non dirò che con tutta la libreria io
manco spessissimo di libri, non pure che mi piacerebbe di leggere, ma che
mi sarebbero necessari; e però Ella non si meravigli se talvolta si
accorgerà che io sia senza qualche Classico. Se si vuoi leggere un
libro che non si ha, se si vuoi vederlo anche per un solo momento bisogna
procacciarselo col suo danaro, farlo venire di lontano, senza potere
scegliere ne conoscere prima di comperare, con mille difficoltà per via.
Qui niun altro fa venir libri, non si può torre in
prestito, non si può andare da un libraio, pigliare un libro, vedere
quello che fa al caso e posarlo: sì che la spesa non è divisa, ma è tutta
sopra noi soli. Si spende
continuamente in libri, ma la spesa è infinita, l'impresa di procacciarsi
tutto è disperata. Io da principio avea pieno il capo delle massime moderne, disprezzava, anzi calpestava, lo studio della lingua nostra, tutti i miei scrittacci originali erano traduzioni dal Francese, disprezzava Omero Dante tutti i Classici, non volea leggerli, mi diguazzava nella lettura che ora detesto: chi mi ha fatto mutar tuono? la grazia di Dio ma niun uomo certamente. Chi m'ha fatto strada a imparare le lingue che m'erano necessarie? la grazia di Dio. Chi m'assicura ch'io non ci pigli un granchio a ogni tratto? Nessuno. Ma pognamo che tutto questo sia nulla. Che cosa è in Recanati di bello? che l'uomo si curi di vedere o d'imparare? niente. Ora Iddio ha fatto tanto bello questo nostro mondo, tante cose belle ci hanno fatto gli uomini, tanti uomini ci sono che chi non è insensato arde di vedere e di conoscere, la terra è piena di meraviglie, ed io di dieciott'anni potrò dire, in questa caverna vivrò e morrò dove sono nato? Le pare che questi desideri si possano frenare? che siano ingiusti soverchi sterminati? che sia pazzia il non contentarsi di non veder nulla, il non contentarsi di Recanati?
L'aria di questa città l'è stato mal detto che sia salubre. È
mutabilissima, umida, salmastra, crudele ai nervi e per la sua
sottigliezza niente buona a certe complessioni. A tutto questo aggiunga
l'ostinata nera orrenda barbara malinconia che mi lima e mi divora, e
collo studio s'alimenta e senza studio s'accresce.
So ben io qual è, e l'ho provata, ma ora non la
provo più, quella dolce
malinconia che partorisce le belle cose, più
dolce dell'allegria, la quale, se m'è permesso di dir così, è come il
crepuscolo, dove questa è notte fittissima e orribile, è veleno, come Ella
dice, che distrugge le forze del corpo e dello spirito. Ora come
andarne libero non facendo altro che pensare e vivendo di pensieri senza
una distrazione al mondo? e come far che cessi l'effetto se dura la
causa? |
Aree tematiche
■ Sfera del corpo
Ora però le ho moderate assaissimo; non
istudio più di sei ore il giorno, spessissimo meno, non iscrivo quasi
niente, fo la mia lettura regolata dei Classici
ed io di dieciott'anni potrò dire, in
questa caverna vivrò e morrò dove sono nato? L'aria di questa città è....mutabilissima, umida, salmastra, crudele ai nervi e niente buona per certe complessioni....distrugge le forze del corpo So che la noia può farmi meno male che la fatica
Veggo ben io che per poter continuare gli studi bisogna interromperli tratto tratto e darsi un poco a quelle cose che chiamano mondane |
■ Sfera delle relazioni umane Non c'è uno che si curi d'essere qualche cosa, non c'è uno a cui il nome d'ignorante paia strano. Se lo danno da loro sinceramente e sanno di dire il vero. Crede Ella che un grande ingegno qui sarebbe apprezzato? Come la gemma nel letamaio Qui, amabilissimo Signore mio, tutto è morte, tutto è insensataggine e stupidità. Si meravigliano i forestieri di questo silenzio, di questo sonno universale. Ma quel non avere un letterato con cui trattenersi, quel serbarsi tutti i pensieri per sé, quel non potere sventolare e dibattere le proprie opinioni, far pompa innocente de' propri studi, chiedere aiuto e consiglio, pigliar coraggio in tante ore e giorni di sfinimento e svogliatezza, le par che sia un bei sollazzo?
Che parla Ella di divertimenti in Recanati ?
Quando ho avuto la disgrazia di conversare con questa gente torno pieno di tristissimi pensieri ai miei studi
Così appuntino accade in Recanati e in
queste provincie dove l'ingegno non si conta fra i doni della natura.
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■ Malinconia e noia So che la noia può farmi manco male che la fatica, e però spesso mi piglio la noia, ma questa mi cresce, com'è naturale, la malinconia,.. A tutto questo aggiunga l'ostinata nera orrenda barbara malinconia che mi lima e mi divora, e collo studio s'alimenta e senza studio s'accresce. non un mondo che mi faccia dare indietro a prima giunta, e mi sconvolga lo stomaco e mi muova la rabbia e m'attristi e mi forzi di ricorrere per consolarmi a quello da cui volea fuggire. notte fittissima e orribile è veleno che distrugge le forze del corpo e dello spirito. sopporto spesso per molte e molte ore l'orribile supplizio di stare colle mani alla cintola. Mi vo covando in mente e ruminando quella nerissima materia. |
■ Piacere estetico nel nostalgico ricordo
L'ho provata, ma ora non la provo più, quella
dolce malinconia, che partorisce le belle cose, più dolce
dell'allegria....la quale, se m'è permesso di dir così, è come il
crepuscolo, dove questa è notte fittissima e orribile, è veleno,
come Ella dice, che distrugge le forze del corpo e dello spirito. |
■ Lo studio e il pensiero Se si vuoi leggere un libro che non si ha, se si vuoi vederlo anche per un solo momento bisogna procacciarselo col suo danaro,
Come andarne libero..(dalla malinconia ) Veggo ben io che per poter continuare gli studi bisogna interromperli tratto tratto e darsi un poco a quelle cose che chiamano mondane, Ma quel non avere un letterato con cui trattenersi, quel serbarsi tutti i pensieri per sé, quel non potere sventolare e dibattere le proprie opinioni, far pompa innocente de' propri studi
Che parla Ella di divertimenti? Unico
divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che
mi ammazza: tutto il resto è noia. |
■ Realizzazioni e divertimenti Io non sono certo una gran cosa: ma tuttavia ho qualche amico in Milano, fo venire i Giornali, ordino libri, fo stampare qualche mia cosa... Che parla Ella di divertimenti? Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico divertimento è quello che mi ammazza: tutto il resto è noia. Veggo ben io che per poter continuare gli studi bisogna interromperli tratto tratto e darsi un poco a quelle cose che chiamano mondane, ma per far questo io voglio un mondo che m'alletti e mi sorrida, un mondo che splenda (sia pure di luce falsa) ed abbia tanta forza da farmi dimenticare per qualche momento quello che soprattutto mi sta a cuore, Ora come andarne libero non facendo altro che pensare e vivendo di pensieri senza una distrazione al mondo? |