I Pensieri
sull'imitazione delle opere dei Greci - Il bello ideale
I Pensieri del 1755
contengono tutta l'estetica del critico d'arte tedesco
Johann
Joachim
Winckelmann,
che più tardi l'artista applicherà nella Storia dell'arte
nell'antichità. Secondo Winckeìmann,
l'arte muove dalla
contemplazione della
bella natura;
ma questo è
soltanto il punto di partenza: il momento decisivo della creazione è
quando l'intelletto
esprime, nell'opera che viene nascendo, l'idea, cioè un bello
ideale che non esiste in natura, ma è il risultato di un'operazione
dell'artista che riunisce in un soggetto solo gli sparsi elementi di
bellezza esistenti nelle diverse individualità reali.
Non solo: il bello
ideale è l'espressione di un concetto,
un pensiero tradotto in
immagine,
un messaggio di armonia, di
nobile semplicità e
quieta grandezza.
Infatti "in
Grecia l'artista e il filosofo appaiono uniti in una stessa persona".
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I conoscitori e gl'imitatori
delle opere greche trovano in questi capolavori non solo il più bell'aspetto
della natura, ma anche più della natura, cioè certe bellezze ideali di
essa, che, come insegna un antico commentatore di Platone sono composte
di figure create soltanto nell'intelletto.
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L'imitazione del bello
della natura o si attiene ad un solo modello o è data dalle
osservazioni fatte su vari modelli riunite in un soggetto solo. Nel
primo caso si fa una copia somigliante, un ritratto: è il modo che
conduce alle forme ed alle figure olandesi. Nel secondo caso invece si
prende la via del bello universale e delle immagini ideali di questo
bello; ed è questa la via che presero i Greci.
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Ma la differenza fra i Greci
e noi sta in questo: che i Greci riuscirono a creare queste immagini.
anche se non ispirate da corpi belli, per mezzo della continua occasione
che avevano di osservare il bello della natura: la quale, invece, a noi
non si mostra tutti i giorni e raramente si mostra come l'artista la
vorrebbe.
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La natura non produrrà
facilmente un corpo così perfetto come quello dell'Antinoo
Admirando,
e non sarà possibile
formarsi un'idea che superi le proporzioni più che umane di una bella
divinità come
l'Apollo del Vaticano
: in questa statua si presenta ai nostri occhi quanto natura, spirito ed
arte hanno saputo creare.
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Apollo del Belvedere
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Antinoo |
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Io credo che
l'imitazione di questi due
modelli potrebbe insegnare il modo più celere per diventar maestro,
poiché nell'uno essa ci mostra riunito tutto ciò che è sparso
nell'intera natura, nell'altro fin dove la più bella natura, con ardire
ma anche con saggezza, può superare se stessa.
Tale imitazione insegnerà a
pensare e ad immaginare con sicurezza, giacché si troverà fissato in
questi modelli l'ultimo limite del bello umano e del bello divino.
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Con la parola «panneggio»
s'intende tutto quello che l'arte insegna sui rivestimenti che coprono
le nudità delle figure e sulle pieghe di essi. Questa scienza
costituisce, dopo la
“bella natura” e dopo
il “nobile contorno”,
il terzo pregio delle opere antiche.
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Però si deve riconoscere che
alcuni grandi artisti, principalmente pittori di epoche moderne, in
qualche caso si sono allontanati, senza svantaggio per la natura e per
la verità, dalla maniera usata comunemente dai maestri greci nel vestire
le figure. Il
panneggio greco è lavorato generalmente con stoffe sottili e bagnate che
quindi aderiscono strettamente alla pelle ed al corpo lasciando vedere
il nudo, come tutti gli artisti sanno.
L'intero vestito della donna greca era di stoffa sottilissima e perciò
veniva chiamato
peplon, ossia velo.
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Vittoria che scioglie il
sandalo, Tempio di Athena Nike, Atene
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Botticelli, La
primavera, particolare della danza delle Grazie |
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Infine, la generale e
principale caratteristica dei capolavori greci è una
nobile semplicità e una
quieta grandezza, sia
nella posizione che nell'espressione.
Come la profondità
del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la
superficie, l'espressione delle figure greche, per quanto agitate da
passioni, mostra sempre un'anima grande e posata.
Quest'anima, nonostante le più atroci sofferenze, si palesa nel volto
del Laocoonte,
e non nel volto
solo. Il dolore che
si mostra in ogni muscolo e in ogni tendine del corpo e che al solo
guardare il ventre convulsamente contratto, senza badare né al viso né
ad altre parti, quasi crediamo di sentire noi stessi, questo dolore,
dico, non si esprime affatto con segni di rabbia nel volto o
nell'atteggiamento.
Il Laocoonte non grida orribilmente come nel canto di Virgilio:
il modo con cui la bocca è aperta, non lo permette; piuttosto ne può
uscire un sospiro angoscioso e oppresso come lo descrive Sadoleto.
Il dolore del corpo e
la grandezza dell'anima" sono distribuiti con eguale misura per tutto il
corpo e sembrano tenersi in equilibrio.
Laocoonte soffre; ma soffre come il Filottete di Sofocle:
il suo patire ci tocca il
cuore, ma noi desidereremmo poter sopportare il dolore come quest'uomo
sublime lo sopporta.
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Il gruppo del Laocoonte ( copia dell'originale di età ellenistica )
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L'espressione di un'anima
così elevata oltrepassa di molto le forme della bella natura:
l'artista doveva sentire nel
suo intimo la potenza spirituale che egli trasmise nel suo marmo.
In Grecia l'artista e il filosofo appaiono uniti in una stessa persona.
La saggezza
porgeva la mano all'arte e infondeva nelle figure anime superiori al
comune livello.
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Più tranquilla è la
posizione dei corpo e più è in grado di esprimere il vero carattere
dell'anima: in tutte le posizioni che troppo si allontanano da quella
del riposo, l'anima, non si trova nel suo stato normale, ma in uno stato
di costrizione e di violenza. L'anima si fa più facilmente conoscere ed
è più caratteristica nelle forti passioni, ma grande e nobile è solo in
stato d'armonia, cioè di riposo.
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A. Canova, Paolaina
Borghese Venere vincitrice
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