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I Sacri Monti

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Il Sacro Monte di Varallo e le cappelle

La configurazione attuale del Sacro Monte è il risultato di una molteplicità di interventi, attuati dall'ultimo decennio del 1400, sino la metà del 1800. Inizialmente il Sacro Monte rappresentò i Sacri Luoghi palestinesi, memorizzando la topografia d'Oriente ( Nazaret, Betlemme, Gerusalemme, Monte Calvario, ecc.) con cappelle simili, per struttura, agli originali Sacri Luoghi. Statue in legno e manichini lignei rivestiti di tele gessate e quindi statue in terracotta in ambienti affrescati, inscenavano il dramma sacro (superstiti: Nazaret, Betlemme, Crocefissione, Sepolcri Cristo e Madonna, Fontana, statue Ultima Cena). 

Prima con padre Bernardino Caimi (morto nel 1499), già rettore dei Sacri Luoghi palestinesi, eminente uomo politico e religioso, intimo di Ludovico il Moro, e quindi con i padri Candido Ranzo e Francesco da Marignano (1499-1517), l'Ordine Francescano, coadiuvato dalla cittadinanza varallese e dalla ricca famiglia Scarognini, eresse il primo Sacro Monte in questa valle allora ai confini estremi del Ducato di Milano. Nel 1530 si contavano più di 30 cappelle ed una chiesa maggiore della Madonna Assunta (oggi Albergo del Pellegrino). 

Sino al 1529 operò da protagonista Gaudenzio Ferrari, pittore, scultore, architetto, autore dei più avvincenti drammi sacri a scena fissa (Arrivo Magi n.5, Crocefissione n.38). Prosecutori della sua opera furono i Lanino, Giulio Cesare Luini, Fermo Stella da Caravaggio. Dalla metà del 1500 iniziò un'opera di totale rinnovamento del Sacro Monte. In piena epoca di Controriforma, nell'intento di conferire somma importanza alla rappresentazione dei contenuti sacri, di cui si accentuò la resa veristica per promuovere massima partecipazione nel riguardante, si volle raffigurati, in successione cronologica, tutti i fatti della vita, passione e morte di Cristo.


L'area del Monte fu spartita nella zona sottostante a verde e nella zona sulla sommità, destinata a rappresentare la Città Gerusalemme. Dal 1570 al 1590 vennero costruite (e in buona parte fornite di pitture e statue) le cappelle dell'area a giardino; dal 1593 al 1640 fu attuata la sistemazione urbanistica, architettonica, figurativa, dell'area soprelevata. Si venne così configurando un Sacro Monte dove i punti cardine delle prime rappresentazioni ( Nazaret, Betlemme, Crocefissione, Sepolcro), non più leggibili nel primo significato di memorizzazione di un Sacro Luogo d'Oriente se non come dato isolato, furono inglobate nel nuovo impianto, modellato secondo le esigenze della Chiesa della Controriforma , tra cui rientrava, quale mezzo più qualificante di diffusione della fede, la spettacolarità drammatica dei fatti sacri. Determinante in tale rinnovamento, l'opera di architetto di Galeazzo Alessi (1565-1569) con il grandioso progetto del Libro dei Misteri (Varallo, Biblioteca Civica), la pianificazione del tempo di San Carlo Borromeo (1570-1584), del vescovo Bescapé (1593-1614) e l'attività di architetti quali il perugino Domenico Alfano (1590-1603) e i valsesiani Giovanni D'Enrico e Bartolomeo Ravelli (1602-1640).  Scultori come il Tabacchetti, Giovanni D'Enrico, pittori come il Morazzone, il Tanzio, il Rocca, il Gherardini, il Gianoli, operarono nel solco della rappresentazione scenica fissata da Gaudenzio Ferrari.
Ma fu col binomio Morazzone-Giovanni D'Enrico e più ancora con quello dei due fratelli D'Enrico, Giovanni e Tanzio, che sul Monte si concretizzò, in un magico rapporto di scultura e pittura, il più spettacolare, sacro, gran teatro montano.

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