Carlo Verzone e la nuova sede dell'Istituto
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L’attività edilizia a Vercelli era sottoposta dal 1833 alla supervisione della Commissione di Pubblico Ornato, disciplinata da un apposito Regolamento inteso a tutelarne il decoro, mentre volume del costruito e organizzazione dell’impianto urbano erano normati da Piani Regolatori per l’abbellimento e l’ingrandimento della città (1860) e Piani di Ampliamento (1879 e 1905). Risale al 1905 anche l’emanazione di un più severo Regolamento edilizio, reso indispensabile dall’incremento delle edificazioni iniziato negli anni Novanta dell’800, che raggiungeva l’apice intorno al 1910. Tra dibattito e polemica, tra diffusione del modello haussmaniano e applicazione delle teorie di Sitte e Baumeister, la città si andava così conformando secondo tracciati viari organizzati in reticoli regolari, con lotti in prevalenza di una certa ampiezza consoni a magniloquenti edificazioni di gusto eclettico-storicista, verso cui propendeva la Commissione d’Ornato e sulle quali la città ottocentesca si stava informando. Ascendenze del magistero boitiano si integravano col gusto Art and Crafts vivificato dal passaggio di John Ruskin, affascinato dalle permanenze medievali vercellesi, e su tutto si levava il magistero del conte architetto Edoardo Arborio Mella (Vercelli 1808-Torino 1884), educato presso il Collegio dei Nobili di Torino, viaggiatore dall’Italia all’Oriente e trattatista tra i più seguiti. Nel suo Gli elementi di architettura gotica il Medioevo rivive come componente culturale e in funzione conservativa contribuendo al revival del neogotico, o più in generale degli stili lontani nel tempo e nello spazio, e allo studio e restauro delle permanenze antiche, preludio dell’opera di D’Andrade. Inoltre, la cultura orientalista del Mella costituiva una guida fondamentale e un basilare corollario formativo nel panorama dell’arte vercellese, specie nei confronti del più giovane Giuseppe Locarni (Prarolo, 1826-Vercelli 1902), che curando l’erezione della Sinagoga (1874-78) adottava schemi medio orientali del XIV sec. Emblematicamente e come riflesso del dualismo che caratterizzava allora la cultura architettonica italiana, il Locarni ergeva però in questo grandioso tempio moderne colonne in ghisa, segno della fiducia nella ricerca di avanzate tecnologie edilizie, legata allo sfruttamento di talune leghe e del ferro, altrove da lui abbinato al vetro per creare tettoie e marquise. |
In questo clima e quale esito di un’evoluzione dell’istruzione tecnica, che altri hanno trattato in questo volume, veniva istituita nel 1854 la Scuola Speciale diventata poi Istituto «Camillo Cavour», allogata dapprima in locali provvisionali, come di norma in quegli anni. Direttore delle Scuole Speciali era il Barone Vincenzo Cesati da Vigadore, primo Preside dell’Istituto, il cui genero era l’archeologo architetto Federico Arborio Mella, figlio del già citato Edoardo; circostanza che pare preludere alla particolare e aggiornata tipizzazione stilistica assunta dal fabbricato in seguito appositamente eretto per la scuola che, pur ampliato e rimodernato, resta oggi uno degli esempi più coerenti del Liberty piemontese.
L’esigenza di un edificio idoneo ad ospitare
l’incrementato Istituto Tecnico era emersa più impellente all’avvio del
nuovo secolo e per accoglierlo era stato individuato un vasto lotto
ritagliato dai nuovi piani d’ampliamento ai margini della città storica, di
cui la nuova edificazione accompagnava l’espansione localizzandosi come
intervento integrale a scala d’isolato. Come altre scuole erette ante prima
guerra mondiale, in un’epoca di notevole fervore nell’edilizia scolastica
primaria e secondaria tecnica, il «Cavour» adottava una tipologia
schematicamente predeterminata secondo una conformazione bi-piano a corpi
risvoltanti su strada, aperti verso una corte interna. Uno schema
burocratico-pedagogico che aderiva alle idee di promozione sociale che
costituivano una delle radici del Movimento Moderno, allineandosi
contestualmente con le più aggiornate disposizioni in tema di edifici
scolastici, emanate nel nostro paese specie per l’influsso delle normative
tedesche e belghe. Mentre la coerente applicazione dell’ideologia igienista,
allora in voga, si accompagnava a una notevole dotazione funzionale,
suffragata dalla razionale organizzazione degli interni, gravitanti sul
perno distributivo e simbolicamente catalizzatore del grande scalone, dove
il nuovo stile dialoga con la monumentalità del passato. All’esterno, la
ripetitiva scansione del modulo aula, ritmato da lesene ed esattamente
identificabile nella sua conformazione dimensionale, segna una cesura nel
corpo per presidenza e uffici, coronato alla sommità, dove la decorazione si
fa più ricca, il tono più aulico e le finestrature evocano ascendenze tra
l’esotico e lo storicistico. Un’ulteriore cesura scandisce il corpo angolare
su via Lagrange che diviene occasione per una particolare connotazione
scenografica nella formula arrotondata, cara al gusto Liberty e memoria dei
risanamenti ottocenteschi. Istanze del passato dialogano così in sintonia
col tentativo riuscito di privilegiare nell’intero apparato ornamentale un
lessico aggiornato di matrice internazionale, destinato a conferire nuova
dignità all’edificio “moderno”, ergendosi al contempo a pubblicità
implicita, rappresentativa del qualificato insegnamento impartito. |
La porta d'ingresso dell'Aula Magna ( foto di Maria Grazia Imarisio e Diego Surace ) |
Particolare dell’Aula magna (foto di Maria Grazia Imarisio e Diego Surace). |
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Particolare del coronamento ( foto di Maria Grazia Imarisio e Diego Surace ) |
Particolare delle decorazioni di facciata ( foto di Maria Grazia Imarisio e Diego Surace ). |
La facciata dell’Istituto su Viale Italia ( foto di Maria Grazia Imarisio e Diego Surace ). |
Costruito, decorazioni e arredi in stile sono pertanto da interpretare come coagulo di un’unica espressione funzionale e simbolica, tappa saliente dell’arte vercellese e parte integrante della storia dell’istituzione culturale ed educativa con la quale interagiscono da quasi un secolo e di cui con la propria caratterizzazione estetica sono tuttora emblema significativo ai fini della qualificazione ambientale conferita allo spazio collettivo. |