Pista da riso
Infdormazioni tratte da
http://www.fausernet.novara.it/~ticino/mul1.htm
Il Mulino Vecchio di Bellinzago LA SALA DELLE MACINE L'interno del
Mulino Vecchio di Bellinzago dopo la ristrutturazione operata dall'Ente
Parco del Ticino. Nella sala delle Macine si svolgevano due principali attività: la macinazione propriamente detta (di mais, frumento, avena, segale, castagne...) e la brillatura del riso. Ad esse corrispondevano due aree distinte. Di fronte alla porta di ingresso, sul suppalco, si trovano le tre macine, con relative tramogge e casse per raccogliere la farina, mentre sulla destra, e al piano superiore del Mulino, si sviluppa tutto il complesso meccanismo della pista da riso. Il soppalco. Così viene definito il piano di legno in cui sono inserite le macine. Esso separa uno spazio inferiore in cui si collocano gli ingranaggi del mulino, da uno superiore, cui il mugnaio accedeva per le operazioni connesse alla macinazione. Inserito da un lato nel muro esterno dell'edificio, verso il centro della sala, il soppalco poggia su quattro supporti, tre dei quali in pietra, sicuramente assai antichi. In essi è tagliata un'apertura dove probabilmente s'inseriva la leva di regolazione della distanza tra le mole, poi collocata a fianco dei pilastri stessi. Tutto il soppalco venne ricostruito nel 1925-26, dopo l'aquisto del Mulino da parte degli Ambrosetti. In tale occasione il terzo pilastro venne rialzato ed il quarto, sulla destra, sostituito da un supporto in mattoni e cemento: ciò per adeguare l'altezza della macina alle maggiori dimensioni del corrispondente "ruàt" esterno, più potente, che azionava anche la pista da riso. Sbirciando sotto il soppalco, si possono intravedere gli ingranaggi: gli assi delle ruote che penetrano nell'edificio dall'esterno attraverso tre orifizi; le ruote dentate,dagli ingranaggi in legno, e gli assi delle mole, verticali, provvisti di un ingranaggio conico in ferro. Articolandosi, ruota dentata ed ingranaggio, trasportano la rotazione verticale del "ruàt " su un piano orizzontale e la trasmettono all'apparato di macinazione. L'abbinamento di ingranaggi in legno e ferro ha l'effetto di contenere rumorosità ed attrito, che sarebbero senz'altro maggiori tra due elementi dello stesso materiale. Da notare, contro la parete, due ruote in ferro più piccole, originariamente collegate con un sistema di cinghie. Esse azionavano macchine installate al piano superiore del Mulino: un setaccio per mondare il frumento, eliminando i chicchi parassitati, più friabili e di colore scuro (il cosiddetto "negron"); ed una piccola "Dinamo" per la produzione di energia elettrica, destinata al fabbisogno domestico. Ben più visibili, sopra il soppalco, le strutture in legno dal pittoresco nome dialettale di "scurbàscia", ciascuna delle quali contiene una coppia di mole: quella inferiore, fissa, dalla superficie scanalata per permettere il passaggio dell'aria; e quella superiore, mobile, che gira solidalmente all'asse in ferro. Tra le due superfici delle mole, mobile e fissa, il materiale viene macinato per pressione e sfregamento. La "scurbàscia" impedisce la fuoriuscita laterale della farina, ma la sua superficie assolve anche un'altra funzione: è la "lavagna del mugnaio", su cui sono segnate cifre che si riferiscono alla quantità di macinato. In base ad essa si calcola la quantità di spettanza del mugnaio stesso, generalmente il 10%. La farina era misurata a peso, con una capace bilancia, mentre per il riso si misurava a litri, a "mine" (5 litri) oppure a " minòn" (20 litri). Al di sopra delle mole si trova la tramoggia dove il mugnaio versa le granaglie da macinare. Un meccanismo
di scuotimento della parte inferiore della tramoggia, azionato dall'asse
delle mole, facilita la discesa del materiale nel foro al centro della mola
superiore. Il grado di inclinazione della tramoggia e, quindi, la velocità
di discesa delle granaglie, possono essere variati: assieme alla regolazione
della distanza tra le mole, e delle velocità di rotazione del "ruàt", ciò
costituisce un meccanismo completo di regolazione, capace di adattarsi alle
caratteristiche del cereale che si macina e della farina che si desidera
ottenere, se più o meno fine. La tramoggia è provvista, inoltre, di un
sistema di controllo: una piccola colomba di legno, la cui inclinazione
segnala il livello di riempimento della tramoggia e, quando essa è scarica,
aziona una campanella d'allarme. Ciò per evitare che le mole, girando a
vuoto, si surriscaldino e si usurino. L'asse del "ruàt" più grande, situato a destra, porta due ruote dentate: la prima s'ingrana con l'albero della mola, la seconda con gli ingranaggi della pista da riso. Una leva, collocata di fianco al pilastro, permette di ingranare alternativamente l'una o l'altra. Sarebbe stato inutile, infatti, destinare una ruota esclusivamente ad azionare la pista da riso, che entrava in funzione solo stagionalmente, per tre o quattro settimane d'autunno. Il meccanismo della pista è piuttosto complesso e meno conservato rispetto a quello della macina. Esso sostituì un precedente apparato più rudimentale, a pistoni, che richiedeva maggiore impegno manuale. La pista si sviluppa con numerosi passaggi, tra piano inferiore e piano superiore del mulino, attraverso orifizi praticati nel soffitto della sala delle macine. Essa è costituita da un ingegnoso sistema di trasporto, con un nastro elevatore provvisto di vaschette che "pescano" nella tramoggia di alimentazione. Giunte in alto, le vaschette rovesciano il loro contenute nelle macchine situate al piano speriore, mentre la cinghia discende, scarica, nel suo alloggiamento in legno. Dalla tramoggia, il riso così saliva ad un primo setaccio di pulitura; scendeva nella sala delle macine al "bramìn", per essere decorticato, risaliva a un buratto per la separazione della crusca, scendeva per la sbiancatura, saliva per l'eliminazione del "farinàsc", ossia i residui di brillatura; scendeva per un'ulteriore operazione di pulizia del chicco, saliva all'ultima setacciatura della polvere e discendeva infine all'ultimo buratto, oggi scomparso, che eliminava la "risìna", cioè i chicchi spezzati. Tutto il sistema era corredato di ventole per l'aspirazione della polvere, anch'esse alimentate dal meccanismo dle mulino. Quando la pista era inattiva, parti di essa potevano essere utilizzate per azionare qualche marchingegno d'uso familiare: nel primo tratto, per esempio, era inserita una macchina per macinare carne suina, destinata alla produzione di salumi. La civiltà contadina, nel corso dei secoli, perfezionò il processo della macinazione idraulica in misura tale che sarebbe impossibile, oggi, inventare un meccanismo più semplice ed efficace. Primo elemento e "motore" del mulino è la ruota idraulica, citata in documenti medioevali come "rovatus" (da cui il termine dialettale "ruàt"). Il Mulino Vecchio ne possiede tre, ciascuna delle quali gira entro un canale scavato con adeguata pendenza, così da rendere il flusso d'acqua privo di turbolenze. Le ruote sono in ferro, a pale sagomate ( Ruota di Poncelet ), ed assolvono con ottimo rendimento la funzione di trasformare l'energia cinetica del corso d'acqua in energia meccanica. Per mettere in funzione la ruota, basta alzare l'apposita paratoia: l'acqua colpisce le pale e la ruota si mette in movimento. Quando si ferma il mulino, la paratoia è calata e l'acqua defluisce in un canale laterale, la "spazèra".
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