La villa rustica romana ed altomedioevale
 


La villa qui riprodotta è stata costruita in Gallia in tempi diversi tra il I e il IV secolo d. C. A sinistra un portico a emiciclo precede l'entrata e ospita un piccolo santuario, al centro un grande cortile ( m. 26 x 22 ) con colonnato su cui si aprono gli appartamenti, in alto le terme ed il ninfeo. Questa è solo la dimora signorile. Tutto l'insieme della villa si estendeva su 4 ettari con circa 200 locali di abitazione. Le proprietà che facevano capo a questa villa erano di circa 1500 ettari, in cui lavoravano non meno di 500 persone.
Illustrazione tratta da M. Vegetti, Storia delle società antiche, Vol 2, Zanichelli, 1981

La villa dei ricchi latifondisti romani testimonia nella stessa grandiosità la crisi delle città nel tardo impero. Essa raggruppa intorno all’abitazione del proprietario le lavorazioni artigianali e gli spazi per la conservazione e la lavorazione dei prodotti agricoli. Presenta una parte residenziale (abitazione del proprietario) e una parte produttiva (alloggio della manodopera, impianti di produzione e magazzini). Il proprietario vi risiedeva abbastanza stabilmente, mentre la conduzione era affidata a un fattore che faceva lavorare degli schiavi. Nella villa rustica vi erano due corti (cortes): una interna e un’altra esterna.
 


A- corte
B- cucina
C- forno
D- apodyterium
E- tepidarium
F- caldarium
G- gabinetto
H- stalla
J- stanza di deposito per strumenti rustici

K-L- cubicula

M- passaggio

N- stanza da pranzo

O- stanza per il pane

P- stanza del torchio del vino

Q- corridoi

R- cella vinaria

S- fienile

T- aia
V- cubicula
W- stanza per un torchio
X- stanza con molino a mano
Y- frantoio
Z- stanza per la pressa


In ognuna c’era una vasca (piscina): quella della corte interna serviva per dissetare gli animali; l’altra, per alcune operazioni agricole (lasciare a mollo cuoio, lupini, ecc.). Attorno alla prima delle due corti sorgevano le costruzioni in muratura che erano la parte caratteristica della villa rustica : la parte della fattoria dove abitavano i servi. Il centro della villa era rappresentato dalla cucina (culina), che non era il luogo adibito alla preparazione dei pasti, ma rappresentava uno spazio di riunioni e di lavoro.
Vicino alla cucina c’erano le stanze da bagno per i servi, la cantina, le stalle per i buoi (bulina), per i cavalli (equilia) e, se vi era posto, anche il pollaio.
Lontani dalla cucina c’erano i granai (granaria), i seccatoi (correa) e le stanze in cui era conservata la frutta (oporithecae).
I magazzini più esposti al rischio d’incendio potevano costituire un edificio (villa fructuaria) completamente separato dall’intero complesso.
A ridosso della villa rustica c’era l’aia, vicino a cui sorgevano alcuni capannoni, come la rimessa dei carri agricoli(plaustra) o il nubiliarum, un luogo in cui riporre provvisoriamente il grano in caso di forti piogge.
Non si conoscono le abitazioni dei servi, però è certo che esistevano delle stanze da letto (celle familiares), l’ergastulum, una specie di prigione in cui gli schiavi aspettavano i lavori duri e il valetudinarium per gli schiavi ammalati.
In assenza della villa urbana, le stanze migliori erano riservate al padrone.
 


Le domus cultae ( moderne aziende agricole ) nascono nel VIII secolo e rappresentano la struttura del nascente Stato della Chiesa: la situazione creatasi nel Mediterraneo rendeva difficoltosi gli scambi commerciali e le importazioni di materie prime, perciò  i pontefici furono costretti ad incentivare l’agricoltura nei territori dei loro domini.

Il primo impulso in questa direzione era stato dato da Gregorio Magno, ma a partire dalla metà dell’VIII, con papa Adriano I, si diffusero in tutta la campagna romana. Attraverso una ricca documentazione, siamo informati sulla struttura e sul funzionamento di una domus culta, quella di Capracorum, posta sul sito di un’antica villa romana presso Veio, nel Lazio settentrionale che era stata lasciata in eredità alla Chiesa, a cui si aggiunsero altri terreni, che comprendevano fattorie, edifici, vigneti, olivi e mulini.


La domus culta di Capracore - Una villa fortificata del Lazio meridionale. Miniatura dal Corpus agrimensorum del sec. IX -
Roma Biblioteca Apostolica Vaticana - Illustrazione tratta da M. Vegetti, Storia delle società antiche, Vol 2, Zanichelli, 1981
 

All’interno della domus cultae si producevano cereali, vini e ortaggi che erano inviati a Roma ed erano destinati al sostentamento delle opere di carità: con questi prodotti si nutrivano circa 100 persone al giorno. Tali strutture furono raccordate tra loro e con la città attraverso una rete stradale efficiente, che consentiva il trasporto delle derrate a Roma in tempi assai rapidi. Con il tempo assunsero un significato politico e amministrativo, oltre che economico:in ognuna vennero costruite chiese, oratori e vi si insediarono piccole comunità di membri del clero che, oltre ad occuparsi della produzione, costituivano dei punti di riferimento per l’amministrazione, svolgendo una funzione di controllo nei confronti delle famiglie nobiliari e delle grandi abbazie, che erano gli altri proprietari terrieri dell’epoca.
 

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